Non solo Grecia, ma in Spagna gli indignados mandano all'ospedale i parlamentari

Il primo ministro greco, George Papandreu annuncerà nelle prossime ore il rimpasto di governo che poi sottoporrà a un voto di fiducia per sgomberare il campo da ulteriori ostacoli al passaggio del drastico programma di austerity messo a punto per scongiurare la bancarotta del Paese, o per portacelo dritto dritto. Pare che Papandreu sostituirà il suo ministro delle Finanze, l’artefice del piano di risanamento George Papaconstantinou.
Le contestazioni al piano di tagli, aumenti delle tasse di 28 miliardi di euro e privatizzazioni per 50 miliardi sono state negli ultimi giorni sempre più intense fuori e dentro il Parlamento di Atene. Le manifestazioni di ieri, tese a impedire l’accesso dei deputati in Parlamento proprio nel giorno in cui il contestato piano economico doveva esser votato, hanno registrato 13 feriti tra i manifestanti.

C’è invece chi all’ospedale ci manda i politici, sono gli “indignados” di Barcellona. Più di duemila hanno protestato contro i tagli al budget per istruzione e sanità cercando di impedire ai deputati di raggiungere il Parlamento catalano. Risultato: trentasei feriti e scene di guerriglia urbana, polizia in tenuta antisommossa chiamata a difendere i politici locali dalle aggressioni che, in verità, si sono limitate a lanci e spruzzi di vernice.

I primi scontri fra manifestanti, che gridavano ai deputati “non ci rappresentate“, e polizia si sono verificati in mattinata a calle Wellington, di fronte al Parlamento. Decine di manifestanti hanno costruito barricate precarie con i cassonetti, i Mossos di Esquadra – l’antisommossa locale – li hanno dispersi con candelotti lacrimogeni. Il presidente del Parlamento catalano, Artur Mas, ha dichiarato che la polizia poteva ricorrere all’uso “legittimo” della forza. Solito copione, la gente protesta e noi la bastoniamo.

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Da fonti di polizia, non confermate, pare che vari politici siano stati scherniti e almeno due di loro siano stati spruzzati di vernice. Altri deputati regionali hanno denunciato colpi, sputi, spruzzi d’acqua e di vernice. Altri ancora sono stati bersagliati da lattine di birra, bottigliette di plastica, uova, bucce di banana. La fitta sassaiola dell’ingiuria, che al posto dei sassi aveva frutta marcia e spruzzi d’acqua e vernice, ha costretto il presidente Artur Mas, il suo ministro degli interni Felip Puig, e la presidente del parlamento Nuria de Gispert, a farsi aviotrasportare in parlamento con un elicottero della polizia.

Già piovono critiche e biasimo per cotanta “violenza”. Artur Mas ha accusato gli indignados di avere “superato una linea rossa“, cercando di impedire ai rappresentanti del popolo di riunirsi, politici che “sono stati eletti da 3,2 milioni di cittadini”. Anche El Pais, che aveva salutato con entusiasmo la nascita del movimento 15M, ora ne prende le distanze: è stato passato, si legge nell’editoriale di oggi, il Rubicone che spinge la protesta legittima “verso una deriva anti democratica”.

In simili frangenti tornano alla mente le parole di Luigi Einaudi (docente di economia a Torino, poi Presidente della Repubblica dal 1948 al 1955) e del suo allievo Norberto Bobbio, che – da liberali – riconoscevano come l’essenza stessa della democrazia sia nella lotta. Una lotta fra istanze, gruppi, filosofie, idealità politiche, senza la quale il tessuto democratico sarebbe inerte e incapace di rinnovarsi. Naturalmente la lotta presuppone uno scontro, e l’agone può anche non essere quello metafisico del mondo intellettuale ma, più concretamente, le strade, le fabbriche, le piazze. Altrettanto naturalmente la violenza è da evitarsi, e quando Einaudi e Bobbio parlavano di violenza avevano in mente il fascismo mussoliniano. Chiamare “violenza” questa degli indignados pare, in buona fede, eccessivo. Sappiate però che chi scrive ha un passato come ladro d’auto.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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5 commenti

  1. …sopratutto è eccessivo che a parlare di violenza siano coloro che poi autorizzano le cariche ‘legittime’ della polizia e stan usando la crisi per imprimere svolte economiche autoritarie e emarginanti per molti che pagan la crisi al posto di quelli che l’han causata e ci han lucrato

  2. Che l’autore dell’articolo abbia un passato da ladro d’auto può interessare solo i proprietari derubati. Che si usino spruzzi di vernice, lattine, bottigliette di plastica, uova ricorda l’inizio della contestazione in Italia finita con diecine di morti.

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