GEORGIA: Si dimette il primo ministro, mentre sale la tensione nella coalizione di governo

Nella serata del 13 maggio, il primo ministro Giorgi Kvirikashvili ha annunciato le sue dimissioni. A causare questa decisione sono state “differenze d’opinione” sulla politica economica del paese con Bidzina Ivanishvili, il leader della coalizione di governo del Sogno georgiano.

Kvirikashvili, a capo del governo dal dicembre 2015, ha difeso il suo operato in materia economica. “In questi due anni, il nostro governo ha implementato riforme importanti.  Oggi, in Georgia, abbiamo il più forte sviluppo economico della regione. Nonostante, le difficili condizioni economiche di molti cittadini, bisognava prendere anche decisioni impopolari per favorire lo sviluppo di lungo termine”, ha spiegato ai compagni di partito.

Cosa succede adesso

In base all’articolo 79 della costituzione georgiana, le dimissioni del primo ministro portano alla caduta del governo. Il Sogno georgiano avrà quindi il compito di nominare un nuovo governo che dovrà ottenere la fiducia del parlamento. Sarà,  necessario ottenere 76 voti, un compito che non si prospetta particolarmente gravoso per una coalizione che controlla 116 dei 150 seggi parlamentari.

Le dimissioni del primo ministro si inseriscono, però, in un contensto di tensione interna al Sogno georgiano. Proprio per ricompattare il partito, Ivanishvili, dopo anni da eminenza grigia, ha scelto di rientrare ufficialmente in politica venendo nominato leader della coalizione che lui stesso aveva fondato. Al contempo, a pochi mesi dalle prossime elezioni presidenziali, è sempre più evidente il disaccordo tra il presidente Giorgi Margvelashvili e il resto del Sogno georgiano.

Un inizio in salita

Fin dal primo anno di mandato, Margvelashvili, che ricopre il ruolo di presidente della Georgia dal novembre 2013, quando venne eletto alla guida del paese dopo essere stato candidato dall’allora premier Ivanishvili, si è trovato spesso a dover battagliare con i principali esponenti del partito di governo, a partire dallo stesso ex premier.

I problemi iniziarono già a pochi mesi dalla sua elezione, quando Ivanishvili si disse sorpreso e deluso dal neo-presidente, ritenuto colpevole di aver fatto una serie di scelte sbagliate, tra cui la decisione di assumere come consulente per la politica estera Vano Matchvariani, figura sgradita a Ivanishvili, e la scelta di utilizzare per alcune cerimonie ufficiali il palazzo presidenziale di Avlabari, fatto costruire da Saakashvili e quindi simbolo del precedente potere. Forti critiche arrivarono altresí in seguito al tentativo di Margvelashvili di porre un veto a un emendamento del codice penale promosso dal governo ma osteggiato dall’opposizione.

Incomprensioni vi furono anche con Irakli Gharibashvili, delfino di Ivanishvili e suo successore alla guida del governo. Tra le ragioni che nel dicembre 2015 portarono alle sue improvvise dimissioni, oltre al crescente calo di consensi che finì per mettere in difficoltà il Sogno Georgiano, vi furono proprio le sempre più evidenti tensioni con Margvelashvili, che Gharibashvili considerava una figura divisiva.

Le riforme costituzionali

Neanche la nomina a primo ministro di Giorgi Kvirikashvili riuscì a migliorare la situazione, nonostante i tentativi di quest’ultimo di ristabilire buoni rapporti con la presidenza. A riaccendere le tensioni tra le due parti furono questa volta i controversi emendamenti costituzionali approvati nell’aprile 2017 dalla maggioranza, e di cui il presidente georgiano si dimostrò uno dei più grandi oppositori.

Volti a riformare la Costituzione georgiana, i nuovi emendamenti sancirono l’introduzione di un nuovo sistema elettorale che se da una parte favorisce il partito maggioritario, dall’altra indebolisce il ruolo del presidente della Repubblica, il quale a partire dal 2023 non sarà più scelto dai cittadini ma bensì da un collegio speciale.

Margvelashvili boicottò fin dall’inizio tali emendamenti, promuovendo a sua volta una campagna alternativa in favore di una “Costituzione per tutti”. In seguito alla loro approvazione (a votare a favore furono però i soli rappresentanti del partito di governo) il presidente georgiano accusò la Commissione costituzionale di avere lavorato “a porte chiuse” e “nell’interesse di una sola forza politica”; ma si trovò suo malgrado costretto a firmare il disegno di legge.

Lo sfogo di maggio

In seguito al caso riforme, la distanza tra il capo dello Stato e gli esponenti del Sogno Georgiano è cresciuta costantemente. Chiamato a tirare le somme sull’operato del governo nel corso del suo ultimo discorso al parlamento, svoltosi lo scorso 2 maggio, Margvelashvili ha lanciato dure critiche all’esecutivo, trasformando di fatto il discorso in una sorta di resa dei conti.

Il presidente georgiano ha accusato il partito di governo di “avere indebolito le istituzioni e non essere stato in grado di affermare un sistema più democratico”, concentrando inoltre il potere nelle mani delle autorità “nella misura in cui viene messa a rischio la democrazia e lo stesso partito di governo”. A tale proposito, Margvelashvili ha voluto ricordare quanto accaduto al Movimento Nazionale Unito di Saakashvili, la cui deriva autoritaria portò il partito a perdere il consenso popolare a vantaggio proprio del Sogno Georgiano.

Democrazia e divisione del potere dovrebbero essere le nostre risposte ai problemi del paese” ha continuato Margvelashvili, che ha incolpato il Sogno Georgiano di danneggiare intenzionalmente gli altri partiti politici, ostacolando la formazione di un’opposizione competitiva. Le critiche del presidente georgiano hanno poi interessato anche le mancate riforme giudiziarie, il problema della crescente disoccupazione e la situazione dei media, ritenuti più liberi rispetto al 2012 anche se “i rappresentanti dei media lavorano sotto pressione, con la costante preoccupazione di potersi trovare in difficoltà” (emblematico è il caso Mukhtarli).

Verso le elezioni di ottobre

Il ritorno in politica di Ivanishvili, dettato dalla necessità di porre fine alla lunga disputa interna che negli ultimi mesi ha messo a dura prova la tenuta della maggioranza, potrebbe risultare decisivo per ricompattare il Sogno Georgiano in vista della nomina del nuovo governo e delle elezioni presidenziali, obiettivo che il partito di governo non vuole fallire.

Ivanishvili, che tempo fa definì Margvelashvili “il suo più grande errore”, sarà ora nuovamente chiamato a individuare i nomi del nuovo primo ministro e del candidato presidente. Tra le fila del partito di governo c’è la ferma volontà di sostituire un presidente ritenuto ormai “scomodo” per le sue esplicite e continue prese di posizione. Da parte sua, Margvelashvili, che non verrà quindi ricandidato dal Sogno Georgiano, potrebbe comunque decidere di correre come indipendente, portando avanti, nel caso di un secondo mandato, quella che considera la sua battaglia personale in favore di una Georgia più libera e democratica.

Foto: Gruzinform

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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