UNGHERIA: Nuova barriera al confine con la Serbia

In questi giorni, il governo ungherese si è detto pronto a erigere una seconda barriera in filo spinato affinché il territorio magiaro non venga più attraversato da rotte migratorie destinate in Europa Occidentale.

Secondo quanto annunciato da János Lazár, capo gabinetto dell’esecutivo guidato da Viktor Orbán, i lavori verranno avviati già a partire da questa primavera, quando le condizioni meteorologiche renderanno più facili simili operazioni.

Lo stesso Lazár, in una conferenza stampa indetta il 23 febbraio scorso, ha poi specificato che la nuova barriera costituirà «una seconda linea difensiva» contro i flussi di migranti e richiedenti asilo che hanno continuato a «muoversi liberamente nel paese».

Una seconda linea difensiva

Dati alla mano, Lazár ha reso noto che l’opera avrà un costo complessivo di circa 38 miliardi di fiorini (131 milioni di dollari); la nuova barriera sorgerà lungo il confine meridionale ungherese, in prossimità del valico con la Serbia, e seguirà il corso della barriera già eretta negli anni passati nella medesima area.

Questo nuovo muro contenitivo in filo spinato lungo 110 miglia sarà poi affiancato da una struttura di prossima costruzione destinata ad accogliere 400 richiedenti asilo per volta in container situati in apposite zone di transito; al suo interno, verranno esaminate le domande di coloro i quali vorranno entrare nell’area danubiana.

Alcune cifre

Dall’inizio di quest’anno, il governo ungherese fa sapere che sono stati 1.142 i tentativi d’ingresso illegale in Ungheria attraverso la frontiera con la Serbia.

Lazár ha poi fatto sostenuto che, senza la costruzione di una seconda barriera, il numero di ingressi illegali nel paese potrebbe moltiplicarsi in maniera esponenziale.
Al riguardo, la BBC ha reso noto che sono 7.000 i richiedenti asilo attualmente in attesa in territorio serbo; un numero destinato ad aumentare, poiché le autorità ungheresi sembrano analizzare solo 5 richieste giornaliere per volta, rispetto alle 20 (poi ridotte a 10) dell’anno precedente.

Di questo passo, qualora non dovessero più sopraggiungere migranti al valico fra Serbia e Ungheria, i richiedenti presenti nell’area riuscirebbero a transitare completamente solo al termine del 2020.

Problemi organizzativi

Per avviare un simile progetto, il budget del Ministero degli Interni verrà incrementato di ulteriori 130 milioni di dollari, ma sono in molti a sollevare perplessità al riguardo.

In primo luogo, le obbligazioni sovrane ed estere, nel corso dell’amministrazione Orbán, hanno subito un rapido incremento, cosa che renderà difficile il procedimento di raccolta dei fondi necessari sul mercato dei bond.

Secondo, lo stesso governo ungherese, in passato, non ha mai nascosto le crescenti difficoltà nell’individuare personale idoneo a svolgere attività di pattugliamento al confine.

Nel 2015, era stata avviata la creazione di una forza di “cacciatori” lungo i confini nazionali, così da alleggerire i compiti di pattugliamento della polizia nazionale ma da allora sono stati più numerosi i moduli di reclutamento rifiutati rispetto a quelli correttamente evasi.

Nulla lascia immaginare che per questa seconda barriera il discorso possa subire gli opportuni correttivi.

La posizione ungherese nella UE

Ancora una volta, la posizione di Budapest in materia di richiedenti asilo ha generato una vasta eco di polemiche.

Gauri van Gulik, vicedirettore di Amnesty International Europa, ha così commentato la vicenda: «radunare tutti gli uomini, donne e bambini che cercano asilo e detenerli per mesi in un campo di container è un altro passo dell’Ungheria verso il fondo riguardo i rifugiati e i richiedenti asilo».

La risposta del Primo ministro ungherese può esser ritrovata nel suo discorso alla nazione del 10 febbraio, quando ha sostenuto che l’Europa Centrale si trova a guidare l’Occidente nella lotta contro un nugolo di minacce esterne, dai burocrati di Bruxelles ai globalisti; dai milioni di immigrati alla minaccia recata dal terrorismo.

Fonte immagine: l’Espresso.

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