SERBIA: Perché i nazionalisti sostengono Donald Trump

Da BELGRADO – La corsa per la poltrona presidenziale statunitense tra il candidato democratico Hillary Clinton e quello repubblicano Donald Trump è caratterizzata da un acceso dibattito che, come è giusto che sia, si gioca molto sulle questioni di politica estera.

Il settimanale serbo Nedeljnik, inoltre, avrebbe pubblicato un’intervista (che poi è stata accusata di essere un falso) in cui Donald Trump si sarebbe scusato con il popolo serbo, dichiarando “bombardare i serbi, che sono stati nostri alleati in entrambe le guerre mondiali, è stato un grosso errore. I serbi sono ottime persone. Purtroppo, l’amministrazione Clinton arrecò loro molti guai, così come a tutta la regione, dalla quale è nato il caos.”
L’ufficio stampa di Trump ha poi smentito che il candidato abbia rilasciato tale dichiarazione, ma resta comunque interessante capire perché un settimanale si sarebbe dovuto inventare tale intervista. Ovvero, perché tale affermazione sarebbe stata cara al pubblico, ma soprattutto ad alcuni politici, in Serbia?

Amicizia o convenienza politica?

Le scuse di Donald Trump circa i bombardamenti NATO del 1999 non avrebbero comunque dovuto illudere circa un’innata simpatia dell’imprenditore americano nei confronti del popolo serbo, ma si giustificherebbero con considerazioni di carattere geopolitico.
Innanzitutto, si tratta di una questione di politica estera. Trump ha infatti più volte dichiarato di voler restaurare del tutto le relazioni tra Stati Uniti e Russia, partendo da una maggiore collaborazione militare in funzione anti ISIS, arrivando persino ad ipotizzare di riconoscere l’annessione russa della Crimea.

In merito all’Europa orientale, il candidato repubblicano ritiene che i membri NATO in est Europa debbano investire di più nel settore militare se pretendono di essere difesi dagli Stati Uniti; mentre per quanto riguarda i paesi dell’Estremo Oriente, Trump vorrebbe ridimensionare le spese militari americane relative alla partnership con Giappone e Corea del Sud. Di conseguenza, non deve stupire come il Cremlino e i media russi filo-governativi sostengano la candidatura di Donald Trump alla Casa Bianca, dal momento che questa consentirebbe maggiori margini di manovra alla Russia, sia nella questione siriana, che nel proprio vicinato. Dal canto suo, Vladimir Putin conosce bene l’approccio di Hillary Clinton in politica estera, in particolare sulla questione siriana, da quando questa era Segretario di Stato e sa bene che un suo insediamento rappresenterebbe un ostacolo all’intervento russo in Siria al fianco del presidente Assad.

A fronte di queste considerazioni le dichiarazioni amichevoli di Trump verso la Serbia risulterebbero più che verosimili. A queste va inoltre aggiunta l’intenzione di Mosca di giocare un ruolo sempre più influente nella regione balcanica.

La popolarità di Trump

Quando lo scorso 16 agosto il vicepresidente statunitense Joe Biden si recò in visita ufficiale a Belgrado venne accolto con gli onori di casa da parte del primo ministro Aleksandar Vučić. Tuttavia, in contemporanea alla visita presso il palazzo governativo di Novi Beograd, il partito radicale di Vojislav Šešelj organizzava in centro un meeting di partito molto partecipato, che aveva due obiettivi: criticare le relazioni del governo con “il criminale Biden” e sostenere con forza la candidatura di Donald Trump.

Le ragioni della popolarità di Trump tra i nazionalisti serbi si giustificano anche in questo caso passando per Mosca. Il partito radicale serbo ha infatti fatto del “grande fratello russo” il principale punto di riferimento in politica estera del proprio programma elettorale.
Secondo Šešelj, Donald Trump rappresenta la giusta alternativa per il popolo americano, in quanto offre “speranze e prospettive nuove”. Anche il leader radicale sostiene che “Trump si è scusato per il bombardamento” e che egli ora è un amico del popolo serbo. Per questi motivi, Šešelj ha invitato la diaspora serba presente negli Stati Uniti a votare per il candidato repubblicano, “per il bene e per il futuro della Serbia”.
Tra le altre cose, i radicali probabilmente sperano che un eventuale riavvicinamento tra Washington e Mosca possa giovare alla causa del Kosovo.

Qualora Donald Trump dovesse diventare il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America, sarà interessante analizzare come questi riuscirà a rafforzare i legami con Belgrado, e allo stesso tempo ristabilire del tutto, come dice di voler fare, i rapporti con Mosca, considerate le influenze russe nella regione balcanica.
Dal canto suo, in questa eventualità, la politica estera serba si farebbe ulteriormente interessante, per via del suo continuo oscillare tra l’alleanza politica con la Russia e il consolidamento della partnership commerciale con l’Occidente.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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