di Pietro Acquistapace
La vicenda dei due piloti imprigionati in Tagikistan, che aveva portato ad un duro scontro diplomatico tra il paese centroasiatico e la Russia, continua anche dopo la liberazione dei due prigionieri, mettendo in luce una realtà spesso passata sotto silenzio. Il parlamento tagiko ha infatti esortato, su pressione della società civile, le autorità russe a fare chiarezza sulle morti di lavoratori tagiki in Russia.
Secondo alcune stime circa un milione di tagiki sarebbero attualmente emigrati in Russia alla ricerca di lavoro, ma quello che indigna la popolazione è l’alto numero di morti tra questi lavoratori. Sempre secondo le stesse stime nei primi 6 mesi del 2011 sarebbero morte circa 600 persone tra la popolazione tagika presente in Russia. Di questi, circa 200 sarebbero morti per le cattive condizioni di salute, circa 60 uccisi e gli altri in incidenti sul lavoro.
Le violenze antitagike successive all’arresto dei due piloti hanno portato il malcontento popolare alla raccolta di firme per una petizione esortante il presidente tagiko e la sua controparte russa, nonché i rispettivi parlamenti, ad attivarsi per la salvaguardia dei diritti dei lavoratori tagiki in Russia. Se le morti sul lavoro fanno emergere un panorama di povertà e di emarginazione dove gli immigrati dal Tagikistan si trovano a dover accettare lavori sottopagati e pericolosi senza adeguate misure di sicurezza, le violenze esplose durante la citata contesa diplomatica fanno emergere una realtà ben più inquietante.
La Russia sta infatti vivendo, ormai da tempo, un’ondata xenofoba soprattutto rivolta verso gli appartenenti alle comunità dell’Asia Centrale e del Caucaso. Basti pensare alle cifre fornite dal Centro Sova Diritti Umani che tenta di monitorare il problema. Nel 2010 gli attacchi a stranieri sono stati oltre 400 con 37 morti. Il fenomeno del razzismo in salsa russa è apparso recentemente sui media occidentali in occasione dell’episodio in cui il calciatore brasiliano Roberto Carlos si è visto offrire una banana da un tifoso avversario.
Le proporzioni del problema in Russia stanno assumendo una rilevanza da vera e propria piaga sociale, esistendo circa 150 gruppi estremisti, forti di circa 10mila membri, dediti alla caccia allo straniero. Il 4 novembre, inoltre, circa 7mila nazionalisti hanno sfilato nella periferia di Mosca inneggiando all’odio interetnico senza che la polizia intervenisse. Secondo diversi studiosi russi le cause del problema sarebbero da ricercare in una disillusione nei confronti del potere che gestisce la Russia, nella perdita di una propria identità e anche in dinamiche economico-sociali quali l’immigrazione dal Caucaso e dall’Asia Centrale che le autorità russe favoriscono per poi strumentalmente accusare dell’aumento degli indici di corruzione.
Quali che siano le cause della xenofobia russa le vittime sono spesso i più deboli, ossia gli immigrati venuti da paesi poverissimi alla ricerca di una vita migliore.
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