GEORGIA: Esercitazioni NATO tra le proteste della Russia

A partire dallo scorso 11 maggio, presso la base militare di Vaziani, alle porte della capitale Tbilisi, l’esercito georgiano ha avviato una serie di esercitazioni militari congiunte con soldati provenienti dagli Stati Uniti e dal Regno Unito. Questa iniziativa è stata organizzata sotto l’egida della NATO, che mira a rafforzare il livello di preparazione delle truppe georgiane affinché esse possano in futuro essere coinvolte nelle attività della NATO Response Force, la forza di risposta rapida dell’Alleanza atlantica.

L’esercitazione, che andrà avanti fino al 26 maggio, si chiama “Noble Partner 2016“, e vede la partecipazione di 500 soldati georgiani, 650 americani e 150 britannici. Per rendere possibili queste esercitazioni la NATO ha dovuto spedire nel paese caucasico diversi mezzi militari, tra cui carri armati e blindati, nonché la propria armatura pesante; il tutto inviato dalla Bulgaria attraverso il Mar Nero fino al porto georgiano di Poti. Secondo quanto affermato dal ministro della Difesa della Georgia Tina Khidasheli, si tratta della più importante esercitazione militare mai organizzata dalla Georgia al fianco dei propri alleati occidentali.

Nel corso della cerimonia che ha dato il via alle esercitazioni congiunte, il presidente georgiano Giorgi Margvelashvili ha dichiarato con convinzione che il paese caucasico entrerà presto nella NATO, come molti georgiani sperano, al fine di avere “un mondo più stabile e pacifico”. Riguardo al processo d’integrazione della Georgia nella NATO, a dire il vero, da un po’ di tempo non si registrano però grandi progressi. Nel corso dell’ultimo summit dei ministri degli Esteri della NATO, svoltosi a Bruxelles lo scorso dicembre, si è parlato sì di allargamento, con l’annuncio dell’ingresso del Montenegro nell’Alleanza, ma riguardo all’adesione della Georgia non si sono verificati passi in avanti.

Il processo di integrazione euro-atlantica della Georgia, intensificatosi particolarmente negli anni di presidenza di Saakashvili, si è interrotto bruscamente in seguito alla guerra in Ossezia del Sud scoppiata nel 2008, proprio pochi mesi dopo il summit NATO di Bucarest che aveva visto la mancata assegnazione del MAP (Membership Action Plan) alla Georgia, in seguito all’opposizione di Francia e Germania, che temevano una reazione russa – poi effettivamente verificatasi.

L’intervento russo in Ossezia del Sud, terminato con una controffensiva che ha visto l’invasione di buona parte del territorio georgiano, è stato un chiaro messaggio che Mosca ha voluto inviare alla NATO, facendo capire come la presenza dell’Alleanza atlantica nello spazio post-sovietico non sia tollerata dal Cremlino. Da allora, a causa di questo ingombrante precedente, il processo di integrazione della Georgia nella NATO è andato avanti a rilento, con mille difficoltà, anche se alcuni passi in avanti sono stati comunque fatti, come dimostra l’apertura lo scorso settembre di un centro di addestramento congiunto a Krstanisi, alle porte di Tbilisi.

Come era prevedibile, l’avvio delle esercitazioni militari congiunte con americani e britannici ha fatto innervosire la Russia, che attualmente continua a mantenere una notevole presenza militare sia in Abkhazia che in Ossezia del Sud, le due regioni separatesi dalla Georgia all’inizio degli anni Novanta che hanno ottenuto nel 2008 il riconoscimento di Mosca; principale motivo per cui Tbilisi si rifiuta di ripristinare alcun tipo di relazione con il Cremlino. Attraverso il Dipartimento di Informazione e Stampa del Ministero degli affari Esteri, la Russia ha criticato la presenza di truppe NATO all’interno del territorio georgiano, definendo questa iniziativa come “un passo provocatorio mirato a creare un’escalation della situazione politico-militare della regione del Caucaso meridionale”.

In risposta alle accuse del Cremlino, la Georgia ha ricordato come in qualità di paese indipendente e sovrano ha il pieno diritto di scegliere i propri partner militari nonché di svolgere qualsiasi tipo di esercitazione sul proprio territorio. Il Ministero degli Esteri della Georgia ha comunque provato a rassicurare Mosca, affermando che le esercitazioni non sono state pensate in funzione anti-russa, ma fanno parte del normale processo di cooperazione con la NATO che Tbilisi porta avanti da anni, aggiungendo infine che il principale interesse della Georgia è preservare la stabilità della regione, cercando di risolvere i conflitti attualmente in corso attraverso vie esclusivamente pacifiche.

Una volta completate le esercitazioni congiunte organizzate dalla NATO, la Georgia dovrebbe inoltre avere in programma l’avvio di una seconda fase di esercitazioni, questa volta con Azerbaigian e Turchia, importanti partner in chiave regionale. Questa decisione è stata presa in seguito ad un incontro tra i ministri della Difesa dei tre paesi avvenuto recentemente a Qabala, in Azerbaigian. La notizia è stata diffusa dal ministro della Difesa azerbaigiano Zakir Hasanov, che oltre a una maggiore collaborazione nel settore militare ha annunciato anche un aumento della cooperazione nel settore della sicurezza informatica e nella protezione di infrastrutture come gasdotti e oleodotti.

Riguardo a quest’ultimo punto bisogna ricordare infatti che attraverso questi tre paesi passano condotti di fondamentale importanza strategica come l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan o il gasdotto Baku-Tbilisi-Erzurum, che riforniscono di materia prima diversi mercati occidentali e che risultano fondamentali per i piani di diversificazione dell’approvvigionamento energetico dell’Unione Europea, che da tempo cerca fornitori alternativi a Mosca. Hasanov ha infine affermato che Azerbaigian, Turchia e Georgia intendono firmare un memorandum d’intesa per quanto riguarda il settore della difesa, aumentando la collaborazione reciproca in questo ambito.

Foto: Embassy of the United States in Georgia

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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