UCRAINA: A un passo dalla guerra. Kiev mobilita le riserve

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Mentre i preti ortodossi benedicono le truppe senza nome (ma evidentemente filo-russe) che circondano il palazzo del governo regionale a Simferopoli, capitale della Crimea, il governo ad interim di Kiev ha mobilitato le sue riserve militari. L’attuale primo ministro Yatsenyuk ha dichiarato in conferenza stampa che “di fatto è stata dichiarata guerra al mio paese“. E aggiunge: “Sollecitiamo Putin a ritirare le sue forze militari dall’Ucraina e a rispettare gli accordi bilaterali”. Accordi che, per il Cremlino, non sono validi perché il governo legittimo, quello di Yanukovich, è stato deposto da un colpo di Stato.

L’esercito russo ha una propria base a Sebastopoli, dove è ancorata la flotta da guerra del Mediterraneo, nella quale sono dislocati anche blindati e mezzi pesanti. Movimenti della marina russa sono stati registrati nella notte. Lo scopo di questi movimenti resta ignoto. Le uniche notizie provengono da Balaklava dove marina russa ha preso il controllo del locale comando di guardia costiera e una colonna di mezzi militari è ammassata appena fuori dalla città (foto).

Secondo la BBC i militari russi starebbero scavando trincee al confine tra Ucraina e Crimea.

Nella mattinata di oggi un centinaio di soldati russi hanno circondato la base militare ucraina di Perevalnoe intimando la resa ai soldati ucraini asserragliati all’interno. I soldati ucraini sarebbero stati disarmati senza spargimenti di sangue, non è chiaro se – come affermano i media russi – i soldati ucraini abbiano ceduto le armi volontariamente o se si tratti invece di una resa. La base è ora controllata dai soldati russi e molti civili sono giunti a dar loro sostegno circondando la base e sventolando bandiere russe.

Nella giornata di ieri il presidente russo Vladimir Putin ha chiesto al parlamento russo di poter utilizzare l’esercito per difendere gli interessi nazionali in Crimea. Il parlamento ha, ovviamente, accordato al presidente Putin l’uso della forza militare mentre un numero indefinito di truppe russe è già da giorni al confine con l’Ucraina. Secondo fonti della BBC circa 650mila persone avrebbero già attraversato il confine russo lasciando le proprie case in Ucraina per timori di trovarsi coinvolti in un conflitto.

Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha accusato la Russia di stare minacciando la pace e la sicurezza in Europa con azioni che violano la carta Onu e ha intimato a Mosca di  ritirarsi. Lo stesso Rasmussen nei giorni scorsi aveva dichiarato ai media che “l’Ucraina è amica della Nato”.

Tra la Nato e il Cremlino

Le forze in campo vanno delineandosi. L’esercito ucraino, che in questi giorni sta subendo notevoli trasformazioni, non sarà in grado di far fronte all’esercito russo. Non è nemmeno certo che l’esercito ucraino riconosca e obbedisca al nuovo potere di Kiev. La Nato si è schierata con il nuovo governo ucraino ma al momento non è chiaro se interverrà militarmente. Il Cremlino, un passo alla volta, sta ottenendo il controllo della Crimea – che è repubblica autonoma all’interno dello stato ucraino dal 1992, quando proclamò l’autogoverno accettando poi di restare all’interno dell’Ucraina – e non è da escludere che gli interessi di Mosca si estendano al Donbass, regione carbonifera all’estremo oriente ucraino dove Yanukovich ottenne, alle ultime elezioni, percentuali superiori al 90%.

Il fallimento dell’incontro informale all’Onu avvenuto ieri era prevedibile: sono andate in scena le retoriche (“la Russia deve rispettare la volontà del popolo ucraino”, secondo gli Stati Uniti; “la Russia ha il diritto di difendere i propri connazionali da un governo fascista”, secondo Mosca). La Russia ha potere di veto in sede Onu e nessuna risoluzione potrà passare dalle Nazioni Unite che, per inciso, furono già delegittimate quando la Nato attaccò la Serbia pur senza avallo Onu. Sembra dunque difficile che oggi l’Onu possa essere in grado di dirimere la questione.

L’escalation militare è evidente e il rischio di una guerra è alle porte. Mosca ha dimostrato di non voler retrocedere. Anche perché retrocedere adesso significherà farlo anche in futuro. Già con la guerra in Georgia il Cremlino aveva dimostrato di essere pronto a usare le armi per difendere quelli che ritiene i propri interessi. Adesso tocca a una indecisa diplomazia internazionale intervenire per disinnescare la bomba ucraina.

Foto Daily Telegraph, soldati russi ammassati fuori Balaklava

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. la NATO e il potere Yankee in generale sono le madri di tutti i mali del mondo !! Finchè non verrà debellato il capitalismo U.S.A saremo sempre seduti su una polveriera ! ! !

    • Scusi Giorgio, ma guardi che quello russo è capitalismo tanto quanto. Anche in Ucraina vige il sistema capitalistico, dal 1991 precisamente.

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