UZBEKISTAN: Diritti umani, libertà d'espressione e lavoro minorile. L'Unione Europea resta a guardare

di Pietro Acquistapace

In occasione dell’incontro, tenutosi a Tashkent il 23 e 24 giugno, tra funzionari EU e rappresentati del governo uzbeko Human Rights Watch pone all’attenzione dell’opinione pubblica come a tutt’oggi, nonostante i numerosi ammonimenti dell’EU, siano almeno 13 le persone detenute nel paese per la loro difesa dei diritti civili del popolo uzbeko.

Il caso più “scottante” è quello di Norboi Kholjigitov, imprigionato dal 2005 per il suo appoggio ai contadini della regione di Samarcanda contro l’espropriazione delle loro terre. Kholjigitov, appartente all’Human Rights Society of Uzbekistan (HRSU), è malato di diabete e le sue condizioni in carcere stanno progressivamente peggiorando rendendone la vita a rischio.

Questa è solo il caos più eclatante di una situazione che vede giornalisti e attivisti politici imprigionati come “estremisti” o “prigionieri religiosi”. Molti di loro hanno gravi problemi di salute a cause delle pessime condizioni delle carceri uzbeke e delle torture loro inflitte. Nonostante gli ammonimenti dell’Unione Europea il governo uzbeko prosegue nella sua intransigenza al punto che, come comunica HRW, continuano i fermi e gli arresti dei suoi attivisti come Abdullo Tojiboi-ugli fermato il 4 aprile per avere esortato i lavoratori del Kuilyuk bazaar al far rispettare i propri diritti.

La difesa dei diritti civili è in Uzbekistan un tema molto delicato, soprattutto alla luce del Partnership and Cooperation Agreement (PCA), approvato dall’Unione Europea in febbraio, che di fatto apre il mercato europeo al cotone uzbeko. Le proteste degli attivisti evidenziano come tale accordo, in un paese dove il 90% del cotone è lavorato a mano, porti conseguentemente ad un intensificarsi dello sfruttamento della manodopera minorile. Il problema è grave, al punto da portare Catherine Bearder, deputato inglese del Parlamento Europeo, a definire l’uso dei bambini uzbeki nella raccolta del cotone “lavori forzati su scala massiva”. Da parte del governo uzbeko non giungono certo segnali rassicuranti visto che è stato rifiutato il permesso all’ ILO (United Nation’s International Labor Organization) di monitorare il processo di raccolta del cotone.

La questione dei diritti umani in Uzbekistan resta quindi un tema cruciale, mostrando anche la debolezza dell’Unione incapace di far accreditare propri rappresentanti incaricati di monitorare un accordo già firmato. Una volta di più l’economia corre tropo veloce, noncurante del contesto in cui si muove e del rispetto dei diritti umani, cercando poi, inutilmente, di aggiustare le cose in corsa…

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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