Il cotone in Asia Centrale, progresso e schiavitù

Quando si parla dell’Asia Centrale e della sua economia spesso gli studi, motivati da interessi strategici e geopolitici, danno uno spazio sproporzionato a materie prima quali gas e petrolio, a discapito delle altre risorse presenti nelle repubbliche centroasiatiche, una di queste è il cotone. L’Asia Centrale produce circa il 15% del cotone mondiale, facendo di questa coltura una voce fondamentale del bilancio statale, tuttavia le problematiche legate al cotone sono molte e complesse, strettamente intrecciate alla Storia di questa pianta; una storia lunga oltre 7mila anni.

Le testimonianze più antiche dell’esistenza del cotone sono state ritrovate in Messico ed in Perù, mentre per quanto riguarda i resti bisogna invece spostarsi in Pakistan; in Asia Centrale, fonti cinesi ne attestano la presenza circa 2mila anni fa. La diffusione in Europa si avrà molto più tardi tramite i saraceni giunti in Sicilia, ma per lungo tempo il cotone resterà un prodotto di lusso. La Storia moderna del cotone inizia nel XVI secolo quando, dopo la scoperta dell’America, se ne resero disponibili nuove qualità più resistenti che diedero il via ad un’estesa produzione.

Per l’Asia Centrale momento cruciale fu la guerra civile americana, che praticamente fermò l’importazione di cotone in Russia. Di fatto, questo fu il vero motore della colonizzazione russa delle terre centroasiatiche. Gli odierni Uzbekistan, Turkmenistan e Tagikistan vennero destinati alla produzione intensiva dell’oro bianco (come viene chiamato il cotone) mentre Kazakistan e Kirghizistan, con una forte popolazione nomade, divennero meta di insediamento dei coloni provenienti in gran parte dall’Ucraina. L’Asia Centrale era ormai organizzata in funzione del centro.

Una delle cause scatenanti la grande rivolta del 1916 fu proprio la raccolta del cotone, mentre durante l’epoca comunista furono numerose le minoranze insediate con la forza nelle zone di produzione, tra queste i tatari di Crimea, i mescheti ed i tedeschi del Volga. Il cotone fu anche all’origine di profonde crepe nel sistema sovietico, come nel 1976 allorché Sharaf Rashidov, il leader del comunismo uzbeko, dichiarò che l’Uzbekistan avrebbe prodotto una quantità enorme di cotone. Per far risultare raggiunti gli obiettivi si spedirono treni vuoti e sacchi con pietre corrompendo funzionari di ogni grado e livello.

La questione venne risolta solo nel 1982, quando alla morte di Breznev salì al potere Yuri Andropov che da tempo stava raccogliendo prove contro gli uzbeki. Rashidov morì dopo avere ricevuto una telefonata dallo stesso Andropov, non è chiaro se di infarto o per suicidio da veleno. In ogni caso la gestione delle colture di cotone in epoca comunista ha lasciato anche tremendi problemi ambientali come la quasi scomparsa del Lago d’Aral ed i dissesti idrici dei grandi fiumi della regione. Al momento dell’indipendenza le repubbliche centroasiatiche si trovarono a dover gestire tutto ciò.

L’importanza economica del cotone ne ha fatto un monopolio controllato dallo Stato o da pochi grandi proprietari che l’hanno reso inoltre uno strumento di corruzione. Per mantenere la produzione destinata al mercato internazionale – non vanno dimenticati gli interessi occidentali nei campi di cotone centroasiatici – è prassi comune obbligare la popolazione alla raccolta per parte dell’anno, nessuno viene risparmiato, da professionisti come medici ed insegnanti fino ai bambini. Sino ad oggi in Uzbekistan ogni anno più di un milione di persone è stata inviata coattamente sui campi di cotone .

Inutile dire che tutto questo avviene senza il minimo rispetto per i diritti umani, eppure qualche cosa sta cambiando. Reduci dall’organizzazione economica di impronta sovietica, estremamente specializzata, i governi locali hanno dovuto ridurre la terra destinata al cotone per diversificare le colture, mentre le proteste internazionali hanno recentemente portato l’Uzbekistan ad affermare che per la raccolta non saranno più utilizzati bambini e specifiche categorie di lavoratori. Il governo uzbeko ha anche lanciato una campagna marketing che vede le celebrità del paese posare durante la raccolta.

Le problematiche legate al cotone sono anche molte altre, dalla mancata meccanizzazione per migliorare le condizioni di vita dei raccoglitori, ai rischi di possibili guerre per il controllo delle acque destinate ai campi, come molte nella Storia di questa pianta sono le zone oscure. Per il cotone si combatté la citata guerra civile americana, sempre il cotone fu poi al centro della rivoluzione industriale che cambiò la vita di milioni di persone per i secoli a venire, inchiodandole alla fabbrica. Il cotone è una fibra morbida, delicata e resistente, ma vale la pena ricordare anche quale sia a volte il prezzo del progresso.

Fonte immagine: Jay Phagan – Flickr

Chi è Pietro Acquistapace

Laureato in storia, bibliofilo, blogger e appassionato di geopolitica, scrive per East Journal di Asia Centrale. Da sempre controcorrente, durante la pandemia è diventato accompagnatore turistico. Viaggia da anni tra Europa ed Asia alla ricerca di storie e contatti locali. Scrive contenuti per un'infinità di siti e per il suo blog Farfalle e Trincee. Costantemente in fuga, lo fregano i sentimenti.

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