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Green Deal europeo: la Serbia è pronta?

Il Green Deal (o Patto Verde) rappresenta una sfida non solo per i paesi membri dell’Unione Europea, ma anche per i paesi che non ne fanno ancora parte. L’Agenda verde per i Balcani occidentali, firmata lo scorso ottobre, si inserisce infatti nell’ampio contesto di azione ambientale promosso dall’Unione Europea anche all’esterno dei suoi confini. Tra questi, vi è la Serbia: Belgrado è preparata per mettere in atto un’azione in linea con gli obiettivi dell’Unione?

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I requisiti europei: dal Green Deal al capitolo 27 dei negoziati UE-Serbia

Il processo di accesso della Serbia all’Unione Europea offre al paese l’opportunità di alzare gli standard ambientali, investire in tecnologie sostenibili e, di conseguenza, migliorare il tenore di vita della popolazione. Nel contesto più ampio del Piano economico e di investimento globale per i Balcani occidentali (un pacchetto da nove miliardi di euro, che si inserisce in un quadro di investimento geostrategico) approvato ad ottobre 2020, l’Agenda Verde rappresenta un faro di speranza per l’allargamento europeo nella regione. L’allineamento degli obiettivi dei paesi candidati a quelli del Green Deal dà un’accelerazione alle politiche nazionali nello scenario ambientale: se implementata, infatti, l’Agenda Verde costituirebbe un avanzamento nel settore della sostenibilità e un miglioramento del livello di protezione ambientale nei paesi candidati, tra cui la Serbia, oltre che un ponte d’intesa tra Unione Europea e quest’ultima.

I pilastri su cui si basa l’Agenda Verde sono gli stessi punti su cui si concentra anche il capitolo 27 aperto nelle negoziazioni di accesso con la Serbia e spaziano dalla decarbonizzazione e la transizione ad un’energia pulita alla modernizzazione del sistema agricolo e delle aree rurali. Tuttavia, la situazione in Serbia rimane insoddisfacente dal punto di vista ambientale: nonostante la presenza di fondi donati dall’UE e di leggi volte alla protezione del territorio, ciò che manca è la volontà della classe politica.

La situazione serba

Secondo il Report 2020 della Commissione europea, la Serbia presenta un generale allineamento con l’aquis comunitario; nonostante ciò, il paese si trova ancora in una fase iniziale per quanto riguarda l’implementazione dei progetti, l’effettivo funzionamento delle agenzie di monitoraggio (come l’Agenzia per la protezione ambientale) e l’adozione delle strategie proposte dal Trattato di Parigi. Con la crisi sanitaria legata al Covid-19, inoltre, il 25% del budget finanziario è stato devoluto allo stato di emergenza e i fondi raccolti per il recupero ambientale non sono stati destinati ai loro scopi.

I problemi principali dal punto di vista della tutela ambientale nel paese sono diversi e toccano non solo l’ambito dell’inquinamento dell’aria ma anche il (grosso) problema dello smaltimento dei rifiuti e la mancata protezione di ambienti naturali fragili. Durante il 2020 si sono visti chiaramente i risultati di scelte politiche passate, con conseguenze sulla popolazione e l’ambiente in cui essa vive. Ad esempio, mentre le città principali presentano da tempo livelli di inquinamento dell’aria oltre il limite, il monitoraggio e piani di miglioramento di questi livelli sono pressoché assenti. Di conseguenza le città serbe, insieme ad altre dei Balcani occidentali, figurano nella lista delle città più inquinate al mondo.

Disastri ambientali: la popolazione di mobilita

Una parte della popolazione, tuttavia, ha rimarcato la sua preoccupazione per le (mancate) politiche ambientali e si è mobilitata per protestare contro i continui attacchi pubblici e privati alla tutela del territorio: le proteste degli abitanti di Loznica, in Serbia centrale, contro la creazione di una miniera di litio da parte del colosso minerario Rio Tinto lo scorso ottobre rappresentano solamente in parte lo stato d’animo dei cittadini serbi. La più recente protesta il 10 gennaio 2021 contro l’inquinamento dell’aria nella capitale è l’ultima di una serie che si sono svolte con l’intento di mettere pressione al governo nel rispettare le promesse fatte negli ultimi anni. A novembre 2020, infatti, una serie di polemiche da parte degli abitanti della capitale ha puntato nuovamente l’interesse dell’opinione pubblica sul grave stato delle acque del Danubio, uno dei fiumi più importanti d’Europa.

Ma non è solo il Danubio a preoccupare. È infatti solo uno dei tanti bacini idrografici che versano in condizioni d’inquinamento pessimo, rispetto agli standard richiesti dall’Unione Europea: un altro esempio lampante è il lago Potpec nel sud-ovest dal paese. Questo bacino idrico, che alimenta la vicina centrale idroelettrica, è finito recentemente nel mirino in quanto ricoperto da strati di rifiuti. Portati nel lago dal fiume Lim, che attraversa diverse municipalità tra Montenegro e Serbia e in cui vengono scaricati direttamente gli scarti delle discariche, questi sono il risultato di anni di negligenza da parte dei governi dei due paesi.

Foto: Ivan Aleksic/Unsplash

Chi è Maria Giulia Anceschi

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