Macedonia

BALCANI: La Macedonia ha (finalmente) un nome

Martedì 12 giugno la Macedonia e la Grecia hanno raggiunto uno storico accordo che potrebbe risolvere la questione del nome, una diatriba che divide i due paesi da ben 27 anni. L’annuncio è arrivato direttamente dai primi ministri dei due paesi, Zoran Zaev e Alexis Tsipras. Secondo l’intesa raggiunta, lo stato con capitale Skopje assumerà il nome di “Repubblica della Macedonia del Nord”, andando così incontro alle richieste di Atene. In realtà, la strada per la chiusura definitiva della vicenda è ancora tortuosa: le ratifiche dei due parlamenti e lo svolgimento di un referendum tra i cittadini macedoni rappresentano ostacoli tutt’altro che facili per i due governi.

L’accordo

L’intesa tra Grecia e Macedonia era nell’aria da tempo, grazie alla svolta impressa dai socialdemocratici di Zaev arrivati al governo un anno fa, dopo un decennio di dominio del centrodestra nazionalista. Dopo mesi di trattative tra le due parti, negli ultimi giorni diverse fonti hanno riportato di un susseguirsi di telefonate tra i due premier, volte a limare gli ultimi dettagli di un accordo definitivo. La telefonata del pomeriggio di martedì 12 giugno è stata quella decisiva: al termine della conversazione, difatti, Zaev e Tsipras hanno comunicato solennemente ai propri cittadini, tramite due distinte conferenze stampa, il raggiungimento dello storico accordo.

Secondo quanto spiegato dai due primi ministri, quella che attualmente è chiamata Macedonia o FYROM (Former Yugoslav Republic of Macedonia) assumerà il nome di “Republic of North Macedonia”, in macedone “Severna Makedonija”. Tsipras ha spiegato che questo nome sarà assunto in modo ufficiale sia negli affari domestici che in quelli internazionali, andando così a sostituire i termini precedentemente usati. Il premier greco ha aggiunto che Skopje procederà a delle modifiche della propria Costituzione. Zaev, invece, ha tenuto a specificare che la lingua del paese continuerà a chiamarsi macedone, e i suoi cittadini saranno chiamati macedoni/cittadini della Repubblica della Macedonia del Nord.

Le due parti

Al momento, quanto presentato da Zaev e Tsipras è tutto ciò che è noto rispetto all’accordo. Da quanto emerso, è evidente che la Grecia ha visto riconosciute la maggior parte delle proprie richieste. L’accordo protegge l’utilizzo esclusivo del termine Macedonia per definire la regione settentrionale del paese ellenico, con capoluogo la città di Salonicco. Era difatti questo il vero nodo per cui la Grecia non ha mai riconosciuto la definizione “Repubblica di Macedonia” adottata da Skopje nel 1991, costringendo il paese vicino ad accedere all’ONU con il termine provvisorio di FYROM e bloccandone il processo di adesione all’Unione europea e alla NATO.

Zaev, dal canto suo, ha concesso molto proprio per raggiungere il vero obiettivo della sua trattativa, ottenere il via libera di Atene all’ingresso di Skopje nella NATO e all’apertura dei negoziati con l’Unione europea. Zaev spera di veder realizzato il secondo obiettivo già il 28 giugno, quando il Consiglio europeo dovrà decidere in merito alla raccomandazione della Commissione a favore dell’apertura dei negoziati di adesione.

I prossimi passi

La vicenda, però, è tutt’altro che conclusa. I prossimi passi, difatti, nascondono più di un’insidia per il successo finale. Dopo che l’accordo sarà formalmente firmato dai due premier, probabilmente già nel weekend, Zaev punta ad ottenere in brevissimo tempo un voto favorevole del parlamento macedone, su cui certamente l’opposizione di centrodestra guidata dalla VMRO-DPMNE darà battaglia. Dopo il voto, ci si aspetta che la Grecia invii una lettera all’Unione europea e alla NATO per comunicare il ritiro del proprio veto all’adesione di Skopje. La speranza di Zaev è di portare a termine questa fase entro il Consiglio europeo di fine mese.

I problemi maggiori, però, arriveranno dopo l’estate. In autunno, difatti, i cittadini macedoni saranno chiamati alle urne per un referendum sulle modifiche alla Costituzione necessarie all’esecuzione dell’accordo. È facile prevedere che la campagna elettorale sarà molto accesa, data la netta opposizione alla rinuncia del nome “Macedonia” da parte di una larga fetta della popolazione, ferma su posizioni nazionaliste ben interpretate dalla VMRO-DPMNE. Un antipasto del clima dei prossimi mesi è stata la manifestazione dell’opposizione svoltasi a Skopje ad inizio giugno. La battaglia referendaria sarà dunque una partita in cui il primo ministro Zaev si giocherà il proprio futuro politico.

Come Zaev, anche Tsipras è atteso da una partita interna molto difficile. Se il referendum macedone dovesse passare, il parlamento di Atene sarà chiamato a ratificare l’accordo. Gli alleati di Tsipras al governo, i nazionalisti dei Greci Indipendenti, hanno già manifestato la loro opposizione. Non sarà facile per il premier ottenere i voti in parlamento, e i rischi per la tenuta del governo sono altissimi. Quello del nome della Macedonia è difatti un tema sentito da molti greci, come hanno dimostrato le manifestazioni contro l’accordo svoltesi in diverse città greche il 6 giugno scorso.

I prossimi mesi, dunque, saranno decisivi. I due primi ministri, raggiungendo un’intesa storica, hanno dimostrato una forte volontà di chiudere una delle maggiori vicende ancora in sospeso nella regione balcanica, rimasta aperta fin dal crollo della Jugoslavia. Per entrare nella storia, però, dovranno ora essere in grado di convincere la maggioranza dei propri cittadini e delle forze politiche che quella del dialogo e del compromesso è la via maestra per il futuro della regione.

Chi è Riccardo Celeghini

Laureato in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, con una tesi sui conflitti etnici e i processi di democratizzazione nei Balcani occidentali. Ha avuto esperienze lavorative in Albania, in Croazia e in Kosovo, dove attualmente vive e lavora. E' nato nel 1989 a Roma. Parla inglese, serbo-croato e albanese.

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