TURCHIA: Un mese di Binali Yıldırım

TURCHIA: Un mese di Binali Yıldırım, premier “fantoccio” di Erdogan?

Da un mese ad Ankara si è insediato il nuovo governo presieduto da Binali Yıldırım. La sua nomina fa seguito alle dimissioni di Ahmet Davutoğlu, arrivate all’apice di una lunga fase di incomprensioni con il presidente Erdoğan. Molti analisti hanno descritto Yıldırım come un ‘personaggio fantoccio’, ‘ai servigi del sultanato’. Tuttavia il suo avvento assume una certa rilevanza, sia sul piano interno che su quello esterno. Due temi fondamentali emergono dai suoi primi discorsi, ed entrambi esprimono la strategia della Turchia per uscire dall’impasse nella quale versa da più di tre anni: il passaggio al presidenzialismo e una ‘nuova’ retorica sulla politica estera.

Una nuova costituzione

Che già da tempo Erdoğan coltivasse il progetto di una repubblica presidenziale, con un forte accentramento dei poteri, è fatto noto. Modificare la costituzione in senso presidenziale significa canonizzare una situazione che de facto è già avvenuta. Ed è proprio per concretizzare questo passaggio che Erdoğan ha costretto Davutoğlu alle dimissioni, sostituendo quest’ultimo con il più fedele Yıldırım, comoda pedina nella partita costituzionale. Lo stesso Yıldırım, durante il convegno del 22 maggio, ha affermato che la questione della modifica costituzionale è di primaria importanza, e che il suo compito sarà quello di coadiuvare il presidente in questo passaggio.

Le dimissioni di Davutoğlu si possono quindi leggere come il tentativo, da parte di Erdoğan, di liberarsi di figure scomode, capaci di ostacolare la sua corsa a capo assoluto della repubblica turca. L’ex primo ministro, infatti, si era progressivamente mostrato ostile al capo di Stato: rispetto alla questione del presidenzialismo e su una serie di controversie che vi sono collegate: tra le altre, i rapporti con l’Ue e la repressione di accademici e giornalisti.

Zero problemi con i vicini

Oltre ad aver ammesso di avere un ruolo conciliante nei confronti della linea di Erdoğan per quanto riguarda le questioni di politica interna, Yıldırım ha anche parlato di politica estera: ha affermato la necessità di ristabilire rapporti sereni con ‘i vicini’ riferendosi ai rapporti con Egitto, Russia, Siria ed Israele. Con questo discorso, Yıldırım ha definitivamente sancito il fallimento della recente politica estera turca: ad oggi Ankara è più isolata che mai e, ironicamente, la politica del zero problemi con i vicini sembra essersi trasformata in una situazione di ‘problemi con tutti i vicini’.

Lo slogan ‘Zero problemi con i vicini’ lanciato da Erdoğan e Davutoğlu mirava a trasformare la Turchia in potenza regionale assoluta, rendendola mediatrice sullo scacchiere dei conflitti mediorientali. Le recenti tensioni interne e il rifiuto di trovare una soluzione ragionevole per la questione PKK, tuttavia, hanno contribuito allo sfacelo delle sue relazioni internazionali. La relazione con la Siria rappresenta il fulcro di tutti i problemi: Erdoğan si è lanciato in una rischiosa politica settaria sostenendo i ribelli sunniti per rovesciare il governo ed instaurarne uno amico di Ankara.

Tuttavia la politica turca di incoraggiamento ai foreign fighters diretti verso tutte le forze armate in Siria ha contribuito ad esacerbare i rapporti con le potenze occidentali e ha danneggiato profondamente i rapporti con la Russia alleata di Assad. L’apice della tensione si è avuto nel novembre 2015 con l’abbattimento del caccia russo; l’episodio ha sancito definitivamente il conflitto d’interessi sulla zona e il consequenziale gelo diplomatico fra i due paesi.

Le prossime mosse di Yıldırım

In che modo Erdoğan e Yıldırım ristabiliranno buoni rapporti con i paesi vicini? A parte un recente riavvicinamento ad Israele (dopo la crisi diplomatica sulla Mavi Marmara), i rapporti con la Russia rimangono gelidi e la costruzione di una nuova politica in Siria è affare complesso. Una delle opzioni per instaurare relazioni amichevoli con Damasco potrebbe riguardare la questione curda. L’ascesa dell’YPG/PYD costituisce infatti una preoccupazione comune, e diversi analisti sostengono la possibilità che questo argomento rappresenti il potenziale ‘collante’ tra i due leader.

Chi è Irene Vlad

Irene Vlad studia Arabo e Storia a Berlino, dove collabora con centri di accoglienza per rifugiati. In particolare si occupa di storia del Medio Oriente e delle migrazioni, con un forte interesse per le diverse forme dell'urbano. Per East Journal si occupa di Medio Oriente.

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