Si è chiuso con il ritiro delle accuse di propaganda terrorista il processo a carico di Deniz Naki, il calciatore curdo-alevita dell’Amedspor di Diyarbakır che era finito nel mirino delle autorità turche per i contenuti da lui pubblicati sui propri canali social. Naki si è dovuto difendere dalle accuse di fronte alla corte di Diyarbakır e rischiava una pena fino a cinque anni di reclusione.
Deniz Naki era stato accusato per sette pubblicazioni sui suoi canali media in cui, secondo i Procuratori di Stato, aveva «incitato all’odio e all’ostilità verso un gruppo da parte di un altro gruppo che è portatore di diverse caratteristiche per via della propria provenienza, per minare la fiducia dei locali nella Repubblica Turca e fare apertamente propaganda per l’organizzazione terrorista PKK/KCK».
Naki, che ha tatuate sulle braccia la parola Azadi (“Libertà”) e Dersim 62 (l’antico nome curdo della città d’origine della sua famiglia e il suo numero di targa, che è anche il suo numero di maglia all’Amedspor), lo scorso anno era stato squalificato per 12 settimane per uno di questi messaggi, in cui aveva dedicato un’importante vittoria in Coppa di Turchia a «coloro che hanno perso la vita e ai feriti durante la repressione nella nostra terra che va avanti da più di 50 giorni». Nella stagione in corso ha già segnato 6 gol in 12 partite. Lo scorso anno l’Amedspor era stato protagonista di una lunga cavalcata in Coppa di Turchia, costellata di episodi controversi, tra cui un raid delle forze dell’ordine turche presso il quartier generale della squadra.
Al processo ha partecipato anche un osservatore dell’Ambasciata tedesca ad Ankara, dal momento che Deniz Naki è di cittadinanza tedesca, essendo nato a Düren da genitori curdo-aleviti. Anche due deputati della sinistra tedesca, Cansu Özdemir e Jan van Aken, si sono diretti a Diyarbakır per solidarietà con il giocatore. Van Aken ha consegnato inoltre al giocatore una maglia del St.Pauli firmata da tutti i giocatori: la squadra, dove Naki aveva giocato tra il 2009 e il 2012, si era spesa per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della causa del proprio ex giocatore.
Naki si è difeso, sostenendo: «Nei miei messaggi chiedevo solo pace, ero contro il fatto che venissero uccise delle persone». Secondo l’avvocato Soran Haldi Mızrak, «in nessun modo Deniz Naki ha fatto dichiarazioni che chiedessero violenza o anche solo la evocassero. La corte è dello stesso nostro parere, visto che è stato assolto». Secondo Bild, citato dalla BBC, l’udienza è durata soltanto 35 minuti, ed è stata chiusa su proposta dello stesso Procuratore di Stato.
Poco prima del processo, Naki aveva rilasciato un’intervista a Tagesschau, dichiarando: «Temo il peggio, da uno a cinque anni di carcere. In precedenza, in Germania, ho sognato. In Turchia no. Qui non si può sognare». Nonostante le sue paure, Naki non ha mai voluto lasciare la Turchia fin quando ne ha avuto l’opportunità: «Sono nel giusto e non ho fatto nulla di male. Pertanto, non vedo alcuna ragione per lasciare il paese». Il giocatore, assolto ieri, ha potuto celebrare la sua assoluzione segnando la terza rete della vittoria 3-0 dell’Amedspor contro il Bucaspor, in una gara che conferma il primo posto nella graduatoria della terza divisione turca per la squadra curda.
Foto: Deniz Naki official (Facebook)