ALBANIA: La riscossa del cinema nazionale

Quest’anno la Biennale de la Méditerranée, promossa da Bjcem, avrà luogo per la prima volta in Albania. La manifestazione si terrà dal 4 al 9 maggio e saranno coinvolte le città di Tirana e Durazzo, dove le performance artistiche saranno visibili fino al 28 dello stesso mese. La ministra della cultura, Mirela Kumbaro, ha espresso la propria soddisfazione di poter ospitare il festival in Albania, anche alla luce degli sforzi che il cinema albanese compie per cercare di far sentire la propria voce in campo artistico all’interno dei grandi scenari internazionali. In particolare la cinematografia albanese, che ha ricoperto un ruolo marginale per molti anni, ha oggi la volontà di emergere e di mostrare il proprio potenziale.

Gli albori del cinema albanese sono stati influenzati dalla scarsa attenzione governativa per il settore. Le prime produzioni cinematografiche degne di note risalgono agli anni ‘40. Si tratta perlopiù di documentari girati per lasciare una testimonianza, senza alcun fine estetico, finanziati spesso con capitali italiani. Solo negli anni ‘50 fanno la loro comparsa i primi film a soggetto, grazie al contributo di registi come Hysen Hakani, Dhimitër Anagnosti e Viktor Gjika. Le pellicole di questo periodo ruotano attorno a temi cari al comunismo: la lotta di classe, il potenziale rivoluzionario delle masse, la pericolosità del capitalismo. Sono tipici film ispirati al realismo del modello socialista, che lasciano ben poco spazio alla creatività artistica.

Il ventennio tra il 1970 e il 1980 fu un periodo florido per il cinema albanese, capace di catturare l’attenzione di un vasto pubblico. In questo periodo aumentò notevolmente la produzione cinematografica e salì vertiginosamente il numero di sale, grazie agli apprezzati lavori di Ibrahim Muçaj, Kristaq Mitro, Piro Milkani, Kujtim Çashku, Xhanfize Keko, Femi Hoshafi, Muharrem Fejzo, noti anche a livello internazionale. Così nel 1976 venne inaugurato il Festival del Film d’arte di Tirana, sopravvissuto fino ad oggi e ribattezzato Tirana Film Festival.

Dopo la caduta del regime, nei primi anni ‘90 il cinema perse nuovamente la prominenza ottenuta, anche a causa della crescente concorrenza delle produzioni televisive. Nonostante l’uscita di qualche film degno di nota, la prima parte degli anni ‘90 fu disastrosa per la cinematografia albanese. Molte sale vennero chiuse o trasformate in sala giochi.

Oggi la situazione è un po’ migliorata, ma rimane comunque critica. Il Qendra Kombëtare e Kinematografisë, nato nel 1997 dalle ceneri del Kinostudio Shqipëria e Re, rappresenta l’unica istituzione statale che si occupi di cinematografia, in grado di finanziare tre lungometraggi a soggetto all’anno. Nonostante l’impegno del Ministero della Cultura, da cui dipende l’ente, il budget rimane bassissimo. Così sempre più registi albanesi decidono di collaborare a produzioni estere.

Questa emigrazione artistica, benché motivata da questioni di ordine economico, permette di mostrare il vero volto dell’Albania e degli albanesi al mondo, secondo il regista Irvin Muçai, figlio del famoso regista Ibrahim. I registi emergenti presentano senza pudori la loro storia e la loro cultura, infrangendo così i pregiudizi che ancora gravitano attorno al paese. Proprio grazie a queste collaborazioni molti talenti sono riusciti a farsi conoscere. È il caso di Gjergj Xhuvani, premiato per la migliore sceneggiatura europea al Sundance Film Festival nel 2004 e candidato all‟Oscar per il miglior film straniero nel 2010 con East West East, una coproduzione italo-albanese. O Artan Minarolli, che con Alive, una coproduzione franco-albanese, ha ricevuto numerosi premi in festival minori in Europa.

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