disastro ambientale

RUSSIA: Disastro ambientale sulle coste del Pacifico. Petrolio e militari (forse) non c’entrano

“È accaduta una cosa terribile: qualcosa di velenoso è trapelato nel nostro Oceano Pacifico, sulle coste della Kamčatka. Tutto il fondo è morto. Polpi, pesci, stelle marine e ricci; tutti morti da Capo Nalyčev alla Baia di Avača. E si tratta di una distanza di oltre 40km”, ha scritto venerdì 2 ottobre una residente del luogo sulla sua pagina Facebook. La costa pacifica dell’Estremo Oriente russo è protagonista di un disastro ambientale che ha provocato la morte di centinaia di animali marini; un terribile incidente le cui cause sono ancora da accertare.

Le acque inquinate della Kamčatka

Negli ultimi giorni le spiagge e le acque della regione della Kamčatka sono state inquinate da alcune sostanze velenose che hanno provocato la morte di numerosi animali marini in circostanze poco chiare. Qualche settimana fa i surfisti della penisola hanno notato una schiuma giallognola sulla costa e resti di ricci di mare e polpi giganti senza vita a riva. “Rientravano tutti [i surfisti, ndr] con problemi agli occhi, facce pallide, gola infiammata, nausea, debolezza e febbre alta”, scrive Ekaterina Dyba, membro del team della Snowave Surf School.

Il governatore della regione della Kamčatka ha dato subito l’allarme del disastro ambientale, aprendo le indagini per scoprirne le cause. A riguardo, Vladimir Rakov, dottore in Scienze biologiche, afferma che le cause dell’inquinamento non possono essere di tipo naturale: “Se lo fossero, allora gli animali non sarebbero morti, o lo sarebbero in quantità minima, durante la desalinizzazione. Ma non c’è una baia chiusa, solo acque aperte, quindi non dovrebbero esserci tali conseguenze”. Aggiunge: “Non ci sono macchie gialle di questo tipo in natura. Solo le sostanze chimiche formano schiuma”.

Petrolio e militari (forse) non c’entrano

Uno dei primi campanelli d’allarme da parte degli abitanti della zona ha portato alla discarica di rifiuti chimici che si trova nei pressi del vulcano Kozelskij, a pochi chilometri dallo sbocco sull’oceano. Nel 2010, le autorità hanno riferito che la discarica sarebbe stata messa fuori servizio, ma rimane comunque un luogo di sepoltura per sostanze chimiche tossiche (si stima che nella discarica siano state immagazzinate almeno 20 tonnellate di arsenico).

Il secondo sospetto è, invece, di carattere militare: la flotta russa nel Pacifico nell’area della Baia di Avača, dove avvengono addestramenti ed esercitazioni militari che potrebbero influenzare l’ecosistema circostante. Ma il servizio stampa del quartier generale della flotta ha assicurato di non aver alcun ruolo nell’inquinamento delle acque sulla spiagge locali, sottolineando che da giugno non si sono svolte esercitazioni con attrezzature militari pesanti presso il campo di addestramento di Radygino e che allora le navi non trasportavano grandi partite di prodotti petroliferi.

Tuttavia, lo studio dei primi campioni d’acqua, rilevati dall’Istituto di geofisica applicata di idrometeorologia e monitoraggio ambientale (Roshydromet), ha mostrato che l’acqua conteneva una quantità di prodotti petroliferi 3,6 volte superiore ai limiti massimi consentiti e una concentrazione di fenolo pari a 2,5 volte più alta del limite.

Data la gravità della contaminazione sono già state avviate diverse indagini. Ma, secondo le ultime dichiarazioni riportate dal ministro delle Risorse naturali e ambientali russo, Dmitrij Kobylkin, i cambiamenti di colore dell’acqua e la morte improvvisa di centinaia di specie marine non sono collegabili a fuoriuscite di petrolio. “Dalle analisi preliminari che abbiamo condotto, non abbiamo trovato alcuna sostanza nociva o derivati di prodotti petroliferi”, ha riferito il ministro. Sebbene le analisi preliminari non abbiano rilevato alcuna traccia di inquinamento tecnogeno nelle zone della Kamčatka, uno studio più accurato verrà effettuato nei prossimi giorni e sarà indicativamente pronto entro l’8 ottobre.

L’attivismo di Greenpeace Russia

Greenpeace ha definito ciò che sta accadendo come un “disastro ambientale” e ha chiesto al Servizio federale di supervisione ambientale, industriale e nucleare della Russia (Rosprirodnadzor), al ministero della Difesa e alla Procura Generale di aprire un’indagine sulla questione: “L’entità dell’inquinamento non è ancora stata determinata, ma il fatto che animali morti siano stati trovati lungo l’intera costa conferma la gravità della situazione”.

Come sottolinea Vasilij Jablokov, a capo del progetto per il clima di Greenpeace in Russia, le spiagge e la natura che caratterizzano la penisola della Kamčatka sono patrimonio mondiale dell’UNESCO, nonché una delle migliori zone del Pacifico per fare surf; è quindi necessaria una risposta immediata al problema e delle operazioni preventive, al fine di evitare l’aggravarsi dell’inquinamento nell’area.

Non si tratta certo del primo disastro ambientale che caratterizza i territori della Federazione russa. Di recente, e tra i più gravi, ricordiamo quello di Norilsk, nell’Artico, dove 21mila tonnellate di diesel si sono riversate nei fiumi siberiani, contaminando 44 ettari di terreno.

 

Immagine: Interfax.ru

Chi è Claudia Bettiol

Nata lo stesso giorno di Gorbačëv nell'anno della catastrofe di Chernobyl, sono una slavista di formazione. Grande appassionata di architettura sovietica, dopo un anno di studio alla pari ad Astrakhan, un Erasmus a Tartu e un volontariato a Sumy, ho lasciato definitivamente l'Italia per l'Ucraina, dove attualmente abito e lavoro. Collaboro con East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso, occupandomi principalmente di Ucraina e dell'area russofona.

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