RUSSIA: Che succede all'ombra del Cremlino. Putin e il Fronte Popolare

di Giovanni Bensi

SECONDA PARTE

da Mosca – Con che fine Putin abbia costituito il “Fronte Popolare” (FPP) nessuno è riuscito a spiegarlo in maniera convincente. In genere la spiegazione si riduce alla necessità di “consolidare” la società intorno a Putin. I politologi russi unanimemente definirono il “Fronte Popolare” come un progetto elettorale che doveva contrastare il calante favore nei sondaggi di “Russia Unita”. Il presidente Dmitrij Medvedev affermò che la creazione del FPP si spiega dal punto di vista delle “tecnologie elettorali”.

Gli edinorossy (gli aderenti a “Russia Unita”) non nascondevano che, grazie al potere di penetrazione del “Fronte” e alla sua più sensibile presenza sul territorio, essi speravano di riottenere alla Duma la “maggioranza costituzionale”, cioè quella maggioranza che, all’occorrenza, avrebbe permesso di modificare la Costituzione (nel caso, per esmpio, che Putin volesse seguire l’esempio dei suoi colleghi belorusso, Aleksandr Lukashenko, e kazakho, Nursultan Nazarbayev, e far abrogare la clausola che limita a due i mandati consecutivi del presidente, o addirittura volesse farsi riconoscere un mandato a vita).

Tuttavia, quanto più si avvicinavano le elezioni, tanto meno nei media si parlava del FPP. Per giunta Putin incominciò a prendere la distanze da “Russia Unita”. Nella prima parte del congresso di Russia Unita, il 24 settembre scorso, egli a sorpresa rifiutò di guidare la lista dei candidati alle elezioni. Egli spiegò la sua decisione richiamandosi ad una pretesa “tradizione” secondo cui gli edinorossy devono essere necessariamente condotti alle elezioni dal presidente Medvedev, nonostante che questa procedura fosse stata seguita solo una volta (nel 2007 il capolista di RU fu appunto Putin, allora presidente).

Come risultato, Dmitrij Medvedev divenne il “numero uno” di “Russia Unita” alle elezioni del 4 dicembre, mentre Putin parve in qualche misura estraniarsi dalla campagna elettorale. In realtà, all’ultimo momento dovette prendere parte ad alcune iniziative comuni insieme con il capo dello stato in carica. Probabilmente ciò fu dovuto alla preoccupante caduta di Russia Unita nei sondaggi: la popolarità del partito aveva incominciato a scendere da molto tempo, e alla vigilia della votazione aveva raggiunto il 40%, ed un livello ancora più basso in alcune regioni.

Dopo le elezioni alla Duma, il portavoce-stampa di del premier, Dmitrij Peshkov, dichiarò che Putin “non si era mai legato in modo diretto al partito” e che doveva essere considerato “un politico indipendente”. In una successiva intervista egli, veramente, disse che “non è corretto parlare di un tentativo di Putin di prendere le distanze da ‘Russia Unita’”.

Chi è Giovanni Bensi

Nato a Piacenza nel 1938, giornalista, ha studiato lingua e letteratura russa all'Università "Ca' Foscari" di Venezia e all'Università "Lomonosov" di Mosca. Dal 1964 è redattore del quotidiano "L'Italia" e collaboratore di diverse pubblicazioni. Dal 1972 è redattore e poi commentatore capo della redazione in lingua russa della radio americana "Radio Free Europe/Radio Liberty" prima a Monaco di Baviera e poi a Praga. Dal 1991 è corrispondente per la Russia e la CSI del quotidiano "Avvenire" di Milano. Collabora con il quotidiano russo "Nezavisimaja gazeta”. Autore di: "Le religioni dell’Azerbaigian”, "Allah contro Gorbaciov”, "L’Afghanistan in lotta”, "La Cecenia e la polveriera del Caucaso”. E' un esperto di questioni religiose, soprattutto dell'Islam nei territori dell'ex URSS.

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