GEORGIA: Dietrofront del governo sulla depenalizzazione della cannabis

La coalizione di governo del “Sogno georgiano” ha deciso di ritirare il disegno di legge sulla legalizzazione del commercio di cannabis. La scelta è maturata lo scorso 2 novembre, dopo un incontro tra il presidente del parlamento, Irakli Kobakhidze e il ministro degli interni, Giorgi Gakharia, con il Patriarca della Chiesa ortodossa, Ilia II,e altri rappresentanti del clero.

Lo scorso giugno, la Corte costituzione del paese caucasico si era pronunciata in favore della depenalizzazione del consumo di marijuana, rendendo necessaria una riforma della legislazione al riguardo.

Un disegno di legge controverso

Il disegno di legge proposto dall’esecutivo, era strutturato in due parti. La prima definiva i limiti del consumo privato, mentre la seconda avrebbe legalizzato la coltivazione per l’esportazione. In base al nuovo sistema, il commercio di cannabis sarebbe rimasto illegale in Georgia, mentre per aziende in possesso di una speciale licenza, diventava possibile la produzione per l’estero, se legata a scopi terapeutici o per la produzione di cosmetici.

La Chiesa si è opposta fin dall’inizio alla legalizzazione della cannabis e aveva espresso la sua contrarietà riguardo alle sentenze della Corte costituzionale. In un sermone del 16 settembre, Ilia II aveva dichiarato che “il futuro dei nostri figli è più importante dell’economia”. Secondo la sua tesi, nonostante il potenziale economico della proposta, una volta legalizzata la produzione di cannabis, sarebbe stato impossibile controllarne la diffusione tra i giovani georgiani, portando, nella visione del patriarca, alla loro degenerazione morale.

Una strategia elettorale?

La marcia indietro dell’esecutivo era nell’aria già da metà settembre, ma la tempistica con cui si è concretizzata lascia pensare ad una mossa strategica in vista del secondo turno delle elezioni presidenziali, in programma il 2 dicembre. Il margine risicato con cui la candidata del “Sogno georgiano”, Salome Zurabishvili, si è aggiudicata la prima tornata elettorale lo scorso 28 ottobre, non può, infatti, far dormire sonni tranquilli alla coalizione di governo.

In un paese come la Georgia, in cui la popolarità del patriarca – in carica da quarant’anni – supera quella di qualsiasi altro personaggio politico, mostrarsi allineati alle posizioni della Chiesa è una mossa imprescindibile per riscuotere il consenso degli elettori.   

Non a caso, la Zurabishvili ha fatto pressione sul governo affinché rigettasse al più presto il controverso disegno di legge. Kobakhidze ha, invece, sottolineato come tale decisione dimostri che “l’attuale governo, al contrario di quelli precedenti, tenga in considerazione l’opinione pubblica”. Il presidente del parlamento ha anche dichiarato che durante il colloquio con i rappresentanti della chiesa, si è discusso di limitare la giurisdizione della Corte costituzionale per quanto riguarda la legislazione in tema di possesso e consumo di stupefacenti.

I problemi dei sistema giuridico georgiano

La realizzazione di un simile progetto di legge rappresenterebbe un passo indietro per il sistema democratico georgiano. Ridurrebbe, infatti, la già limitata autonomia del sistema giuridico nei confronti dell’esecutivo, un problema che ha accomunato i governi targati “Sogno georgiano” a quelli guidati da Mikheil Saakashvili nel suo decennio alla guida del paese caucasico. 

La sentenza di giugno della Corte costituzionale, rappresentava, inoltre, una svolta rispetto alla severa legislazione georgiana in tema di consumo e possesso di stupefacenti. Zurab Japaridze, leader del partito di opposizione extraparlamentare “Girchi”, promotore della battaglia legale per la depenalizzazione del consumo di cannabis, definiva il processo “una lotta per la libertà, non per la marijuana”. Sono motivazioni sensate se messe in relazione alla statistica del Consiglio d’Europa, secondo la quale un terzo dei detenuti in Georgia risponde a condanne legate alle droghe.

La rinuncia al disegno di legge non comporta la reintroduzione delle pene penali e civili legate alla cannabis, ma lascia un vuoto legislativo che nessuno ha interesse di riempire prima del 2 dicembre. 

 

Chi è Aleksej Tilman

È nato nel 1991 a Milano dove ha studiato relazioni internazionali all'Università statale. Ha vissuto due anni a Tbilisi, lavorando e specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell'area caucasica all'Università Ivane Javakhishvili. Parla inglese, russo e conosce basi di georgiano e francese.

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