CROAZIA: Scavi vicino a Fiume, ritrovati i resti di italiani uccisi nel 1945

Il 9 luglio scorso è stato annunciato il ritrovamento di una fossa comune nella cittadina croata di Castua, poco distante da Fiume. Si tratterebbe della fossa in cui nel maggio del 1945 vennero gettati i corpi di un gruppo di fiumani di nazionalità italiana, uccisi dalla polizia jugoslava nelle concitate giornate della liberazione di Fiume dal nazifascismo. Gli scavi ed il ritrovamento assumono un’estrema importanza nel processo di ricerca intorno alle vicende che segnarono la regione durante e dopo il secondo conflitto mondiale, soprattutto perché realizzati grazie ad un’azione congiunta dei governi italiano e croato.

Le vittime

I resti ritrovati nella fossa apparterrebbero ad un gruppo tra le 7 e le 9 persone. Nonostante la condizione deteriorata dei resti e la presenza di pochi oggetti personali rendano ancora difficile l’identificazione, le ricerche condotte negli ultimi anni lasciano presagire che si tratti di un gruppo di italiani prelevati il 3-4 maggio del’45 dalla polizia titina e fucilati senza alcun processo in quest’area collinare sopra il golfo di Fiume. Del gruppo farebbero parte il Senatore Riccardo Gigante, il giornalista Nicola Marzucco, il maresciallo della Guardia di Finanza Vito Butti e il vice brigadiere dei carabinieri Alberto Diana.

Proprio Gigante è una figura chiave delle vicende politiche della regione tra le due guerre. Iniziata la carriera come giornalista, Gigante aveva fatto propria la causa dell’irredentismo fiumano negli anni a cavallo della Grande Guerra, divenendo poi sindaco e podestà della città sotto il fascismo, nonché, dal 1934, senatore per il Senato italiano durante il regime di Benito Mussolini. Gigante non rinnegò mai il fascismo, aderendo anzi alla Repubblica Sociale Italiana, ma contestò pubblicamente la politica di italianizzazione forzata intrapresa dall’Italia in quelle terre e le leggi razziali, essendo sua moglie di religione ebraica. All’ingresso dei partigiani titini nella città, Gigante fu prelevato dall’OZNA, il Dipartimento per la Sicurezza del Popolo del nascente regime jugoslavo, che ne fece perdere le tracce, almeno fino a pochi giorni fa.

Le ricerche

A garantire un certo grado di certezza sull’identità delle vittime è un’attività di ricerca durata venticinque anni. Grazie alle preziose testimonianze del parroco croato locale, la Società degli studi fiumani ha potuto individuare il luogo dell’eccidio già nel 1992. Da allora, però, ci sono voluti più di due decenni per fare dei passi concreti, a causa di una costante opposizione da parte della Croazia, smussata ad inizio del 2000 con la firma di un accordo bilaterale tra i due Stati per le onoranze ai caduti.

Rafforzato il dialogo grazie allo storico incontro a Pola tra il presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano e il suo omologo croato Ivo Josipović nel 2011, e complice una costante azione di diplomazia da parte della Federazione delle Associazioni degli esuli e del Consolato italiano a Fiume, negli ultimi anni il governo italiano è riuscito finalmente ad aprire un dialogo fruttuoso con il governo croato su questa delicata tematica. A partire dal 2016, dunque, le autorità si sono attivate per procedere allo scavo nell’area individuata, avvenuto poi nelle scorse settimane alla presenza di esperti italiani e croati. Ed ora, già si parla di una possibile cerimonia congiunta e di lapidi bilingue.

Una speranza per il futuro

Lo scavo di Castua costituisce un risultato storico, dato che fino ad oggi la Croazia non aveva mai permesso lo svolgersi di operazioni di recupero e scavo relativo agli eccidi a danno della popolazione italiana avvenuti durante e dopo la seconda guerra mondiale. Il fatto che questa operazione di ricerca sia stata resa possibile grazie ad una proficua collaborazione tra Roma e Zagabria apre importanti prospettive per il futuro. Sono difatti circa 600 i fiumani di nazionalità italiana spariti nel maggio del’45, a causa delle violenze commesse dalle forze jugoslave a guerra finita. Queste violenze portarono poi alla fuga di gran parte della popolazione italiana da queste terre, nel cosiddetto esodo giuliano-dalmata. I loro corpi molto probabilmente sono ancora nelle fosse comuni situate nella regione. Una situazione simile si riscontra in Istria e nella Dalmazia.

La cooperazione instaurata tra Italia e Croazia può quindi aiutare nella ricerca delle altre vittime, aprendo una fase nuova nell’attività di ricerca e ricostruzione delle drammatiche vicende che hanno segnato questa regione a cavallo delle due guerre mondiali.

Chi è Riccardo Celeghini

Laureato in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, con una tesi sui conflitti etnici e i processi di democratizzazione nei Balcani occidentali. Ha avuto esperienze lavorative in Albania, in Croazia e in Kosovo, dove attualmente vive e lavora. E' nato nel 1989 a Roma. Parla inglese, serbo-croato e albanese.

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Un commento

  1. Chissà cosa ne penseranno quelli di Wu Ming.

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