L’aviazione turca ha abbattuto un caccia russo vicino al confine con la Siria. Secondo Ankara l’aereo da guerra sarebbe stato avvertito più volte a causa di ripetuti sconfinamenti nello spazio aereo turco. Il ministero della Difesa russo sostiene invece di avere le prove che il suo caccia sia rimasto all’interno del territorio siriano.
L’incidente è avvenuto la mattina del 24 novembre in una zona montuosa a cavallo fra la provincia siriana di Latakia e quella turca di Hatay. L’area è colpita dai bombardamenti russi da settimane, nel tentativo di far arretrare le milizie ribelli e garantire la sicurezza della costa. Secondo la ricostruzione fornita dalla Turchia, l’aereo russo avrebbe ripetutamente ignorato gli avvertimenti. Due F-16 di Ankara si sarebbero quindi alzati in volo per intercettare e abbattere il velivolo, che l’agenzia russa Interfax ha confermato essere un Sukhoi-24.
Alcuni filmati diffusi in rete mostrano un caccia in caduta libera con un evidente incendio a bordo. I due piloti del caccia avrebbero attivato il meccanismo di espulsione in tempo. Tuttavia la loro sorte rimane incerta. Secondo alcune fonti uno dei due piloti sarebbe stato rinvenuto già morto a terra da alcune milizie ribelli, mentre il secondo sarebbe stato catturato dalle brigate turcomanne attive nell’area. Sono stati avvistati elicotteri russi alla ricerca dei due piloti. Le operazioni di soccorso potrebbero venire ostacolate dai ribelli, in possesso di armi capaci di abbattere velivoli a bassa quota.
L’abbattimento del jet russo ha scatenato immediate reazioni dall’una e dall’altra parte. Il presidente turco Erdogan ha ribadito le accuse alla Russia ed è in stretto contatto con i vertici NATO. Il segretario Stoltenberg e Obama hanno espresso solidarietà alla Turchia, ma il presidente Usa ha sottolineato la necessità di evitare inutili escalation.
Il presidente russo Putin ha mantenuto il punto bollando l’azione della Turchia come “una pugnalata alla schiena” e affermando che l’aereo è stato abbattuto mentre si trovava nello spazio aereo siriano, a 1 km dal confine turco, e stava facendo ritorno alla base di Hmeymim senza rappresentare una minaccia per Ankara. Poi è passato all’attacco, ricordando il ruolo opaco della Turchia nei confronti dell’Isis, in particolare riguardo al contrabbando di petrolio. Tutto ciò avrà “serie conseguenze sulle relazioni fra Russia e Turchia”, ha concluso. Il ministro degli Esteri Lavrov ha annullato il viaggio in Turchia che era in programma nei prossimi giorni, proprio per fare il punto sulla situazione in Siria. Il primo ministro Medvedev ha ipotizzato di congelare i rapporti economici con Ankara, chiudendo il mercato russo alle compagnie turche.
Nei giorni scorsi la Turchia aveva già avvertito la Russia di interrompere i bombardamenti su alcune milizie ribelli, formate principalmente da turcomanni e supportate da Ankara. Nel tentativo di far sentire la propria voce, aveva anche richiesto per questa settimana una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Inoltre le autorità turche avevano convocato l’ambasciatore russo per protestare contro i bombardamenti sulla zona nota come Jabal al-Turkman o “Montagna dei turcomanni”, la stessa dove è stato abbattuto il jet di Mosca (guarda la mappa). Lì negli ultimi giorni la Russia aveva intensificato i bombardamenti, costringendo alcune migliaia di turcomanni a lasciare i propri villaggi e a cercare rifugio nella vicina Turchia.
Russia e Turchia hanno interessi contrastanti in Siria, e in particolare nella zona di confine dove è stato abbattuto il jet. Mosca è intervenuta apertamente a fianco del presidente siriano Bashar al-Assad il 30 settembre scorso, dando il via a una campagna di bombardamenti aerei di intensità crescente. Nel mirino dei caccia russi sono finite soprattutto le milizie anti-Assad che combattono a ridosso del confine turco-siriano. Alcune di queste sono appoggiate dalla Turchia, che da anni tenta di ottenere una “safe zone” fra Aleppo e l’Eufrate per avere voce in capitolo nel futuro assetto della Siria.
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Mappa: New York Times
Credo che sia necessaria una considerazione di fondo: Putin è entrato a gamba tesa in una situazione di “tutti contro tutti” all’unico scopo di sostenere il traballante regime di Assad. La situazione assomiglia all’intervento militare usa a sostegno del regime di Saigon negli anni ’60… e credo avrà la stesso sorte.