Con una legislazione promulgata venerdì scorso che applica delle sanzioni alle compagnie europee coinvolte nell’installazione del gasdotto, il presidente americano Donald Trump si oppone alla realizzazione del Nord Stream 2, sostenendo che l’iniziativa renderà l’Europa eccessivamente dipendente dalla Russia per l’approvvigionamento energetico.
Le sanzioni degli Stati Uniti
Il governo statunitense ha approvato alcune sanzioni, parte del National Defense Authorisation Act per il 2020, nei confronti delle aziende che intendono collaborare con la compagnia energetica russa Gazprom alla realizzazione del gasdotto Nord Stream 2. Tale legislazione ha avuto un impatto immediato nei confronti della società svizzera-olandese Allseas (specialista nella posa di condotte sottomarine e parte integrante del completamento del progetto), la quale ha dichiarato di voler sospendere le attività di costruzione già in corso.
Nella sua dichiarazione, Allseas afferma la volontà di procedere in conformità con la legislazione statunitense e resta in attesa di linee guida sulle disposizioni normative, tecniche e ambientali necessarie da parte dell’autorità competente. Secondo il Financial Times, un portavoce della società ha confermato sabato scorso che Allseas ha ufficialmente sospeso la posa del tubo ‘in attesa di chiarimenti legati, tecnici e ambientali’.
Provocazioni o guerra energetica?
L’amministrazione Trump teme che la realizzazione del gasdotto rafforzerà la dipendenza dell’Europa nei confronti della Russia in termini di approvvigionamento energetico e ridurrà, di conseguenza, la propria quota di esportazione di gas naturale liquefatto nel continente europeo.
L’ingerenza degli Stati Uniti non è ben vista né da Mosca, né tanto meno da Berlino e da alcuni paesi europei. Il consorzio di aziende che lavorano sul progetto Nord Stream 2 ha confermato di voler terminare il gasdotto il prima possibile, nonostante le sanzioni, in quanto il completamento è essenziale per la sicurezza dell’approvvigionamento europeo. Il gasdotto è completo al 92% e, se necessario, il consorzio si rivolgerà ad aziende russe e cinesi – che non temono le sanzioni – al fine di concluderne l’opera.
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