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ALBANIA: Tolleranza religiosa e Islam fondamentalista

L’Albania è un paese multireligioso. Secondo l’ultimo censimento, svoltosi nel 2011, vi convivono: musulmani (57%), bektashi (2,5%), cristiani cattolici (10%), cristiani ortodossi (7%), cristiani evangelici (0,11%), atei (2,5%). Nonostante la presenza di differenti confessioni, il popolo albanese non ha mai, in nessun momento della sua storia, vissuto episodi di conflitto religioso. ‘Non guardate chiese e moschee. La fede degli albanesi è l’albanesità affermava Pashko Vasa, scrittore albanese vissuto nell’Ottocento. E in effetti, il clima di tolleranza e cooperazione esistente tra le diverse religioni in Albania, sembrerebbe confermarlo.

Per molti anni si è pensato che la tolleranza religiosa dipendesse in qualche modo da un alto tasso di atei presenti in Albania, dovuto alla lotta contro ogni religione intrapresa della dittatura comunista. In realtà, il numero di atei albanesi è esiguo e numerosi studi hanno dimostrato che, proprio durante gli anni di totalitarismo, le comunità religiose si sono rafforzate, quasi per reazione all’imposizione statale, e hanno cooperato insieme. La tolleranza religiosa albanese sembra piuttosto prendere vita dall’idea degli albanesi di una Albania multireligiosa, all’interno della quale il valore più importante risiede nel patriottismo. Le differenze religiose non vengono viste come qualcosa di negativo; l’appartenenza a una confessione piuttosto che ad un’altra non è, per gli albanesi, motivo di discriminazione e violenza. Anche per questo motivo l’Albania è un paese con un alto tasso di matrimoni interreligiosi. Inoltre è opinione comune tra gli albanesi che lo Stato abbia sempre mantenuto un atteggiamento imparziale nei rari casi di problemi legati alla religione.

L’appartenenza religiosa è per molti albanesi un fattore secondario e questo disinteresse è dimostrato dagli scarsi investimenti locali dedicati alla costruzione di luoghi di culto. La maggior parte di chiese e moschee in Albania sono state costruite grazie a fondi provenienti dall’estero; molte chiese cattoliche sono state finanziate dal Vaticano, mentre molte moschee dall’Arabia Saudita. Questo ha portato spesso a costruzioni slegate dal contesto di riferimento. Ad esempio, a Koplik, un piccolo villaggio nel nord dell’Albania, è stata costruita nel 1992 dai sauditi una grande moschea gialla; ma quel villaggio è popolato quasi interamente da cattolici. Mentre nella città di Fier, nel sud del Paese, è stata eretta una grande chiesa cattolica, in una zona dove non vive quasi nessun cattolico. Sparse per il paese, inoltre, sono state edificate in zone scarsamente abitate anche numerose chiese ortodosse.

Nonostante il clima di rispetto reciproco tra diverse confessioni religiose che caratterizza da sempre l’Albania, nel 1998 vennero scoperte per la prima volta delle cellule jihadiste a Tirana e ad Elbasan. È da quell’anno che tutte le fondazioni e associazioni islamiche albanesi sono sottoposte a un più rigido e continuo controllo. È stato anche istituito un Consiglio Interreligioso in cui gli esponenti delle maggiori religioni si confrontano e collaborano. La paura di una eventuale avanzata dell’islam fondamentalista sembra arrivare, più che dall’interno del paese, dal fenomeno migratorio. Molti giovani che hanno studiato in paesi in cui vige una forma di Islam più radicale, una volta rientrati in patria importano un credo più ortodosso, entrando a volte in conflitto con gli anziani, che sostengono un Islam più liberale. Un pericolo in crescita negli ultimi anni e da tenere sotto controllo, ma che al momento non scalfisce l’immagine multireligiosa del paese.

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