UNGHERIA: Grandi movimenti nell’opposizione a Orbán

In Ungheria le elezioni politiche si terranno appena nel 2018 ma movimenti e cambiamenti nei partiti dell’opposizione sono già iniziati per quella che senza ombra di dubbio sarà una tornata elettorale molto meno scontata delle due precedenti. Le opposizioni contano, o almeno sperano, di poter giocare un ruolo di rilievo e magari anche vincere la posta in palio. Rimangono però due problemi di non facile soluzione. La nuova legge elettorale, senza doppio turno, favorisce il partito con più voti, per ora stabilmente il Fidesz. La frammentazione delle opposizioni, e soprattutto la divisione tra sinistra e destra radicale rende difficile ipotizzare una possibile collaborazione, anche se alcuni segnali, per ora minimali, sembrano far intuire che qualcosa si stia muovendo. Nelle ultime settimane due partiti importanti come Jobbik (destra radicale) e LMP (verdi) hanno vissuto importanti mutamenti. Sono partiti importanti perchè sono quelli più votati fra i giovani ma sono anche quelli che si ergono nella lotta contro la corruzione e il sistema di potere, sia dell’epoca di Orbán che di quella dei socialisti.

LMP, la politica può essere differente, o forse poteva

Il partito verde ungherese è sempre riuscito a superare lo sbarramento elettorale ma non è mai riuscito a sfondare nell’elettorato, se non a Budapest. Ha vissuto anni travagliati con numerose scissioni e pressioni dovute alla costante ricerca di un’indipendenza che non l’ha mai portato a stringere alleanze con partiti di centro-sinistra. Principale fautore di questa linea è, o meglio era, András Schiffer. Leader del movimento ambientalista dalle grandi capacità intellettuali e infaticabile costruttore di un’alternativa verde in Ungheria.

Il 31 maggio in una lunga intervista ha annunciato che lascerà la politica, dopo essersi seduto per 6 anni in parlamento dove è stato uno dei deputati più prolifici delle ultime due legislature. Schiffer ha dichiarato di lasciare perchè il Parlamento ha perso importanza politica e di dibattito, ma soprattutto perchè si sente responsabile del mancato radicamento del partito fuori della capitale. “Quello che si poteva fare come partito LMP lo ha fatto, ma c’è molto che un partito non può fare, per me vedo ora questo obiettivo” ha dichiarato riferendosi alla volontà di continuare a lavorare all’interno della società civile per un’alternativa ambientale e di critica alla globalizzazione. Schiffer è un personaggio importante perchè è riuscito a coagulare nel proprio progetto politico nato nel 2009 un’energia anti-establishment e innovativa che era ancora debole e non aveva referenti nel paese. Al leader dei verdi non sono mancate prese di posizioni forti come ad esempio quando qualche mese fa aveva fatto autocritica sulle posizioni assunte dal partito nell’estate 2015 sulla questione dei migranti: “Non avevamo compreso la situazione” ha dichiarato, sottolineando la differenza tra i movimenti migratori ed i profughi del XX secolo e quelli di oggi, ribadendo però la propria differenza rispetto al pensiero di Orbán, ma evidenziando come il sistema delle quote europee non funzionerà e di come l’UE non sarà in grado di integrare i migranti. Nelle migrazioni di oggi Schiffer non vede un rischio di islamizzazione, quanto piuttosto una uniformalizzazione globale ugualmente pericolosa e da fermare.

L’addio di Schiffer, che continuerà però a supportare il partito, è stato accolto come un fulmine a ciel sereno. Baluardo dell’indipendenza del partito era stato accusato dai partiti della sinistra di aver favorito con il suo atteggiamento il Fidesz, ma ora che mancherà la sua figura LMP potrebbe non essere in grado di reggere le pressioni politiche per entrare in una coalizione anti-Orbán. Pressioni che nel 2012 spaccarono il gruppo dirigente e diedero vita alla scissione di PM. Il futuro dei verdi magiari si deciderà nei prossimi due anni.

JOBBIK, da destra radicale a destra solamente?

Anche a destra del Fidesz si notano importanti movimenti, lo Jobbik partito della destra radicale ungherese ha tenuto a Budapest il 29 maggio il Congresso “del rinnovamento”; Congresso che ha sancito il trionfo della linea “moderata e governista” intrapresa dal leader Gábor Vona e sostenuta in forza dal responsabile esteri Márton Gyöngyösi. Il partito già da mesi ha avviato una riflessione interna che ha l’obiettivo di rendere più appetibile lo Jobbik all’elettorato della destra moderata in maniera da insidiare la posizione del Fidesz. Alle ultime elezioni Vona non aveva nascosto l’intento di diventare primo partito, obiettivo non concretizzatosi ed anzi diventato ancora più difficile dopo il rafforzamento del Fidesz. Ora, per le elezioni del 2018, Vona, dopo i numerosi proclami, non può permettersi di confermare i voti ottenuti senza un consistente avanzamento, sarebbe una sconfitta che metterebbe a rischio la sua posizione. Per questo già da molti mesi una parte della dirigenza del partito ha iniziato un processo che vuole portare lo Jobbik a presentarsi come alternativa valida di governo e non solo come voto di protesta di ampi settori sociali ed espressione delle frange della destra neo-fascista. Questa “ricollocazione” dal punto di vista politico è fortemente influenzata anche dal nuovo ruolo che i mass-media di Simicska stanno iniziando a manifestare nei confronti del Fidesz. Jobbik che nella versione radicale ha sempre contestato il magnate ungherese quando era vicino al Fidesz ora potrebbe godere di maggior spazio negli organi di informazioni grazie alla rottura tra Simicska e Orbán. Ma questo è possibile solamente con la marginalizzazione dei radicali presenti nel partito che non ne vogliono sapere né di presentare lo Jobbik in versione più moderata, né di “collaborare” con Simicska. Questi sono alcuni dei motivi che hanno portato all’allontanamento dalla dirigenza del partito degli esponenti radicali, fra cui il più conosciuto è Novák, entrato in rotta di collisione con Vona.

Conclusioni

I cambiamenti all’interno di LMP e Jobbik indicano come le opposizioni a Orbán si stiano ridefinendo in vista dell’appuntamento elettorale del 2018. Una ridefinizione che ha già coinvolto anche i socialisti con il congresso del 2015 incentrato sul „rinnovamento“, almeno presunto, visto che il partito dal 2010 cerca di mostrarsi diverso da quello della grande crisi morale del 2006-2010. La società ungherese è quindi in fermento ma non solo nel campo politico, anche nella società civile e nei mass-media negli ultimi mesi sono avvenuti importanti mutamenti. La società civile è sempre più polarizzata e interconnessa con le forze politiche. Il governo favorisce associazioni, istituzioni e sindacati a lui fedeli mentre penalizza gli altri; parimenti anche importanti poteri economici, spesso grazie a finanziatori stranieri (come ad esempio Soros), cercano attraverso la società civile di influenzare movimenti politici per raggiungere i propri obiettivi. Alcuni commentatori politici vicini al Fidesz non hanno esitato a definire questi movimenti come un piano preordinato da parte di Soros per riuscire a formare se non una coalizione, almeno un patto di desistenza fra le forze della sinistra e della destra contro Orbán, unica possibilità per insediare il governo del Fidesz. In Ungheria i prossimi due anni, in attesa delle elezioni, sembra che si presenteranno all’insegna della vivacità politica.

Chi è Aron Coceancig

nato a Cormons-Krmin (GO) nel 1981. Nel 2014 ho conseguito all'Università di Modena e Reggio Emilia il Ph.D. in Storia dell'Europa orientale. In particolare mi interesso di minoranze e storia dell'Europa centrale. Collaboro con il Centro Studi Adria-Danubia e l'Istituto per gli incontri Culturali Mitteleuropei.

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