BULGARIA: L’anno che verrà, le paure di un paese che non vede vie d’uscita

La Bulgaria inizia un anno difficile, certamente il più difficile della sua storia recente. Le sfide che dovrà affrontare possono non sembrare a prima vista così diverse da quelle che riguardano altri paesi europei, ma il delicato contesto sociale e politico in cui si trova il paese rende il prossimo futuro assai complesso, se non preoccupante. La Bulgaria si trova all’incrocio di una triplice crisi: sanitaria, economica e politica, con le elezioni parlamentari fissate per il prossimo 28 marzo e poi rinviate al 4 aprile.

La pandemia e la politica

Largamente risparmiata dall’epidemia di Covid 19 nei primi mesi del 2020, la Bulgaria è stata duramente colpita a partire dall’ottobre dello stesso anno, allorché il numero di morti ha cominciato a salire vertiginosamente. L’alto numero di decessi si deve non solo all’aumento dei contagi, ma anche alla saturazione degli ospedali che non hanno potuto offrire cure adeguate ai pazienti affetti da altre patologie. Una situazione che ha messo a nudo le carenze del sistema sanitario e soprattutto le inefficienze della politica chiamata a gestire una crisi tutt’altro che imprevedibile (qui una serie di grafici sull’andamento della pandemia in Bulgaria).

Il governo, guidato dal conservatore Bojko Borisov, ha saputo però approfittare della crisi sanitaria per bloccare le proteste anti-governative che da mesi attraversavano il paese. Le misure di contenimento ordinate dal governo erano probabilmente necessarie alla luce del crescente numero di contagi e di decessi. Ma, se non ci fossero, certe epidemie andrebbero inventate.

Vaccino o non vaccino?

Le proteste, iniziate a luglio e proseguite per cinque mesi, stavano mettendo in difficoltà il governo. Ma quel sentimento di rabbia e frustrazione, dovuto alla crisi economica, alle misure di austerità, alla corruzione politica, si è ora trasformato in paura. Una crescente paura della malattia e, soprattutto, del fatto che non ci sia una via d’uscita, che il tunnel in fondo sia chiuso, che questa situazione duri per sempre o, quantomeno, per un tempo che non è quello promesso dal governo che, in Bulgaria come altrove, sembra avere una sola carta: il vaccino.

L’esito della campagna vaccinale, le modalità con cui verrà condotta, i tempi in cui sarà effettuata, sono i temi all’ordine del giorno nell’agenda politica e mediatica bulgara. Tutto il resto, crisi economica compresa, passa in secondo piano. E se il governo saprà giocarsi bene la carta del vaccino, si vedrà perdonata dagli elettori la corruzione e l’austerità. In caso contrario, l’opposizione – ancorché disunita e sfilacciata – potrebbe avere la meglio cavalcando il malcontento.

Il governo si trova però a fronteggiare un avversario peggiore dell’opposizione, ovvero un diffuso atteggiamento di scetticismo nei confronti del vaccino. Secondo un sondaggio pubblicato il 25 novembre dall’agenzia Trend e citato da Balkan Insight, il 45% dei bulgari preferirebbe non vaccinarsi. Perché? Come ovunque, per la scarsa informazione e trasparenza, per la circolazione di notizie false, per i guitti televisivi che giocano con le paure della gente. Per fugare questi timori, il governo dovrà mostrarsi serio ed efficiente.

L’economia allo stremo

L’economia bulgara dipende in larga misura dal lavoro stagionale all’estero. L’impossibilità di uscire dal paese ha nuociuto alle tasche di molti. L’apertura delle frontiere farà ripartire l’economia, ma non basterà. La ricetta economica del governo è l’austerità, quella che piace tanto a Bruxelles ma poco ai cittadini, che oltre ad avere causato tagli al welfare (non è un caso che la sanità bulgara si sia presto trovata al collasso) ha prodotto disoccupazione e precarietà. La pandemia ha peggiorato le cose. Secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica, poco più di 361.000 persone si sono registrate come disoccupate nel 2020, di queste il maggior numero di domande è arrivato a novembre quando, in una sola settimana, si sono iscritte alle liste di disoccupazione oltre 14 mila persone portando il tasso di disoccupazione al 7%.

Problemi (non) comuni

Economia allo stremo, misure di austerità, sanità al collasso, diffusione incontrollata dell’epidemia, misure di contenimento inefficaci, classe politica corrotta che approfitta della crisi per restare in sella. Si tratta di problemi che la Bulgaria condivide con molti paesi, compreso quello con la forma a stivale, ma che sono aggravati da una profonda debolezza pregressa. L’anno che verrà potrebbe essere quello della ripresa, delle elezioni, del cambiamento oppure quello in cui il maggior numero di bulgari si troverà a vivere sotto la soglia di povertà, emarginati e marginali in un’Europa sempre meno unita e ancora vittima degli abusi del potere.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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