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BIELORUSSIA: Alle spalle delle donne. Tutti gli uomini dell’opposizione

Svetlana Tichanovskaja, lo sappiamo, è la leader della coalizione di opposizione. Al suo fianco, Veronika Tsepkalo e Marija Kolesnikova. Queste tre donne hanno saputo suscitare nella popolazione un entusiasmo senza precedenti, sfidando Aleksandr Lukashenko, in carica dal 1994, alle recenti elezioni presidenziali, e arrivando davvero a insidiarne il potere. Tuttavia, in una società ancora fortemente patriarcale come quella bielorussa, non si può pensare che queste donne agiscano in proprio. Alle loro spalle ci sono uomini. Uomini noti, uomini ricchi, uomini potenti cui, però, è stato reso impossibile candidarsi. Attualmente, due di questi uomini sono in carcere, mentre il terzo è fuggito in Russia. Tuttavia sono ancora loro i deus ex machina dell’opposizione bielorussa.

Viktor Babaryko, il banchiere

Il primo di questi uomini è un pezzo da novanta, Viktor Babaryko, presidente della Belgazprombank, banca commerciale controllata dalla compagnia energetica russa Gazprom, noto in patria come filantropo. Grazie ai suoi soldi Babaryko ha riportato in patria quadri di Chagall, pittore russo di origini ebraiche, naturalizzato francese, nato in un villaggio non lontano da Vitebsk, all’epoca parte dell’impero zarista ma oggi al confine con la Russia. Una mossa dal sapore politico, così come quella di finanziare la pubblicazione dei libri di Svetlana Aleksievich, premio Nobel per la letteratura e critica verso il regime, stampati in quindicimila copie e donati alle biblioteche pubbliche. Non a caso la scrittrice ha sostenuto pubblicamente la candidatura di Babaryko insieme a molte figure del mondo culturale bielorusso.

Babaryko rappresentava una minaccia concreta per Lukashenko. Alcuni sondaggi non ufficiali, condotti nel maggio scorso, gli accreditavano più del 50% dei consensi. Le sue entrature nel mondo politico ed economico russo lo rendevano poi un avversario temibile, capace di ottenere sostegno dall’estero. Abile nel mobilitare l’opinione pubblica, Babaryko aveva saputo costruire il più numeroso tra i gruppi di supporto alla candidatura presidenziale, ben undicimila membri contro gli ottomila di Lukashenko, attivi in tutto il paese nella raccolta firme e nella campagna elettorale. Tutto questo in un contesto dove, anche a causa del controllo sui media, è difficile per un candidato proporsi come figura vincente.

Puntuale è quindi arrivato l’arresto, prima per gli esponenti di spicco del suo entourage politico, poi per quindici impiegati di alto livello della sua banca, e alla fine per lui, accusato di malversazione ed evasione fiscale. Dal 18 giugno Viktor Babaryko e suo figlio Eduard sono detenuti in un centro del Kgb – così ancora si chiamano i servizi segreti bielorussi – in attesa di giudizio.

È stato allora che Marija Kolesnikova, coordinatrice della campagna elettorale di Babaryko, si è unita a Svetlana Tichanovskaja e alla coalizione di opposizione.

Sergej Tichanovskij, il frontman

E arriviamo così al secondo degli uomini dell’opposizione bielorussa, Sergej Tichanovskijmarito di Svetlana, personalità lontana dal mondo politico ma assurto a grande notorietà a seguito di una trasmissione che, dal maggio 2019, è andata in onda su YouTube raccogliendo sempre maggiori consensi. Ma andiamo con ordine. 

Nato nel 1978, Tichanovskij si laurea in Filologia e poi comincia ad aprire nightclubs e organizzare concerti a Gomel, città dove è cresciuto. Un giorno decide di avviare un’azienda agricola con l’intenzione di trasformarla in un’attrazione turistica, ma incontra notevoli difficoltà a sciogliere lacci e lacciuoli della burocrazia locale. Esasperato, consegna ai social-media la propria frustrazione, attirando l’attenzione dei giornalisti.

Senza volerlo, Sergej diventa un simbolo. E gli viene un’idea: aprire un canale YouTube dal nome Un paese per la vita (Страна Для Жизни) in cui dare sfogo alla frustrazione della gente comune. Comincia così a viaggiare per tutta la Bielorussia raccogliendo storie di persone soffocate dal sistema. I suoi video raggiungono una diffusione enorme, facendo di lui una sorta di eroe popolare. Già che c’è, decide di ospitare interventi di uomini d’affari o esponenti dell’opposizione. Deciso a capitalizzare il proprio bagaglio di consensi e relazioni, annuncia di volersi candidare alle elezioni presidenziali ma, il 7 maggio 2020, viene arrestato durante una manifestazione di protesta. A quel punto la moglie Svetlana decide di sostituirlo, facendosi carico della campagna elettorale e raccogliendo attorno a sé quel che restava dell’opposizione. 

Valerij Tsepkalo, l’insider

Ad accogliere l’appello all’unità dell’opposizione lanciato dalla Tichanovskaja è stata anche Veronika Tsepkalo, moglie del terzo uomo della nostra storia, Valerij Tsepkalo. Ingegnere con un dottorato in Diritto internazionale, Tsepkalo è sempre stato un membro del regime. Dopo una carriera come diplomatico, che lo ha visto ambasciatore negli Stati Uniti, decide di investire nell’information technology mettendo a frutto quanto aveva visto in America.

Così, con il beneplacito di Lukashenko, fonda il Belarus Hi-Tech Park (HTP), una sorta di Silicon Valley bielorussa capace di attrarre investimenti da tutto il mondo. HTP diventa presto leader nel settore, rilanciando l’immagine della Bielorussia come paese capace di giocare un ruolo nel mercato delle nuove tecnologie. I tecnici della HTP vanno a formarsi alla IBM e i rapporti con gli Stati Uniti si stringono al punto che l’azienda riceverà, nel 2019, un’entusiasta visita di Mike Pompeo, segretario di Stato americano.

Dopo aver lasciato la guida dell’azienda, Tsepkalo – da sempre ben inserito nell’establishment politico ed economico del paese – matura l’intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali. Deposita così 160mila firme a sostegno della propria candidatura, ma la Commissione elettorale gliene riconosce appena la metà, insufficienti per candidarsi. Capita l’antifona, il 24 luglio abbandona la Bielorussia insieme ai suoi figli e ripara prima in Russia e poi in Ucraina lasciando alla moglie le redini della campagna elettorale.

Un’opposizione unita?

Lo scorso 17 agosto Tsepkalo ha dichiarato che l’opposizione bielorussa è pronta al dialogo con Lukashenko. Il giorno dopo, mentre una manifestazione davanti al carcere in cui è detenuto, chiedeva la liberazione di Tichanovskij, e la moglie volava a Varsavia in cerca di appoggi, l’opposizione cercava di creare un consiglio di coordinamento per dare una direzione comune alle proteste. Sapranno questi tre uomini mantenere l’unità dell’opposizione realizzata dalle rispettive donne? Il successo della protesta bielorussa passa anche da loro.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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