UNGHERIA: A ottobre il referendum contro la ricollocazione dei rifugiati

Il 10 maggio il Parlamento ungherese ha approvato la decisione di proporre ai suoi cittadini un referendum sulla questione del ricollocamento dei rifugiati tra gli stati membri dell’Unione Europea. Il quesito proposto agli elettori sarà il seguente: “Vuoi che l’Unione Europea disponga il trasferimento di cittadini non ungheresi in Ungheria senza l’approvazione del Parlamento ungherese?”

Il referendum

Il voto è stato approvato con 136 voti a favore tra membri della maggioranza di governo ed esponenti dell’estrema destra. Per il referendum saranno stanziati 4,6 miliardi di fiorini ungheresi (equivalenti a 14 milioni e 500 mila euro). Dopo lunga indecisione dell’MSZP, tutti i partiti di opposizione si sono dichiarati contrari al referendum nella maniera in cui è stato formulato. DK, Együtt, e PM hanno interpretato questa scelta del governo di Viktor Orbán come una richiesta agli elettori di un mandato per il ritiro dell’Ungheria dall’Unione Europea. Ciononostante il portavoce del governo Zoltán Kovács ha liquidato come insensata l’idea che il referendum equivalga a un voto contro l’UE: “un’opinione diversa non significa essere contro qualcosa” ha dichiarato. Il referendum avrà luogo tra settembre e ottobre e potrà “permettere al governo e al primo ministro di rendere chiara una posizione che potrebbe servire come incoraggiamento a molti altri stati membri” ha concluso Kovács.

La natura del referendum

Il Consiglio UE prende le sue decisioni su questi temi con voto a maggioranza qualificata tra i suoi membri, e Ungheria, così come Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania hanno avuto la possibilità di esprimersi con voto contrario su questo tema. Il fatto che il voto non sia andato nella direzione in cui questi paesi ritenevano più opportuna non significa che non debbano accettare il risultato della decisione. Dal momento in cui l’Ungheria ha firmato i trattati europei e deciso di entrare a far parte dell’Unione ha accettato non solo di ricevere i benefici economici che ne sono derivati, ma anche i doveri di solidarietà verso gli altri paesi membri. Questo intendeva Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea quando all’Europa Forum ha detto: “L’Unione Europea non è un buffet dal quale chiunque possa scegliere e prendere ciò che gli piace.” Gli stati membri “devono mangiare ciò che c’è nel piatto.” Ciononostante il referendum è uno strumento di espressione democratica attraverso il quale gli ungheresi saranno in grado di far sentire la loro voce, lanciando un messaggio chiaro e inequivocabile all’Europa.

Il terrore verso chi supera i confini

Un paio di giorni prima del voto del Parlamento ungherese, nella notte tra l’8 e il 9 maggio, la polizia slovacca ha ferito gravemente una donna siriana al confine con l’Ungheria. La polizia di frontiera di Velky Meder, nel distretto di Dunajska Streda nel sud della Slovacchia, ha fermato quattro veicoli che stavano attraversando il confine. Le vetture trasportavano migranti illegalmente e hanno ignorato l’alt della polizia, che dopo aver sparato un colpo d’avvertimento, ha aperto il fuoco sui veicoli. Nel tentativo degli agenti di colpire le gomme, una pallottola ha raggiunto una donna siriana di 26 anni alla schiena. Nelle prime ore del mattino la donna è stata operata all’ospedale di Dunajska Streda, dove versa ora in condizioni stabili. Gli altri migranti sono ora detenuti presso l’Unità nazionale per la lotta all’immigrazione clandestina.  Il caso di cronaca dimostra che nonostante gli sforzi messi in campo continua il traffico di esseri umani. Forse resta questo il vero problema, non la ricollocazione dei rifugiati.

Chi è Gian Marco Moisé

Dottorando alla scuola di Law and Government della Dublin City University, ha conseguito una magistrale in ricerca e studi interdisciplinari sull'Europa orientale e un master di secondo livello in diritti umani nei Balcani occidentali. Ha vissuto a Dublino, Budapest, Sarajevo e Pristina. Parla inglese e francese, e di se stesso in terza persona.

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