Perchè l'ISIS compie attacchi (e li rivendica) in Turchia?

Perchè l’ISIS compie attacchi (e li rivendica) in Turchia?

Il recente attacco terroristico al club Reina di Istanbul è stato ufficialmente rivendicato dall’ISIS. Rivendicare un attentato in uno stato a maggioranza sunnita non è cosa scontata, e indica un cambiamento importante nei rapporti tra ISIS e Ankara. Pur essendo solo l’ultimo di una serie di sanguinosi attacchi subiti dalla Turchia nell’ultimo anno, la rivendicazione dello Stato Islamico sembra voler sancire la volontà di condurre una vera e propria ‘guerra’ contro Ankara.

Dall’ambiguità alla guerra aperta

Il 2016 è stato un anno contrassegnato da diversi attentati terroristici in Turchia: molti sono stati compiuti dal PKK, mentre altri, seppure non rivendicati, sono stati attribuiti allo Stato Islamico. Le mancate rivendicazioni dell’ISIS hanno fatto pensare ad un tentativo di mantenere un basso profilo in Turchia, al fine di non danneggiare irreparabilmente i rapporti con Ankara. Questa relazione, caratterizzata prima da grande ambiguità, con l’attentato del Reina sembra muovere verso una nuova stagione di aperta conflittualità sul territorio turco. Perché?

Il coinvolgimento turco in Siria

Gli ultimi attentati per mano dell’ISIS in Turchia sono la risposta ad un crescente e difforme coinvolgimento di Ankara nel conflitto siriano. L’inizio della guerra aveva visto combattere la Turchia in prima linea contro il presidente Bashar al- Assad: al fine di spodestarlo e di ingrossare le fila dell’opposizione, Ankara aveva finanziato i ribelli chiudendo un occhio sui foreign fighters, che passavano per la cosiddetta ‘autostrada della jihad’ al confine tra Siria e Turchia. Questa tattica aveva portato lo Stato Islamico ed Ankara a stabilire una reciproca tolleranza, trasformatasi nell’ultimo periodo in una crescente ostilità.

Un passaggio fondamentale nell’evoluzione di questo rapporto era stata la decisione di Ankara di entrare in Siria la scorsa estate: l’esercito turco aveva riconquistato diverse città in mano ai curdi e allo Stato Islamico, indebolendo radicalmente le posizioni di quest’ultimo. La lotta per la conquista di Al-Bab è ancora in corso, ed è anche alla luce di questa estenuante battaglia che bisogna leggere la recente diffusione del video dello Stato Islamico dove due soldati turchi venivano bruciati vivi. Se nella prima fase del conflitto siriano la Turchia si era limitata ad infastidire l’ISIS ed a concentrarsi più che altro sui curdi, le azioni recenti risultano essere decisamente più convinte, ed hanno condotto ad una progressiva riformulazione dei rapporti con l’ISIS, culminata nell’accordo del 28 dicembre stipulato con Russia ed Iran.

La Turchia come terra di espansione per l’ISIS

La questione siriana si accompagna alla confusa situazione interna in Turchia, che pone le basi adatte per la sequela di attentati compiuti dall’ISIS. A seguito del fallito colpo di stato, il presidente Erdogan aveva rimosso circa 8.000 agenti, di fatto indebolendo la sicurezza del paese e facilitando i movimenti dei jihadisti in Turchia. Questi sono numericamente molto presenti nella zona, dove lo Stato Islamico in questi anni è stato in grado di reclutarne un gran numero e di distribuirli in diverse cellule su tutto il territorio. Grazie alla posizione geografica strategica ed al tessuto sociale, la Turchia è infatti sempre stata vista dall’ISIS come potenziale luogo di espansione, reclutamento e organizzazione logistica.

Questi fattori di politica estera ed interna sono alla base degli attacchi che la Turchia subisce per mano dell’ISIS. Ad oggi infatti, il presidente Erdogan si ritrova con un paese debole soprattutto sul fronte interno: qui la disomogeneità sociale ed il caos post–coup favoriscono le ritorsioni omicide dello Stato Islamico, che in Turchia agisce sia approfittando della sua debolezza, che, principalmente, reagendo ai continui stravolgimenti che si verificano sullo scacchiere siriano.

Chi è Irene Vlad

Irene Vlad studia Arabo e Storia a Berlino, dove collabora con centri di accoglienza per rifugiati. In particolare si occupa di storia del Medio Oriente e delle migrazioni, con un forte interesse per le diverse forme dell'urbano. Per East Journal si occupa di Medio Oriente.

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