GEORGIA: Inaugurato centro di addestramento NATO, la Russia protesta

Il segretario generale della NATO, il norvegese Jens Stoltenberg, ha inaugurato pochi giorni fa in Georgia un nuovo centro di addestramento e valutazione congiunto presso la base militare di Krtsanisi, circa 20 km a sud della capitale Tbilisi. Alla cerimonia erano presenti tutte le più alte cariche del paese, dal presidente Giorgi Margvelashvili al primo ministro Irakli Garibashvili. Secondo quanto affermato da Stoltenberg in occasione della cerimonia d’inaugurazione, “questo centro è un contributo in più della Georgia alla sicurezza regionale e internazionale”, aggiungendo inoltre che questa inaugurazione ha sancito l’apertura di un nuovo capitolo della collaborazione tra Georgia e NATO, con la Georgia che sarà più compatibile con la l’Alleanza atlantica e la NATO più presente nel paese caucasico. A prendere la parola è stato poi anche Garibashvili, il quale ha garantito che il nuovo centro aumenterà la stabilità regionale, e che la sua istituzione non è stata decisa in funzione di eventuali minacce provenienti da paesi limitrofi (leggere Russia).

Dopo l’apertura del centro di addestramento congiunto a Krtsanisi, la Georgia spera a questo punto che nel prossimo luglio la NATO approvi finalmente un piano d’azione per il suo ingresso nell’Alleanza (MAP, Membership Action Plan), una sorta di pre-adesione necessaria per i paesi che desiderano entrare a far parte dell’Organizzazione. L’adozione del MAP, atteso fin dai tempi di Saakashvili ma non ancora concesso dalla NATO, consentirebbe al paese caucasico di compiere un deciso passo in avanti in direzione dell’integrazione atlantica, uno degli obiettivi dichiarati del governo georgiano in materia di politica estera, insieme all’integrazione europea. Secondo Stoltenberg, interrogato sull’argomento in occasione dell’inaugurazione del centro di addestramento congiunto, “la Georgia ha tutti i mezzi necessari per fare dei progressi in vista di una futura adesione”, anche se ammette come ci sia ancora del lavoro da fare in questa direzione.

Secondo l’art. 5 del Patto Atlantico, trattato che nel 1949 sancì la nascita della NATO, ogni attacco a una nazione appartenente alla coalizione verrà considerato un attacco alla coalizione stessa; tutti i paesi membri sono così tenuti a intervenire in difesa di un paese attaccato, qualora esso lo richieda. In seguito alla guerra del 2008 in Ossezia del Sud, che portò l’esercito russo a penetrare all’interno del territorio georgiano spingendosi fino alle porte di Tbilisi, e in considerazione delle continue violazioni territoriali messe in atto dalle truppe di Mosca lungo il confine osseto-georgiano, Tbilisi vede nell’integrazione euro-atlantica l’unica strada percorribile per la salvaguardia della propria integrità territoriale. A proposito di integrazione atlantica, la Georgia conoscerà il proprio destino in occasione del prossimo summit della NATO, previsto tra meno di un anno a Varsavia, dall’8 al 9 luglio.

Le proteste di Mosca

La notizia dell’apertura del centro di addestramento NATO in Georgia non è stata accolta di buon grado dalla Russia, che dopo avere assistito alla fine dell’era di Saakashvili, in seguito all’affermazione del Sogno Georgiano, aveva sperato che il paese caucasico accantonasse definitivamente il desiderio di aderire all’Alleanza atlantica. Secondo la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, l’apertura del nuovo centro di addestramento congiunto in Georgia è considerata dalla Russia una continuazione delle politiche provocatorie della NATO per espandere la sua influenza geopolitica; e il Caucaso, considerato dalla Russia come il proprio “giardino di casa”, è proprio una di quelle regioni che Mosca non vorrebbe vedere finire all’interno dell’orbita dell’Alleanza atlantica.

La Russia non gradirebbe infatti l’idea che la Georgia possa vedersi assegnato il tanto agognato MAP, compiendo così un deciso passo in avanti verso l’integrazione atlantica. Secondo Evgenny Buzhinsky, che nel 2008, con la guerra in Ossezia del Sud in corso, si occupò di coordinare il dialogo tra il ministero della Difesa russo e la NATO, qualora la Georgia entrasse a far parte dell’Alleanza atlantica, avvierebbe immediatamente un’azione militare per riprendere il controllo delle repubbliche secessioniste di Abkhazia e Ossezia del Sud, costringendo la Russia a intervenire, come stabilito dagli accordi firmati con le due repubbliche, provocando così anche l’intervento della NATO, che come detto in precedenza è tenuta a difendere un paese membro qualora venga attaccato. Secondo Buzhinsky, per tutelarsi da questa minaccia la Russia dovrebbe rafforzare la propria presenza nelle repubbliche secessioniste, scoraggiando così la Georgia dall’avviare un intervento armato.

L’apertura da parte della NATO del campo di addestramento congiunto presso la base di Krtsanisi non è però una novità: la decisione di aprire questo centro risale a più di un anno fa, e secondo i piani originari la NATO aveva inizialmente previsto una collaborazione con la stessa Russia, includendo nel progetto la formazione di reparti specializzati nella guerriglia di montagna, al fine di aiutare Mosca a contrastare il terrorismo nel Caucaso settentrionale.

Infine, una curiosità storica: la scelta di collocare il centro d’addestramento presso la base di Krtsanisi sembra essere infatti provocatoria. Il villaggio alle porte di Tbilisi è infatti il simbolo della sottomissione della Georgia all’Impero russo. Qui, nel 1795, il Regno di Kartli-Kakheti (l’antenato dell’attuale Georgia), venne sconfitto in battaglia dall’esercito persiano, che invase e saccheggiò il paese. L’Impero russo, che qualche anno prima, nel 1783, con il trattato di Georgievsk si era impegnato a proteggere il regno georgiano, restò a guardare, spianando così la strada all’invasione persiana. Qualche anno dopo, nel 1801, con la Georgia ridotta in macerie e straziata da una lunga guerra civile, lo zar Alessandro I entrò con l’esercito a Tbilisi, decretando l’annessione del paese all’Impero russo.

La Georgia e la NATO

In seguito all’indipendenza, uscita a pezzi dalle guerre degli anni ’90, che le costarono la perdita dell’Abkhazia e di parte dell’Ossezia del Sud, e costretta dall’allora presidente russo Yeltsin ad aderire alla Comunità degli Stati Indipendenti e a lasciare installare a Mosca basi militari sul proprio territorio in cambio di un aiuto militare, la Georgia iniziò a sentirsi schiacciata dal peso dell’ingombrante e inaffidabile vicino russo, sentendo il bisogno di ricercare altrove nuove alleanze. Nel 1992 la Georgia aderì all’Euro-Atlantic Partnership Council, mentre nel 1994 entrò a far parte del programma NATO PfP (Patnership for Peace). Nel 1996 il paese caucasico firmò il primo Individual Partnership Plan, mentre due anni più tardi vennero definitivamente stabilite relazioni ufficiali tra le due parti. Le prime esercitazioni militari congiunte vennero organizzate nel 2001, preso la base navale di Poti. In seguito alla Rivoluzione delle Rose del 2003, che portò al potere Saakashvili, i legami tra la Georgia e la NATO si fecero sempre più stretti, tanto che un eventuale futuro ingresso del paese all’interno dell’Alleanza atlantica iniziò a diventare un’ipotesi sempre più concreta.

Nel gennaio del 2008, in seguito a un referendum non vincolante, il 77% dei georgiani si dichiarò favorevole all’integrazione del paese nella NATO. Nell’aprile dello stesso anno, nel corso del consueto vertice annuale della NATO, svoltosi in quell’occasione a Bucarest, gli Stati Uniti e la Polonia spinsero per ammettere la Georgia (insieme all’Ucraina) all’interno del MAP, che però alla fine non le venne assegnato, a causa dell’opposizione di Francia e Germania, che temevano la reazione della Russia. La mancata assegnazione del MAP alla Georgia lasciò così campo libero a Mosca, che iniziò a collaborare con i governi de facto di Abkhazia e Ossezia del Sud, compiendo il primo passo verso il riconoscimento delle due entità. Quattro mesi più tardi, in seguito a diversi incidenti verificatisi lungo il confine osseto-georgiano, Saakashvili decise di attaccare Tskhinvali, dando il via alla seconda guerra in Ossezia del Sud.

In seguito alla guerra, seguita da vicino dalla NATO che però non intervenne, nel 2011 la Georgia ottenne ufficialmente lo status dipaese aspirante all’adesione“. Un anno dopo, però, le elezioni parlamentari decretarono la sconfitta del Movimento Nazionale Unito di Saakashvili in favore del Sogno Georgiano, guidato da Ivanishvili, da molti indicato nel corso della campagna elettorale come “l’uomo del Cremlino”. Il cambio al vertice destò le preoccupazioni dell’Occidente, che temeva cambiamenti nella linea tenuta in politica estera dal paese caucasico. Col tempo il Sogno Georgiano ha dimostrato però l’intenzione di continuare a perseguire gli obiettivi portati avanti da Saakashvili in materia di integrazione euro-atlantica, anche se in maniera più blanda del predecessore, cercando di non attirare troppo a sé le ire di Mosca.

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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