CROAZIA: Tomislav Karamarko, già in odor di mafia, alla guida del partito che fu di Tudjman

Si chiama Tomislav Karamarko. E’ il nuovo capo dell’Hdz, il partito democristiano croato fondato da Franjo Tudjman, e di lui ci siamo occupati per un’intricata faccenda di politica e mafia. La sua vittoria alle elezioni interne al partito segnano un rafforzamento in senso nazionalistico dell’Hdz. Già si vocifera che punti alla poltrona di presidente della Repubblica e i media locali lo hanno soprannominato “il Putin croato”. Ma Karamarko è molto di più che un politico ambizioso dal pugno di ferro, già capo della polizia di Zagabria, ha lavorato a lungo per i servizi di intelligence e nei governi Sanader e Kosor è stato ministro dell’Interno. Quando, nel 2009, l’ex primo ministro Ivo Sanader è stato arrestato, Karamarko è stato indicato come il trait d’union tra la mafia e il palazzo. Secondo Domagoj Margetic, giornalista d’inchiesta autore del libro Bankarska Mafjia, Karamarko avrebbe “ispirato” le dimissioni Sanader facendolo minacciare dai clan. Eppure fu proprio Sanader a chiamare Karamarko nel suo governo quando, nel 2003, il Paese era attraversato da una serie di attentati e omicidi eccellenti che si rivelarono essere un attacco della mafia alle istituzioni. Karamarko, chiamato a fronteggiare l’offensiva criminale, è riuscito nel suo compito. Secondo Margetic, alleandosi con i clan. Un colluso dunque? Eppure fu proprio Karamarko a consegnare alla giustizia internazionale Ante Gotovina, eroe nazionale per i croati, criminale di guerra per il Tribunale dell’Aja, guadagnandosi la reputazione di uomo di giustizia. In questa intricata vicenda, tra luci e ombre, verità e suggestioni, occorre procedere con cautela.

Andiamo con ordine. L’Hdz, come si sa, è il partito fondato da Franjo Tudjman*, primo presidente della Croazia indipendente negli anni Novanta ed uno degli artefici della dissoluzione della ex-Jugoslavia e della conseguente guerra civile. È stato riconosciuto post mortem dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia come principale responsabile delle stragi e deportazioni di civili serbi dalla Croazia nel 1995, avendo ispirato ed organizzato tali operazioni. L’Hdz vinse le prime elezioni multipartitiche croate nel 1990. Tuđman venne eletto a presidente del Paese. Un anno dopo proclamò la dichiarazione d’indipendenza croata. Fu rieletto due volte e rimase al potere fino alla sua morte, nel 1999.  Il partito non perdette mai la sua anima criminale, dopo la guerra mise in piedi un sistema di potere clientelare (detto delle duecento famiglie) utile al mantenimento del potere di Tudjman, attraverso una rete di corruzione e rapporti con la nascente criminalità organizzata. Dopo una breve parentesi socialista (2000-2003) seguita alla morte di Tudjman, il partito è tornato al potere nel 2003 con Ivo Sanader che è rimasto primo ministro fino al 2009 quando ha rassegnato improvvise dimissioni.

Sanader, che poi fuggì in auto verso la Germania, è stato arrestato per associazione a delinquere, corruzione, malversazione. Intanto, dal 2009, il suo posto fu preso da Jadranka Kosor che però è uscita sconfitta dalle elezioni del 2011 consegnando la vittoria ai socialisti. La Kosor, poche settimane fa, è stata destituita dal suo ruolo di leadership all’interno dell’Hdz. Al suo posto è stato scelto Tomislav Karamarko, ed eccoci al punto. Chi è Karamarko?

Non è un membro storico dell’Hdz, anzi lasciò il partito già a inizio anni Novanta per contrasti con Tudjman. Si unì ai dissidenti (Hnd, democratici indipendenti) di Stjepan Mesić, ultimo presidente della Jugoslavia unita, contrario alla politica di divisione della Bosnia Erzegovina sostenuta da Tudjman. Karamarko rimase con Mesić anche dopo la morte di Tudjman, nel dicembre 1999: era allora alla guida del quartier generale di Mesić quando questi partecipò alla corsa per la presidenza della Repubblica. E vinse, restando in carica fino al 2010. Come scrive Drago Hedl “dopo la vittoria di Mesić la loro alleanza si indebolì: il nuovo presidente croato non era d’accordo con l’idea di potenziare troppo i servizi segreti e con l’idea di Karamarko di concentrare il potere dell’intelligence nelle mani di un solo uomo”.  Karamarko si diede allora agli affari fondando un’azienda che si occupa di analisi  e sicurezza e stringe accordi redditizi con aziende il cui proprietario di maggioranza è lo Stato, come l’industria petrolifera Ina, l’Oleodotto, le Autostrade croate o l’industria alimentare Podravka. Affari d’oro che lo fanno diventare un uomo ricco, e quindi potente. Al punto da stringere accordi con la mafia?

Ad accusare Karamarko di collusione con il crimine organizzato c’è, oltre all’inchiesta di Demagoj Margetic, la testimonianza di Robert Matanic, condannato per la morte del giornalista Ivo Pukanic, che stava indagando proprio sulle relazioni tra mafia e politica croata. Intorno a Karamarko c’è poi un alone di mistero legato al nome di Zeliko Peratovic, altro giornalista, arrestato dopo aver scritto di alcune vicende legate ai crimini di guerra dei primi anni Novanta che coinvolgono Karamarko. Il ministro degli Interni ha così chiesto e ottenuto che si svolgesse a suo carico un processo per diffamazione. Una vicenda che mobilitò Amnesty International e Reporter sans Frontiéres e che si è risolta, il primo febbraio scorso, con l’assoluzione del giornalista. Ma la vicenda qui si complica enormemente. Riassumendola, con buona semplificazione, possiamo dire che fonti giornalistiche accusano Karamarko di essere stato l’uomo dei clan al governo Sanader, la sua nomina a ministro è stata motivata proprio dalla serie di attentati di matrice mafiosa che insanguinarono la Croazia. Prima venne uccisa Ivana Hodak, figlia del noto avvocato zagabrese che aveva difeso il generale Vladimir Zagorac, poi l’omicidio dell’editore e giornalista Ivo Pukanić, proprietario del settimanale politico Nacional.  La Croazia – scrive ancora Drago Hedl – “era sull’orlo del caos, ad un soffio dall’introduzione dello stato di emergenza, ma Sanader decise per Karamarko, ritenendolo in grado di fermare l’ondata di terrore”. Karamarko riesce nel suo intento con l’aiuto dei clan, se vogliamo credere alle ricostruzioni di Margetic e Peratovic. Ma non si ferma qui.

Ivo Sanader, allora primo ministro, riceve minacce di morte dai clan. Implicato in una serie di affari sporchi (per cui è oggi sotto processo) si trova anche sotto la pressione internazionale che chiede di far pulizia nel Paese, liberandolo dalle troppe collusioni criminali, al fine di far entrare la Croazia nell’Unione Europea. Sanader, minacciato e pressato, si dimette e fugge negli Stati Uniti. Dopo un anno torna in patria ma su di lui scatta un mandato d’arresto internazionale. Risulterà implicato anche in uno scandalo finanziario di enormi proporzioni (di cui abbiamo parlato per quanto riguarda Hypo Bank e per quanto riguarda Unicredit). Nel frattempo, a Belgrado, va in scena una branca del processo per la morte di Pukanic. Robert Matanic, condannato in primo grado a 33 anni di prigione dal tribunale di Zagabria perché coinvolto nell’omicidio Pukanic, testimoniando in collegamento video, ha affermato davanti al Tribunale speciale di Belgrado che nell’uccisione di Pukanic gioca un ruolo importante Tomislav Karamarko.

Ombre, accuse, illazioni. Ma Karamarko ne è sempre uscito pulito. Oggi è il leader dell’Hdz e per chi sperava in una riforma del partito non è una buona notizia. Anche se tutti gli alti papaveri sono stati eliminati, svecchiando il partito, la leadership dell’Hdz mantiene un’impronta criminale che angoscia e inquieta. Occorre però dire che oggi il Paese, governato per la prima volta nella sua storia da un esecutivo socialista e da un presidente socialista, mostra di stare maturando in direzione di una più compiuta democrazia europea. Avrà gli anticorpi per fronteggiare Karamarko?

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NOTE:

*Franjo Tudjman, primo presidente della Croazia indipendente negli anni Novanta ed uno degli artefici della dissoluzione della ex-Jugoslavia e della conseguente guerra civile. È stato riconosciuto post mortem dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia come principale responsabile delle stragi e deportazioni di civili serbi dalla Croazia nel 1995, avendo ispirato ed organizzato tali operazioni. Con ciò è stato anche ufficialmente dichiarato criminale di guerra, anche se contro di lui (direttamente) non vi furono processi per crimini di guerra finché era ancora in vita. L’Hdz era ed è un partito conservatore di destra. In particolare, agli inizi era molto nazionalista e predicava valori basati sul cattolicesimo mescolati con tradizioni storiche e culturali, che nella Jugoslavia comunista non si potevano esprimere, recuperando alcune simbologie del passato regime ustascia di Ante Pavelic, quello che – per intenderci – si alleò con Italia fascista e Germania nazista garantendo, per la prima volta nella Storia moderna, l’indipendenza al Paese poi ingurgitato dalla Jugoslavia titina.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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