sputnik V

REP. CECA: Il gambetto del presidente, mentre atterra (forse) lo Sputnik-V

Se il vaccino “non ha ideologia”, come affermato dal presidente ceco Miloš Zeman, cionondimeno ha sicuramente un valore politico e, data l’estensione globale della pandemia, soprattutto geopolitico, come abbiamo scritto anche sulle nostre pagine.

Ed ecco, allora, farsi avanti a gran voce pure in Repubblica Ceca la proposta di ricorrere al vaccino russo Sputnik V, attualmente in uso nell’UE solo nell’Ungheria di Orban, anche se, nel gruppo dei V4, la Slovacchia ne ha già ordinati 2 milioni di dosi. Per Praga si parla di un milione di dosi in marzo e 2 milioni in aprile. Numeri che, se realizzati, potrebbero effettivamente risanare la precaria situazione ceca.

Ad oggi in Repubblica Ceca sono state vaccinate quasi 1.100.000 persone (un terzo ha ricevuto la seconda dose). L’eventuale successo dell’operazione (inizialmente contrario a bypassare l’approvazione dell’EMA, adesso il premier ceco Andrej Babiš si dice pronto ad accontentarsi di quella dell’istituto nazionale preposto) potrebbe spostare gli equilibri politici a favore della Russia, che avrà gioco facile a presentarsi come il paese che ha salvato la Repubblica Ceca (tra gli altri) dalle lungaggini burocratiche dell’UE e dalla sua pandemia. Sua pandemia, dato che, e vale la pena ricordarlo, con solo il 5% della popolazione vaccinata la Russia è ben lontana dall’aver sconfitto il covid in casa propria.

Che l’operazione abbia una chiara valenza anche politica in vista delle elezioni autunnali lo dimostra il fatto che il presidente ceco ha chiesto le dimissioni del ministro della Salute Jan Blatný (il quarto dall’inizio della pandemia) e di quello degli Esteri Tomáš Petříček, rei di essersi espressi a favore della necessità, quale che sia il vaccino da usare, di attendere l’approvazione da parte dell’EMA. E, per non tralasciare nessuno, anche di Irena Storová, direttrice della SÚKL, l’agenzia ceca del farmaco.

Vaccini e politica

Zeman, infatti, ha annunciato che “secondo le sue stime” la pandemia finirà a settembre, guarda caso giusto in tempo per le elezioni politiche dell’8 e del 9 ottobre. Il progetto del tandem Babiš-Zeman sembra dunque assai chiaro: lanciare una vaccinazione di massa con lo Sputnik V per arrivare a ottobre con i contagi sotto controllo e presentare Babiš nella contesa elettorale come colui che, con il generoso aiuto russo, ha sconfitto la pandemia (si sa che certi elettori hanno la memoria molto corta).

La differenza fondamentale rispetto alle scorse elezioni amministrative, quando, come abbiamo scritto, per ingraziarsi gli elettori il premier ceco temporeggiò a lungo prima di dichiarare un nuovo stato di emergenza, è che adesso circolano i vaccini che potrebbero effettivamente sconfiggere l’epidemia.

Apparentemente il loro progetto potrebbe anche riuscire. Fino a non troppo tempo fa ANO, il partito di Babiš, viaggiava ancora intorno al 26% di preferenze avendo perso soltanto un 4/5% rispetto a un anno fa quando nessuno di noi ancora sapeva cosa fossero covid e coronavirus.

Ciononostante, in un recente sondaggio sulle intenzioni di voto realizzato dall’agenzia Kantar per la TV pubblica ceca, la nuova coalizione tra il partito dei Pirati e quello dei Sindaci (STAN) si è vista attribuita un più che dignotoso 34%, a fronte del partito ANO che scenderebbe a un 20,5% di preferenze.

Al fronte anti-Babiš è da aggiungere anche l’altra nuova coalizione tripartitica INSIEME (KDU-ČSL, cristianodemocratici + ODS e TOP09,  centro destra), cui i 921 partecipanti al sondaggio assegnerebbero un 17,5%. Completano il quadro l’SPD, il partito di estrema destra dello xenofobo Tomio Okamura, stabilmente all’11% (quarta forza dello spettro politico), i comunisti del KSČM che rimarrebbero a galla con un 5,5% (in Repubblica Ceca vige uno sbarramento al 5%) i socialdemocratici del ČSSD, che con un 4,5% rimarrebbero alle porte del Parlamento, nonostante adesso siano al governo con Babiš.

Il gambetto del presidente

Non essendo difficile immaginarsi una qualche forma di collaborazione tra partiti accumunati dalla contrarietà a Babiš e al suo operato di governo, se questi, per ipotesi, dovessero essere anche i numeri in autunno, un’eventuale coalizione governativa o accordo di governo tra le coalizioni Pirati-STAN e SPOLU, per cui si parla già del pirata in capo Ivan Bartoš come ipotetico primo ministro, potrebbe avere i numeri per governare tranquillamente e cambiare l’indirizzo generale del paese.

Dal canto suo, sic stantibus rebus, al premier ceco non rimarrebbero come alleati che il partito dell’estremista Tomio Okamura e i comunisti. Compagnie forse non troppo gradite anche per Babiš che nell’alleanza con la ČSSD, che ora rischia di rimanere fuori dai giochi politci, cercava una legittimazione democratica che difficilmente può trovare nell’SPD e nel KSČM.

Da segnalare in tal senso la possibile contromossa di Zeman che, da abile stratega quale è, ha già fiutato l’aria e pensa al contrattacco: in base a non si sa quale principio ha dichiarato che nominerà premier soltanto l’esponente del partito che prenderà più voti. In questa apparentemente innocua affermazione si nasconde però il gambetto del presidente. Infatti, anche qualora le opposizioni raccogliessero complessivamente più voti di ANO, quest’ultimo potrebbe ancora avere qualche chance di essere il primo partito, e non coalizione di partiti, dato che, a livello di singoli partiti, lo scarto tra ANO e i Pirati, sempre secondo la proiezione di cui sopra, sarebbe solo dell’1,5% a favore dei Pirati (22% contro 20,5%). Un margine decisamente risicato che può facilmente oscillare da una parte all’altra.

Se Zeman decidesse di giocare davvero questa carta, non trovando alcun fondamento giuridico, si potrebbe anche prefigurare il rischio di una crisi costituzionale in cui un presidente abusa delle sue prerogative presidenziali per imporre il suo candidato a dispetto del risultato elettorale. Uno scenario, naturalmente, al momento solo ipotetico che non gioverebbe affatto a un paese già provato da una crisi pandemica gestita male che ha creato nella società molto discontento e un forte desiderio di cambiamento.

Se le proiezioni elettorali ma, soprattutto, la situazione difficile in cui versa la Repubblica Ceca e gli insuccessi nel gestire la pandemia, di cui abbiamo scritto, non fanno dormire sonni tranquilli al premier ceco, forse, però, è ancora presto per dare già sconfitto il tycoon ceco Andrej Babiš (come taluni stanno già facendo) che conta comunque della collaborazione attiva e spregiudicata di un potente e ingombrante alleato, seduto nientemeno che al Castello di Praga.

Foto: Il premier ceco Andrej Babiš mentre si vaccina. Fonte: governo ceco.

Chi è Andreas Pieralli

Pubblicista e traduttore freelance bilingue italo-ceco. Laureato in Scienze Politiche a Firenze, vive e lavora a Praga. Si interessa e scrive di politica, storia e società dell’Europa centrale. Coordina e dirige il progetto per un Giardino dei Giusti a Praga.

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