RUSSIA: La leadership in Asia passa dalla Corea del Nord

Nei tempi recenti la Russia ha giocato un ruolo secondario nelle dispute lungo il 38° parallelo che divide la penisola coreana. Il riaccendersi dei riflettori sulla retorica belligerante della Corea del Nord, l’imprevedibilità della politica estera di Trump e la crescente tensione tra Pyongyang e Pechino potrebbero, però, intensificare gli sforzi diplomatici del Cremlino, garantendogli un ruolo centrale nel futuro assetto regionale.

Il primo alleato di Kim

La politica coreana di Mosca parte da lontano. Il ruolo marginale giocato nel fallimentare framework negoziale multilaterale dei ‘Six Party Talks tra il 2003 e il 2007, non ha impedito al Cremlino di consolidare le proprie relazioni bilaterali con Pyongyang. Ma è soprattutto con l’ascesa al potere di Kim Jong-Un nel 2011, che Mosca è stata capace di rafforzare i propri legami con la Corea del Nord. La penisola gioca, infatti, un ruolo cruciale nel cosiddetto vettore asiatico della politica estera russa e rappresenta un elemento centrale nella difficile partnership tra Russia e Cina. Anche se spesso sottovalutato dagli esperti, che vedono in Pechino il principale garante del regime nordcoreano, il ruolo e le ambizioni del Cremlino nella penisola sono aumentate negli ultimi anni. Non a caso, nell’elenco pubblicato regolarmente dall’agenzia stampa di regime di Pyongyang (KCNA), la Russia occupa ormai da tre anni il posto del principale alleato del paese.

Sopravvivenza del regime

Nonostante la retorica ufficiale, critica a riguardo delle ambizioni nucleari del regime nordcoreano, la Russia ha intensificato la sua presenza economica in Corea del Nord, riducendo l’isolamento di Kim Jong-Un e posizionandosi, conseguentemente, come interlocutore importante nel dialogo tra Seul, Pyongyang, Washington e Pechino.

Russia e Corea del Nord hanno sviluppato una significativa cooperazione in ambito infrastrutturale di cui i recenti accordi per lo sviluppo del collegamento ferroviario ‘Rajin-Hassan’, congelato dopo l’abbandono della Corea del Sud nel 2016, ne sono solo un esempio. Seguendo l’esempio di Pechino, inoltre, Mosca sta rafforzando i legami in ambito educativo, permettendo ad un numero crescente di ingegneri nordcoreani di ricevere fondi per studiare nelle università russe.

La Russia rappresenta anche un importante fonte per le rimesse dei lavoratori nordcoreani. Secondo alcuni dati sono oltre 10000 i nordcoreani che lavorano in Russia, rappresentando non solo manodopera a basso costo, ma anche un importante leva di pressione nelle mani di Mosca. Il recente accordo sul respingimento dei richiedenti asilo politico in Russia ha sancito un importante elemento politico, limitando il potenziale effetto destabilizzante per il regime di Kim Jong-Un.

Infine, ci sono il commercio e i rapporti energetici. Oltre a rappresentare un partner commerciale centrale per l’economia nordcoreana, la Russia, sfruttando l’altalena della tensione tra Pyongyang e Pechino, ha rafforzato anche la propria presenza nel settore energetico della penisola.

Nuovo ruolo per Mosca?

Sebbene la Cina rimanga l’attore centrale e il principale sponsor del regime nordcoreano, la Russia, sfruttando la complessa configurazione regionale, potrebbe ora ritagliarsi un ruolo significativo nello sviluppo della situazione della penisola. Il nuovo corso politico in Corea del Sud che sembra iniziato con la presidenza di Moon Jae-In, potrebbe aprire nuove opportunità anche per il Cremlino. Una distensione tra Seul e Mosca e, soprattutto, tra Seul e Pyongyang non solo aprirebbe nuove possibilità di cooperazione trilaterale in ambito economico, ma rafforzerebbe anche la posizione regionale di Mosca, sempre se la Russia si dovesse dimostrare effettivamente capace di condurre Pyongyang ad una politica più distensiva. Il futuro della penisola coreana potrebbe non dipendere solo da Pechino e Washington, come dimostrato dal serrato dialogo tra Russia e Cina durante i momenti più caldi della recente crisi nordcoreana.

Immagine: Greg Baker/AFP

Chi è Oleksiy Bondarenko

Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Ucraina, Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico più in generale. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in politiche comparate presso la University of Kent (UK) dove svolge anche il ruolo di Assistant lecturer. Il focus della sua ricerca è l’interazione tra federalismo e regionalismo in Russia. Per East Journal si occupa di Ucraina e Russia. Collabora anche con Osservatorio Balcani e Caucaso.

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