UNGHERIA: L’alleanza con i “sovranisti” mette a rischio i fondi UE?

La “spinta sovranista” nel vecchio continente ha trovato nel fenomeno dell’immigrazione il propellente ideale che la condurrà alle prossime elezioni europee. Ma l’avanzata dell’asse Roma-Budapest sembra aver subito una correzione di rotta causata dall’approccio alla stabilità di bilancio imposta da Bruxelles. La visita in Italia a fine novembre di Zoltan Kovacs – segretario di Stato ungherese per la diplomazia e le relazioni pubbliche e portavoce del governo guidato da Viktor Orban – è stata l’occasione per ribadire i tanti punti di contatto con i sovranisti italiani – la Lega di Salvini prima fra tutti, ma anche Fratelli d’Italia – e le istanze del gruppo di Visegrad formato da PoloniaUngheriaRepubblica Ceca Slovacchia, soprattuto in relazione al futuro politico dell’Ue. I rapporti tra l’Italia e questi paesi, negli ultimi anni, sono stati conflittuali, a causa del rifiuto dei paesi del gruppo di farsi carico di parte dei migranti sbarcati sulle coste italiane. Ma le cose sembrano essere cambiate con l’avvento del governo giallo-verde, il quale ha mutato decisamente atteggiamento sulla questione dell’accoglienza migranti, allineandosi di fatto alla politica di chiusura delle frontiere. 

Alleanza tra sovranisti: opportunismo politico?

Le presunte affinità dunque, sembrano essere guidate da opportunità politica dettata dall’esigenza di riaffermare i principi di “non ingerenza” negli affari interni nei confronti di Bruxelles e di un riequilibrio dei rapporti di forza all’interno dell’Unione. Ma la partita in Europa – e questo lo sa bene l’Ungheria – si gioca soprattutto sulla capacità degli Stati membri di rispettare le regole politiche ed economiche, che sono anche la precondizione per l’accesso alle risorse finanziarie della programmazione europea. Ed è su questo punto che il passaggio delle dichiarazioni Kovacs sulla manovra italiana ha destato l’attenzione dei giornalisti: «Le regole dell’Unione europea ci sono e vanno rispettate. La recente storia del nostro Paese – ha dichiarato Kovacs il 20 novembre scorso a Roma – insegna che è possibile rilanciare la crescita economica e ridurre la disoccupazione rispettando il Patto di stabilità che tutti abbiamo sottoscritto in Europa». 

Le prossime elezioni europee: “elité globaliste” contro “Europa dei popoli”

Anche se le politiche di austerità e il fiscal compact hanno contribuito a rinsaldare i legami tra i paesi “deboli” che sperano in un cambio di passo all’interno della politica europea, assistiamo dunque a una presenza di un euroscetticismo a corrente alternata: da un lato si chiede maggiore peso degli interessi nazionali nel consesso europeo, dall’altro si cerca di non pregiudicare gli esiti della prossima programmazione dei fondi europei. Risorse che sono indispensabili proprio per l’attuazione delle politiche di sviluppo di Paesi come l’Italia e la stessa Ungheria sul fronte infrastrutturale, industriale e occupazionale. La campagna elettorale per le prossime elezioni al Parlamento europeo sarà molto probabilmente combattuta sventolando la bandiera dei popoli in contrapposizione all’europa delle “elité globaliste”. Fidesz, il partito di Orban, fa parte della grande famiglia del Partito popolare europeo, ma è una posizione che potrebbe essere messa in discussione dall’esito del voto previsto per il mese di maggio del 2019: «Non facciamo previsioni – ha commentato Kovacs sollecitato dai giornalisti – ma se guardiamo alle novità politiche in Italia, Austria e anche in Germania, possiamo aspettarci qualche novità, avremo probabilmente un Parlamento europeo molto diverso da quello attuale».

D’altro canto il consesso delle istituzioni europee non sembra aver tratto insegnamento da ciò che sta accadendo da qualche anno a questa parte: l’avanzata dei partiti sovranisti in diversi paesi dell’Unione avrebbe dovuto far scattare il campanello d’allarme. Bruxelles si dovrebbe interrogare inoltre sulla evidente mancanza di efficacia delle politiche di coesione messe in atto fino a questo momento, perché è proprio su questo terreno che rischiano di perdere ancora più credibilità di quanto non abbiano già fatto. Il budget per il periodo 2021-2027 destinato alle politiche di coesione potrebbe essere ridotto del 10%.

Fondi europei a rischio per l’Ungheria

La rimodulazione dei programmi di finanziamento potrebbe avere ricadute proprio sull’Ungheria che attualmente risulta tra i maggiori beneficiari delle risorse finanziarie europee: per il periodo 2014-2020, ben 25 miliardi di euro sono stati allocati attraverso programmi nazionali e regionali per il paese guidato da Orban. Il contributo nazionale ammonta a 4 miliardi e 63 milioni di euro, quindi si tratta di circa quasi 30 miliardi di euro da investire in varie aree, dalle reti infrastrutturali ai trasporti, dall‘energia alle politiche ambientali. Più tutto il capitolo di ricerca, innovazione e inclusione sociale. I problemi però non mancano perché la Commissione europea ha iniziato a mettere in discussione la piena erogazione dei fondiverso quei Paesi che non agiscono in linea con i valori fondanti dello stato di diritto e dunque l’Ungheria rimane sotto osservazione. A questo si aggiunge la questione ancora in corso relativa alla mancata rendicontazione di alcuni capitoli di spesa e le presunte irregolarità  rilevate dagli ispettori su 25 dei 29 progetti finanziati: a rischio c’è dunque l’accesso a 1,8 miliardi di euro che provocherebbero un deficit consistente nelle casse dello Stato. L’impressione è che il richiamo al rispetto delle regole indirizzato all’Italia sia in realtà un tentativo di ritrovare la fiducia finanziaria della “non democratica” ma “ricca” Europa.

Foto: abouthungary.hu

 

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Un commento

  1. Non sarà la provincialità e la miopia dei governi sovranisti a cambiare l’europa e questo sarà il vero tema europeo del dopo elezioni se vinceranno loro. Ma se non vinceranno loro le cose si metteranno ancora peggio perché non ci sarà alcun ripensamento politico. Saluti.-

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