di Chiara Minora
Il 9 febbraio scorso è stata presentata al Parlamento kirghizo la bozza della nuova Costituzione. Come denuncia Human Rights Watch, i provvedimenti contenuti nel documento violano i diritti umani ed eliminano i meccanismi giuridici volti a impedire abusi di potere. Come annunciato dal presidente Sadyr Japarov, la nuova Costituzione verrà sottoposta al vaglio dei cittadini il prossimo 11 aprile tramite referendum.
Non solo il contenuto del testo, ma anche le modalità del referendum sono controverse. Oltre alle limitate consultazioni e lo scarso dibattito parlamentare nel processo di stesura della bozza, si aggiunge il fatto che, secondo la Costituzione vigente, è possibile indire un referendum solo con l’approvazione di due terzi del parlamento o raccogliendo 300.000 firme; il referendum dell’11 aprile invece è stato indetto “su iniziativa personale del presidente”.
Nonostante le continue proteste nella capitale Bishkek contro l’accentramento di potere e il deterioramento dello stato di diritto della nuova “Khanstitution”, come definita in alcuni striscioni dei manifestanti, Japarov è intenzionato a consolidare il suo potere con il voto di aprile.
Il contenuto della futura nuova costituzione
La problematicità della futura nuova costituzione risiede in due aspetti principali. Il primo riguarda l’accentramento del potere nelle mani del presidente e il secondo la violazione dei diritti umani.
Per quanto riguarda il primo elemento, la bozza della costituzione prevede che il presidente sarà anche il capo dell’esecutivo, potrà nominare i giudici e dirigerà le agenzie di sicurezza. Inoltre, altri provvedimenti (come l’articolo 70) prevedono la riduzione di un quarto dei parlamentari e trasferiscono alcune prerogative del parlamento, come iniziare una proposta di legge o indire referendum, direttamente al presidente. Impugnando gli articoli 76-79, il presidente, stante la maggioranza dei parlamentari, potrà levare l’immunità a qualunque membro del parlamento: questo meccanismo potrebbe quindi innescare preoccupanti dinamiche di pressioni politiche sui deputati più critici.
Sempre nell’ottica di limitare il potere del parlamento, è prevista la creazione di un concilio nazionale del popolo, detto kurultai. Con delegazioni rappresentanti tutte le regioni del paese, questo organo ricalcherebbe le funzioni stesse del parlamento: potrà nominare o rimuovere i ministri, proporre nuove leggi e votare i propri rappresentanti nel consiglio di giustizia. Dunque, il kurultai potrà diventare un ulteriore strumento del presidente per interferire e fare pressioni sugli enti e sulle istituzioni e portare avanti i propri interessi. Inoltre, sarà molto difficile avviare un procedimento di impeachment nei confronti del presidente: per farlo sarà necessario il voto sia dell’ufficio del procuratore generale sia della camera costituzionale i cui capi, però, sono nominati direttamente dal presidente stesso.
Per quanto riguarda la violazione dei diritti umani, la nuova costituzione ridurrà pericolosamente la libertà di espressione e associazione. Nell’articolo 10, infatti, si specifica che saranno proibite le attività, gli eventi e la diffusione di informazioni contrari ai “valori morali e alla coscienza del popoli kirghizo”. Allarmante, in particolare, quest’ultima espressione, molto generica e aperta a interpretazioni e abusi.
Desta preoccupazione anche la proposta di introdurre sui documenti di identità l’appartenenza etnica dei cittadini. Il Kirghizistan è un paese multietnico in cui convivono, non senza tensioni, kirghizi e uzbeki. Le differenze etniche sono talvolta sfociate in episodi di violenza, come accadde a Osh nel 2010. Questo provvedimento potrebbe portare alla profilazione etnica e a discriminazioni nei confronti delle minoranze etniche.
Due tornate elettorali e un referendum in meno di sei mesi
Solo pochi mesi fa, il 10 gennaio 2021, i cittadini kirghizi hanno votato sia per le elezioni presidenziali che per un referendum per scegliere se rimanere con una forma di governo parlamentare o ritornare a una repubblica presidenziale. Le presidenziali, da cui è uscito vincitore Japarov, hanno fatto da traino al referendum, in cui il 90% dei cittadini ha votato per la forma presidenziale.
Le elezioni di gennaio e l’ascesa di Japarov sono frutto delle precedenti elezioni, tenutesi solo quattro mesi prima, il 4 ottobre 2020. Infatti, dopo violente manifestazioni a seguito dei brogli elettorali e l’assalto al parlamento e al palazzo presidenziale, il presidente eletto Sooronbay Jeenbekov è stato costretto alle dimissioni e all’annullamento delle elezioni. Il vuoto di potere è stato colmato proprio da Sadyr Japarov che, dopo essere stato liberato dal carcere, ha assunto prima il ruolo di primo ministro e, successivamente, quello di presidente ad interim. Già nelle prime settimane del suo governo, di forte stampo nazionalista, Japarov aveva mostrato la volontà di rafforzare il potere presidenziale, con il conseguente indebolimento del ruolo del parlamento.
In conclusione, questo referendum costituzionale sarà il trampolino di lancio per Japarov. Con i nuovi provvedimenti, il suo potere verrà infatti enormemente rafforzato. A suo favore inoltre giocherà la nuova composizione del parlamento, verosimilmente a lui favorevole, con le elezioni parlamentari previste per l’autunno 2021. Nonostante il Kirghizistan abbia bisogno di stabilità politica dopo un periodo fortemente turbolento, non è da escludere che le votazioni di aprile scatenino ulteriori proteste.
Foto: Gordon Johnson da Pixabay