ROMANIA: Il freddo e la felicità. Continua la protesta di Piața Universității

di Clara Mitola

foto di Silviu Panaite, video di Vladi Petri

È il 26 gennaio e siamo al dodicesimo giorno di occupazioni di piazza, e al secondo di vero inverno orientale, come dire neve, neve e ancora neve. Ha importanza? no, perché anche ieri sera Piața Universității ha ospitato ugualmente indignati, polizia, cani, bandiere e un pupazzo di neve a forma di Băsescu.

Vado in piazza ogni sera anche se questa non è la mia causa e questo non è il mio Paese. Ancora una volta mi chiedo se conti, se abbia importanza essere romeni o no per poter cantare uno slogan di giustizia. Ancora una volta la risposta è no. C’è un manifesto, Occupy Bucharest in cui si usa una parola chiave in tutta questa faccenda, un concetto che prescinde le contingenze, e quella parola è umanesimo. Frequentare la piazza, parlare con la gente, avere contatti più o meno amichevoli con la jendarmerie, mi ha aiutato a farmi idee più chiare.

Per prima cosa, come reagisce la politica ufficiale alla piazza?

L’opposizione (PSD) si schiera con i manifestanti sostenendone la richiesta principale, “Jos Băsescu”, all’interno del più classico balletto parlamentare. Perfino Iliescu (ex braccio destro di Ceaușescu, ex presidente della Repubblica, responsabile della cosiddetta mineriade all’inizio degli anni ‘90, legato al KGB… c’è da aggiungere altro in merito alle sue aspirazioni democratiche?) si è dichiarato pubblicamente favorevole. E il PSD non è l’unico. Anche i Verdi hanno preso posizione, partecipando alle proteste di Universității, nella persona di Remus Cernea. Qualcuno tenta di cavalcare l’indignazione? La domanda è retorica.

E il presidente Băsescu?

In questi ultimi giorni anche Băse (come lo chiamano gli indignati) si è espresso in dichiarazioni che mi limito a riportare senza alcun commento: “Assistiamo ad una demolizione gioiosa […] Ho visto in televisione alcuni ex informatori della Securitate promuovere il disastro nazionale e internazionale della Romania. È l’obiettivo di categorie che temono il procedere legislativo. È l’obiettivo di uomini che risponderanno di fronte alla legge dei disordini che hanno creato, giustificati questa volta a cavalcare l’onda dell’insoddisfazione di chi, parallelamente, ha affrontato un duro processo di rinnovamento strutturale, necessario affinchè la Romania possa progredire: tagli dei salari, aumento della TVA, introduzione di imposte per una determinata fascia pensionistica. Tutto questo ha permesso, ad alcuni uomini che vorrebbero che la Romania torni all’inizio degli anni ’90, di cavalcare l’onda del malcontento popolare”.

Il giorno dopo, 25 di gennaio, Băsescu ha tenuto un altro discorso che varie testate indipendenti hanno definito “gerarchico, anti-democratico, semi-militarista, paternalista, maschilista ed estremamente religioso […] che glorifica le virtù del puro individualismo e del capitalismo di frontiera” (www.criticatac.ro). Quel discorso l’ho ascoltato e letto anch’io, e non risponde in nessun modo alle domande che quasi due settimane di presidio continuano a porre. Si è parlato di tagli necessari, di lotta alla corruzione, di stringere i denti. La cosa impressionante è il modo in cui Băse spiega la reazione sociale: l’indebolimento della comunicazione tra il popolo e la politica, vale a dire, egli stesso, è la causa di tutto. Ma, assicura, da buon capitano di vascello (Băsescu arriva in politica direttamente dalla Marina) senza dubbio condurrà il Paese in porto, attraverso la crisi. Staremo a vedere.

Quello che è certo è lo scollamento profondo, e direi universale, tra politica e individui.

Ma la piazza non si fa strumentalizzare

Dal canto loro, gli indignati rifiutano categoricamente ogni strumentalizzazione parlamentare e si mostrano profondamente diffidenti nei confronti di qualsiasi cosa arrivi da quella direzione.

I Verdi, insieme a quel Remus Cernea di qualche riga fa, hanno pagato caro il tentativo di appropriazione del movimento, all’interno del quale si distingue, tra gli altri, Claudiu Crăciun, co-presidente dello stesso partito. Gli indignati non sono politicizzati in senso partitico e la presenza ufficiale di Cernea in piazza ha causato le dimissioni di tutti gli altri membri, indignati attivi prima che verdi. Una dimostrazione di coerenza, per un movimento che esiste realmente, umanamente, rifiutando i partiti e accogliendo, incredibile ma vero, la jendarmerie.

Il ruolo della polizia, tra l’obbedienza e la solidarietà

Il rapporto tra manifestanti e polizia va appianandosi, se così si può dire. “Senza violenza” non è solo uno slogan ma la vera condotta degli indignati, a cui perfino gli ultras si adeguano, e in ogni caso, nessuno ha mai considerato la jendarmerie un nemico contro cui scagliarsi, per lo meno fino a qualche settimana fa.

Certo, dal canto loro, le forze dell’ordine se non provocano si lasciano provocare facilmente e, quando succede qualcosa, non è mai facile capire chi ha cominciato. E quando hai addosso una divisa, non è mai facile scegliere. Nell’arco di una stessa nottata di piazza, ho avuto due contatti con la polizia. Il primo è stato violento: un gruppo di poliziotti, senza troppi complimenti, ha spinto via dalla strada un gruppo di manifestanti che bloccava il traffico reggendo uno striscione (per le elezioni anticipate e separate da quelle amministrative, che il governo vorrebbe accorpare per meglio manipolarne i risultati, così come teme la piazza). I manifestanti si sono mossi, gridando “senza violenza” con le mani alzate e ben in vista. Le ho alzate anch’io.

Il secondo contatto è stato pacifico. Lasciavo la piazza, congelata e zuppa di neve. Ho superato un cellulare della jendarmerie e un poliziotto che era lì fuori, accanto al blindato, mi ha chiesto se avessi freddo. Io mi sono fermata a rispondergli e poi gli ho chiesto, banalmente e semplicemente, se gli sembrasse giusto non stare con la folla, stare dall’altra parte, che quella petrebbe essere anche la loro causa. Dorin, così si chiamava, mi ha detto che gli piacerebbe, che anche per loro la vita è difficile e povera “ma porto la divisa e ho fatto un giuramento“, ha aggiunto.

Ho letto un bellissimo articolo del giornalista Vlad Ursulean che racconta come parte della jendarmerie (quelli intervistati da lui per lo meno) desideri una piazza con migliaia e migliaia di uomini, nel mezzo della quale non potrebbero fare nulla.

Infiltrati e sobillatori?

Non è facile prendere una posizione univoca di fronte ad argomentazioni del genere, e meno che mai di fronte alle bastonate della polizia e alla sassaiola dei manifestanti. Ci sono sobillatori, infiltrati, tra i manifestanti? Sembra di sì, ma sembra anche che non ci sia voglia di scontri.

La polizia è costretta a turni di 18 ore da quando sono iniziate le manifestazioni. La gente che continua a presidiare la piazza non vuole spargimenti di sangue e tra i vari, canta slogan per la jendarmerie “che sente la povertà” come chiunque altro.

Il freddo e la felicità

Tornando agli indignati, alla fine dei conti il nemico numero uno adesso è diventato il freddo. Ho sentito dire che le rimostranze continueranno –stanno continuando, per strada, anche con molti gradi sotto lo zero ed è difficile, parola mia che sono lì ogni sera!– ma forse non per strada. Ho sentito anche dire che potrebbero interrompersi e riprendere a marzo. È una buona idea? Probabilmente no, ma non credo ci siano molte altre alternative. Come ho detto, il freddo è peggio delle manganellate quanto a spirito di persuasione.

Stasera ci sarà una riunione per fare il punto della situazione. Aspettiamo e forse capiremo meglio quale sarà la strada degli indignati, se continuerà a farsi o no e come. Fino ad ora si sono mossi bene.

Quello che più colpisce del movimento, oltre a caparbietà, coerenza e composizione assolutamente variegata (studenti, pensionati, impiegati, minoranze etniche, attori, bambini, femministe etc) è la felicità.

Sarà la felicità della lotta giusta?

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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4 commenti

  1. claudio vito buttazzo

    NON ILLUDETEVI: I POLIZIOTTI NON LI PORTERETE MAI DALLA VOSTRA PARTE. SONO IL BACCIO ARMATO DEL POTERE. CARNE VENDUTA. COME IN TUTTO IL MONDO. MAGARI VORREBBERO, MA ALLA FINE OBBEDISCONO SEMPRE AGLI ORDINI.

  2. Basescu-responsabile della mineriade(ex-ministo degli transporti!) arriva in la politica direttamente della Securitate(ex-representante in Anvers!),legato al KGB,!!! “mi ha aiutato a farmi idee piu chiare”??? “Iliescu-ex braccio destro di Ceausescu”??? “anche i Verdi hanno preso posizione”??? Hanno preso posizione PNL,PCD,PSD,i Verdi ! BASESCU&PD-L=Securitate=corruzione=mafija=fascismo!!!

  3. Damiano Benzoni

    Iliescu ex braccio destro di Ceaușescu mi sentirei di contestarlo almeno in parte, sinceramente: a me risulta che abbia ricoperto incarichi di prim’ordine (ministro e segretario all’ideologia del comitato centrale) solo fino al 1971, quando il disaccordo con Ceaușescu bloccò la sua carriera politica. Da quel momento fu assegnato ad incarichi a livello locale nelle contee di Timiș e Iași, poi divenne segretario del comitato di stato per l’acqua e occupò un incarico di rango non elevato nella stampa di stato.

  4. Non solo manifestazioni in primi mesi del 2012 ha portato a malcontento in Romania!
    Tali denunce sono ancora nel 1990, dopo la caduta del regime comunista, e il Partito Comunisto Romeno (PCR)!
    In Romania è diminuito tenore di vita per molti anni, ci sono molti disoccupati e potere d’acquisto in Romania è molto bassa!

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