di Gabriele Merlini
Un buon cronista deve possedere il dono della sintesi e rapportarsi con Václav Klaus, capo di stato ceco, aiuta sempre in questo senso. Infatti, suonando musiche assai simili tra loro da circa un ventennio, il presidente lo inquadri facile facile. Stando agli avvenimenti di questi giorni eccolo quindi a dichiarare esattamente ciò che tutti immaginavano avrebbe dichiarato alla prima occasione propizia (nello specifico una intervista radiofonica): «la Repubblica Ceca convive con un deficit che, come potete constatare, non è in grado di eliminare. In questa situazione sarebbe [perciò] da irresponsabili aumentare il nostro debito fornendo ulteriori prestiti a paesi fortemente indebitati, cosa che rimanderebbe l’identificazione di una soluzione reale» (qui messa giù lievemente editata. Per chi masticasse con fluidità l’idioma locale ecco il testo riportato da České Noviny: «Česká republika sama žije s deficitem, který, jak je vidět, není schopna eliminovat. V této situaci by bylo nezodpovědné naše zadlužení zvyšovat poskytováním dalších půjček pro extrémně zadlužené země.») Contestualizzando: la Repubblica Ceca dovrebbe contribuire al fondo salva-stati (l’Efsf: European financial stability facility) con 3,5 miliardi di Euro, l’equivalente di 89 miliardi di corone. Sulla decisione Klaus ha poi aggiunto che nessuna scelta dovrà essere dettata dalla paura per il possibile isolamento conseguente un no, che in ceco sarebbe un ne.
Tuttavia, come in ogni vicenda di questo genere, anche stavolta si ascoltano inviti alla prudenza miscelati a voci discordanti. Per quanto riguarda la prima categoria il ruolo del saggio spetta al ministro degli esteri Karel Schwarzenberg, il quale sulla decisione si esprime così: «sono convinto che il premier (Petr Nečas dell’Ods, centrodestra) sia consapevole della enorme responsabilità che grava sulle sue spalle. La Repubblica Ceca non può e non deve restare isolata in Europa: altrimenti la discesa sarà molto ripida» (sempre per colui che odiasse leggere in traduzione: «nastoupila velice strmou cestu dolů». Accenti calcati sui rischi di scivolone.)
Rispetto alle posizioni di Václav Klaus il partito socialdemocratico presenta invece posizioni discordanti (da non sottovalutare anche la necessità di marcare le differenze con il papà -proprio Klaus- del principale partito avversario, adesso di governo) ma pure accomodanti per supposto senso di stato. Vale a dire: «se l’esecutivo deciderà di partecipare, recitando un ruolo attivo nel nucleo delle manovre comunitarie, potrà contare sul supporto del ČSSD». A parlare Bohuslav Sobotka, segretario.
Contributo della opinione pubblica, un ulteriore ammonimento. Senza entrare a gamba tesa sulle scelte in salvataggio dell’Euro si tenga presente a Praga che non avere l’Euro non significa vivere l’instabilità dell’Euro come fatti altrui. Forse è specificare l’ovvio ma sia mai possa rivelarsi utile in un paese che trae proprio dalla esportazione nell’area con moneta unica una sostanziale fonte di ricchezza e che mai ha avuto profonde scosse euroscettiche.
L’isolamento ceco potrebbe essere un guaio così come un eccessivo tentennamento (già riscontrato ai tempi della ratifica del Trattato di Lisbona) non gioverebbe all’immagine della Repubblica Ceca, nazione infilata nel cuore d’Europa e chiamata talvolta a ricordarlo in primis a lei stessa.
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Klaus è un uomo di destra, è ai miei antipodi. Ma su questa questione ha pienamente ragione. Dall’Europa della dittatura bancaria (per di più tedesca) è meglio tenersi alla larga.
La Repubblica Ceka può sopravvivere alla grande agganciandosi alla Rusiia e ai paesi del Brics. E’ ciò che alla fine avverrà. E ne vedremo delle belle.