Il termine “turchi” per indicare i popoli turcofoni della steppa eurasiatica comparve solo nel VI secolo d.C., mentre le prime testimonianze scritte di una lingua turca risalgono al secolo successivo. Non c’è alcun dubbio che popoli appartenenti al gruppo etno-linguistico turco esistessero almeno da un millennio, benché sia spesso difficile distinguere questi primi turchi dai popoli adiacenti – in testa i mongoli – con cui condividevano gran parte degli usi e costumi. Nella totale assenza di fonti che possano attestarne la lingua, i reperti archeologici non sono infatti probanti a testimonianza di una cultura materiale estremamente omogenea e comune a tutti i popoli della steppa.
Gli antenati dei turchi vivevano certamente da tempo immemorabile nella taiga siberiana. All’inizio dovevano essere semplici cacciatori-raccoglitori, mentre successivamente si specializzarono nell’allevamento della renna. Attorno alla metà del I millennio a.C. le tribù proto-turche iniziarono a spostarsi a sud, per uscire dalla taiga e stabilirsi in una regione compresa tra i monti Altaj e il lago Bajkal, con il suo centro nella valle dell’Orhon, a nord dell’attuale Mongolia. Questo territorio è del resto facilmente identificabile con la mitica terra ancestrale che i turchi chiamano Ötüken nelle loro leggende.
L’emergere dei turchi e dei mongoli determinò lo sviluppo di una nuova cultura equestre della steppa, che con il tempo si sovrappose a quella dei nomadi indoeuropei – sciti, tocari, sarmati ecc. – che avevano dominato l’altopiano eurasiatico nei secoli precedenti. Benché le reciproche influenze culturali non mancassero, nel lungo lo scontro fra i due gruppi fu inevitabile, e si concluse con l’affermazione dei nuovi arrivati ancora prima dell’inizio dell’età cristiana.
A metà del III secolo a.C. tra i capi tribù di questo indefinito universo nomade proto-turco emerse la figura di Teoman (Tou-man nelle fonti cinesi coeve). Dopo essersi imposto come il più importante tra i signori tribali turco-mongoli, sottomettendone alcuni e costringendo altri a unirsi a lui, prese a scontarsi vittoriosamente con i nomadi indoeuropei yuezhi e a compiere incursioni e saccheggi in Cina. Nelle fonti cinesi la confederazione tribale creata da Teoman è conosciuta come xiongnu, e costituisce la prima grande realtà politica nella storia dei nomadi eurasiatici.
A provocare la caduta di Teoman non furono le rappresaglie cinesi, ma gli intrighi di famiglia e la lotta per la successione. Nel 209 a.C. il maggiore dei suoi figli, il giovane e brillante Mete (Mao-tun per i cinesi), lo uccise e si insediò al suo posto, mettendo a morte anche i fratelli e la matrigna. Mete si dimostrò un genio politico e militare tale da offuscare la gloria del padre. Ampliò e consolidò la federazione tribale creata da Teoman, e con questa rinnovata potenza militare fu in grado di sconfiggere definitivamente gli yuezhi, uccidendone il sovrano e occupandone i territori. Ottenuta la totale egemonia sull’altopiano della Mongolia, Mete progettò e mise in pratica un’invasione in grande stile della Cina. Uscito vittorioso anche da questa campagna, costrinse l’imperatore cinese ad offrirgli in sposa una principessa e a cedergli l’altopiano dell’Ordos.
La figura storica di Mete trova un riscontro piuttosto preciso in Oğuz Khan, il leggendario capostipite dei turchi. Al di là degli elementi magici e simbolici tipici del mito, le vicende di Oğuz sono quasi del tutto sovrapponibili a quelle di Mete. Entrambi dimostrarono in giovane età il proprio valore militare, presero il potere attraverso il parricidio e stabilirono una grande confederazione tribale. Simile è anche l’ambientazione della storia, così come la direzione e la modalità delle conquiste.
Gli xiongnu estesero il proprio controllo su un territorio di notevole estensione: dall’area originale a nord, i domini di Mete si estendevano a sud nella regione del Gansu, e a ovest fino almeno al lago Balkhash, mentre a est rientrava nella sua sfera d’influenza tutta l’ansa settentrionale del fiume Giallo. Era dunque sorto un vero e proprio impero, destinato a dominare le steppe nei successivi quattro secoli. Tra gli xiongnu cominciò a formarsi una civiltà sviluppata, in cui si scorgono le istituzioni politiche e religiose che saranno tipiche dei turchi. Il sistema politico e amministrativo era costituito da una federazione di tribù sotto la direzione di una sorta di imperatore (tra gli xiongnu denominato chanyu) proveniente da una famiglia considerata sacra. Nell’era di Teoman e Mete compare anche il riferimento al tengrismo, la complessa concezione religiosa dei turchi e degli altri popoli della steppa.
Gli xiongnu erano una confederazione tribale quasi certamente composta sia da elementi proto-turchi che proto-mongoli, a cui si devono aggiungere con ogni probabilità soggetti di origine indoeuropea progressivamente assimilati dai dominatori turco-mongoli. Si tratta del resto di una situazione del tutto normale e che si sarebbe ripetuta in molti dei grandi imperi eurasiatici. In assenza di qualsiasi informazione sulle lingue da essi parlate, è impossibile stabilire con certezza i rapporti tra le diverse componenti etniche.
È però significativo che, quando sarebbero nati i primi soggetti politici nominalmente e consapevolmente turchi, avrebbero rivendicato l’eredità degli xiongnu e ne avrebbero ripreso le principali istituzioni politiche, sociali e religiose. Indipendentemente dalla lingua effettivamente parlata da Teoman e Mete, è indiscutibile che l’impero da essi creato gettò le basi per la civiltà turca, che senza l’apporto degli xiongnu non sarebbe stata nemmeno possibile.