GRECIA: Parlando di default qualcuno dice Italia. Ma cos'è questa crisi?

Arriva comoda comoda in traghetto, da Santorini o Mikonos, oppure a bordo di una vecchia Fiat Tipo imbarcata al porto di Patrasso. Ma il grosso, il peggio, sta arrivando su barconi di fortuna, in preda ai flutti dell’Egeo, e non basterà sparargli addosso una volta in vista delle nostre coste. Così, mentre sul tavolo dell’Eurogruppo per la prima volta si discute di possibile default greco, la “crisi del debito” sta arrivando in Italia. Una panzana, dirà qualcuno, le nostre banche sono solide, il nostro debito non è estero. Può darsi, fatto sta che se si punta bene il cannocchiale la si vede arrivare – la crisi –  in sella al Mediterraneo.

Che la situazione sia tesa lo si capisce dal fatto che oggi, oltre al vertice dell’Eurogruppo (il centro di coordinamento che riunisce i ministri dell’Economia e delle finanze degli Stati membri che hanno adottato l’euro), si sono riuniti anche il Presidente del Consiglio dell’Unione Europea, Herman Van Rompuy, e il presidente uscente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Trichet. Tema dell’incontro proprio l’Italia. Così mentre i ministri dell’Economia parlavano di default greco (bestemmia fino a ieri l’altro), i due capoccia europei discutevano della possibilità che la crisi del debito possa estendersi alla mitica penisola.

L’Italia è infatti da giorni al centro di una speculazione finanziaria: colpiti in particolare i titoli di Stato, con il rendimento dei Btp al 5,3% e con uno spread rispetto al Bund al livello record degli (oltre) 300 basis point. Qualcuno dirà: ma che stai a dì? Seguitemi, non è difficile, solo un po’ lungo da spiegare.

Quando si parla di spread tra il BTP e il Bund, si parla della differenza di prezzo che esiste tra il BTP (titolo di stato italiano) e il Bund (titolo di stato tedesco). Quando questa differenza è alta, significa che i mercati hanno sfiducia verso i titoli di stato italiani, e quindi li valutano meno dei Bund. La conseguenza è che il BTP, per tornare ad essere appetibile, deve pagare un interesse più alto rispetto all’omologo tedesco. Nel nostro caso la differenza di spread è 300 punti, il massimo da quando c’è l’euro. Per farci un’idea la Spagna ha uno spread coi titoli tedeschi di 375 ca., mentre la Grecia di oltre 1400 punti base.

Ci sono poi i CDS, i Credit Default Swap, una sorta di assicurazione contro il rischio di fallimento. In pratica supponiamo che acquisti dei titoli di stato italiani, e che voglia coprirmi dal rischio di fallimento. Per fare ciò, compro dei CDS, ma, ovviamente, se il rischio di fallimento è alto, chi mi assicura vorrà essere pagato di più. Proprio per questo gli specialisti seguono l’andamento dei CDS: se questi aumentano di valore, significa che il Paese (nel nostro caso l’Italia) aumenta il rischio di dovere dichiarare bancarotta. E infatti i CDS aumentano.

La cosa si complica per la voce “vendite allo scoperto” (short selling), di cui sentiremo parlare a lungo nelle prossime settimane senza capirci un’acca. Semplificando – non me ne vogliano gli esperti -con questo termine si indica la possibilità di vendere dei beni che non si possiedono. Per farlo serve qualcuno mi presti quello che voglio vendere. Ovviamente questo servizio di prestito si paga. Quindi: voglio vendere la bici. Non ho una bici da vendere. Mi presti una bici. Sì, ma devi pagarmi. Ok, ti pago e vendo la bici a 100 euro. A questo punto inizio a pagare il servizio, inoltre entro una certa data devo restituire la bici a chi me l’ha prestata. Ecco che però sul mercato il valore delle bici è sceso a 90. Compro una seconda bici, la restituisco a chi me l’ha prestata, e mi tengo 10 euro di guadagno. L’amico che mi ha prestato la bici ci guadagna del servizio di prestito che gli ho pagato.

Ora, invece delle bici mettete i Btp, e al posto dell’amico mettete una banca. La banca mi presta i Btp, io li vendo a 100, li ricompro a 90 se il loro valore cala, guadagno 10. La banca riceve i suoi Btp più il compenso per il servizio di prestito.

La speculazione sta nel fatto che se si vendono allo scoperto dei BTP, in questo caso qualcuno (di solito una banca) mi “presta” questi titoli. Supponiamo quindi che io li venda a 100 euro. A questo punto io inizio a pagare il servizio, inoltre entro una certa data io devo restituire i titoli che mi hanno prestato. Se invece il BTP sale, supponiamo fino a 110, io perderò 10. Alla banca, però, non cambia niente. La vendita allo scoperto viene fatta quando lo scopertista scommette su una fase discendente del valore del titolo che sta comprando. Se a fare questa speculazione sono centinaia di speculatori a Wall Street si chiama “attacco speculativo“. Ed è quanto sta accadendo in queste ore all’Italia: scommettono  sul fatto che i nostri titoli di Stato perderanno valore. E scommettendo tutti su questo, l’effetto negativo diventa reale. I nostri Btp perdono valore. Considerando che con i titoli di Stato si vende debito, ecco che il cerchio “greco” si chiude.

Un eventuale default della Grecia, avrebbe conseguenze serie su tutto il continente, con l’Italia in prima linea. Chi scrive non è un’economista, quindi non è in grado di proporre soluzioni. L’unica cosa che può fare, anzi, è sollevare questioni, fare domande. Una su tutte: il cancelliere tedesco Angela Merkel ha chiesto all’Italia di “fare presto” con la riforma economica. Il governo italiano saprà sedersi al tavolo con le opposizioni cercando un modo per salvarci il fondoschiena, o penserà a salvarlo a uno solo (sempre lo stesso) e alle sue aziende?Altra domanda: quando vedremo un ministro delle Finanze europeo? “Presto” ha detto Trichet. Ma sarà abbastanza presto? “Non domani” ha detto Trichet.

Forse nel frattempo il Mediterraneo asciugerà il suo mare, e il rostro della mitica penisola si conficcherà nel continente, sgretolando insieme agli antichi templi quelli nuovi, finanziari, asettici, che con tasti silenziosi trascinano l’Europa nel gorgo, muta.

foto by Yurif

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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4 commenti

  1. “E allora, cosa è cambiato nella valutazione prospettica di questi titoli, da giustificare i recenti attacchi? Nulla che abbia a che fare con questo, se non la percezione di una possibilità di guadagnare, facilmente e senza rischio.
    Con le vendite allo scoperto (i titoli vengono presi a prestito e venduti scommettendo sulla possibilità di poterli ricomprare a un prezzo più basso), testa si vince (le vendite speculative sono capaci di provocare un ribasso del prezzo), croce non si perde (l’attacco non riesce, e si ricomprano i titoli allo stesso prezzo).”
    (Simonazzi A., “Fermate il casinò, vogliamo scendere!”,
    http://www.ingenere.it/articoli/fermate-il-casin-vogliamo-scendere )

  2. Tutto giusto, bravo matteo. Tieni conto che ‘speculazione’ nn vuol dire granché: il deprezzamento dei titoli al massimo viene accelerato dalle operazioni di short selling ecc. ma queste non ne sono la causa, come si potrebbe pensare a sentire parlare di ‘attacco speculativo’.

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