Bandiere neonazi

UNGHERIA: Neonazisti in raduno a Budapest

L’11 febbraio scorso Budapest è stata teatro di un raduno neonazista. Nel piccolo parco di Városmajor gruppi militanti dell’estrema destra europea hanno commemorato, in quella che loro definiscono “la giornata dell’onore”, le truppe tedesche e ungheresi che nel febbraio del ‘45 affrontarono l’Armata Rossa, all’epoca impegnata a liberare la città dalla morsa del nazismo. La battaglia in questione vide trai i suoi protagonisti le Croci Frecciate, partito antisemita e filonazista che governò l’Ungheria dall’ottobre del ’44 al gennaio del ’45.

Una commemorazione recente

Di fatto, la commemorazione dell’11 febbraio è diventata una realtà solo nei primi anni ’90 a seguito del crollo del socialismo reale e grazie alla spinta degli eredi del partito filonazista di Ferenc Szálasi. Eredi come István Győrkös, fondatore nel 1989 del gruppo paramilitare Magyar Nemzeti Arcvonal (Fronte Nazionale Ungherese), oggi in carcere per l’omicidio di un poliziotto nel 2016. Un assassino ammiratore di altri assassini. Fu lui, nel 1997, ad appuntare sulla data dell’11 febbraio l’attributo di “giornata dell’onore”.

Da allora la commemorazione ha assunto un carattere sovranazionale attirando l’interesse di militanti dell’estrema destra europea. Nel 2019 hanno partecipato al raduno membri di Combat18 (organizzazione terroristica internazionale), Die Rechte (partito nazionalsocialista tedesco) e del Nordic Resistent Movement, formazione neonazista attiva nel Nord Europa che si è macchiata di diversi crimini (tra cui tre omicidi).

Malgrado si sia affermata negli anni ’90, la commemorazione ha avuto un crescente successo a partire dalla fine degli anni 2000, nel periodo in cui si assisteva al tramonto dei socialdemocratici ungheresi e all’avvio del predominio politico di FIDESZ, il partito di Viktor Orbán.

Pur non appoggiando direttamente questa e altre manifestazioni neonaziste (che anzi in alcune occasioni sono state condannate dallo stesso primo ministro ungherese) i governi di FIDESZ non hanno messo in atto nessuna azione concreta per fermare l’avanzata di un fenomeno politico che assume contorni sempre più pericolosi, in Ungheria come nel resto d’Europa.

L’ambiguità di FIDESZ 

Quest’anno, parallelamente alla commemorazione avvenuta nel parco, un’escursione “sportiva” ha coinvolto gruppi di neonazisti arrivati a Budapest per l’occasione. I partecipanti hanno ribattuto i sentieri che le truppe della Wehrmacht percorsero tra le colline di Buda mentre tentavano di raggiungere la linea tedesca ad ovest della città.

Secondo le ricostruzioni di Atlatszo l’associazione che ha organizzato l’evento “sportivo”, l’Hazajáró Honismereti és Turista Egylet, ha ricevuto per la realizzazione di questo evento dei fondi pubblici (2.680 €) dal Ministero dell’Istruzione. Una circostanza che, se confermata, avvalorerebbe le tesi di chi vede in FIDESZ un partito impegnato ad accattivarsi le simpatie degli elettori dell’estrema destra. E la cosa non stupirebbe: è un decennio che il partito guidato da Orbán piega l’uso pubblico della storia ad una logica revisionista.

Statue di socialisti, filosofi e politici vengono rimosse o spostate, letture di autori antisemiti sono inserite nei programmi scolastici, gli artisti non allineati vengono emarginati e il regime autoritario di Miklós Horthy riabilitato pubblicamente.

Un modello, quello propugnato da FIDESZ, che rafforza la retorica nazionalista e che alimenta l’idea di un’Ungheria vittima, e mai carnefice, per tutto il corso del ‘900 e in particolare durante la Seconda guerra mondiale. Una visione parziale e poco ancorata ai fatti storici. A ricordarcelo ci sono i 570.000 ebrei ungheresi massacrati in quegli anni da nazisti e Croci Frecciate.

Manifestazioni come quella dell’11 febbraio offendono la loro memoria, calpestano nuovamente i loro cadaveri, si prendono beffa del dolore di chi è sopravvissuto a quel nero capitolo della storia mondiale.

Non condannare apertamente scempi come quello messo in mostra l’11 febbraio a Budapest significa essere fiancheggiatori di un male che dovrebbe rimanere sepolto nei libri di storia.

FOTO: belltower.news

Chi è Stefano Cacciotti

Sono nato a Colleferro (RM) nel '91 mentre i paesi del socialismo reale si sgretolavano. Sociologo di formazione, ho proseguito i miei studi con una magistrale sull'Europa orientale (MIREES) e un master in Comunicazione storica.

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