TURCHIA: Viaggio nel paese del Sultano Erdogan

Con le elezioni del 1 novembre il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) di Erdogan, prendendo poco meno del 50 per cento dei voti ha riconquistato la maggioranza assoluta che aveva perduto alle elezioni dello scorso giugno, e può governare da solo.

A dispetto dei sondaggi, che davano il partito del presidente in calo, l’Akp ha guadagnato quasi 10 punti percentuali rispetto a soli cinque mesi fa. I repubblicani del Chp, eredi di Ataturk, con il 25 per cento si confermano la seconda forza politica del paese ma il partito curdo dell’Hdp, la sorpresa delle urne dello scorso giugno, è stato ridimensionato ad un inaspettato 10,7 per cento che gli consente a malapena di superare lo sbarramento. I nazionalisti hanno subito anch’essi una netta sconfitta, fermandosi poco sotto il 12 per cento.

Il travaso di voti a favore del partito di Erdogan da questi due partiti si deve a vari fattori, ma tra questi è indubbia l’importanza giocata dal fattore “paura”.

La drammatica e complessa situazione mediorientale, in cui la Turchia si vede pesantemente coinvolta per il suo importante ruolo nella regione e la sua posizione geo-strategica, e il terribile attacco terroristico ad Ankara del 10 ottobre che, con le sue oltre cento vittime, ha sconvolto il paese della mezzaluna, hanno con tutta probabilità giovato al successo del Sultano, percepito da gran parte degli elettori come “uomo forte”, l’unico in grado di garantire al paese “stabilità e sicurezza”.

L’offensiva e la strategia militare portata avanti con forza dal governo contro i guerriglieri curdi nell’est del paese, in Siria e in Iraq (oltre che, molto timidamente, contro l’Isis a sua volta in guerra con i curdi), ha riportato la Turchia in un clima di guerra e di emergenza.

Un’atmosfera tesa che negli ultimi mesi ha consentito ad Erdogan di compiere e “giustificare” agli occhi dei turchi palesi violazioni di diritti civili e democratici, come la chiusura a forza di alcune importanti testate giornalistiche a lui contrarie e l’arresto di numerosi presunti oppositori e “cospiratori”ai vertici di settori della pubblica amministrazione, in nome della sicurezza e della stabilità del paese.

In questo clima di tensione e di paura alcuni ex elettori nazionalisti hanno, a distanza di soli cinque mesi, dirottato il proprio voto a favore dell’Akp e il partito Hdp, più volte accusato dal governo di “complicità” con il Pkk, ha perso molti voti di elettori moderati.

Il cessate il fuoco degli ultimi anni con i guerriglieri del Pkk è ormai un lontano ricordo, e la nuova guerra patriottica contro i separatisti curdi è stata sapientemente sfruttata a fini elettorali da Erdogan.

Con la vittoria ottenuta e la leadership rafforzata dal voto Erdogan puo’ ora puntare con più forza e decisione ai suoi fini politici: chiudere la partita con i suoi nemici interni (in primis l’ex amico in esilio ora nemico giurato Fethullah Gülen), realizzare il sogno di cambiare la costituzione per una riforma presidenziale che gli attribuisca maggiori poteri, continuare sulla strada dell’”islamizzazione” della Turchia, costruendo un paese dove i valori islamici abbiano la meglio su quelli laici e nel quale la sua figura acquisti sempre più importanza, a scapito di quella del padre della patria Mustafa Kemal Ataturk. Sul fronte internazionale, l’obiettivo primario è quello di far cadere in Siria Bashar al-Assad.

Il Sultano Erdogan, superata l’insidia elettorale, dovrà giocarsi nei prossimi mesi una difficile partita sia sul piano interno, con la questione curda sempre più accesa, sia sul piano internazionale, dove si vedrà costretto a confrontare le proprie mire e ambizioni, nel caldo e complesso scacchiere medio-orientale, con quelle di numerose altre potenze regionali, tra cui il vicino Iran, con gli Stati Uniti e soprattutto con quelle di un altro ingombrante “uomo forte”, lo Zar Putin, che riguardo alla guerra in Siria e al dittatore siriano Bashar al-Assad ha idee diametralmente opposte rispetto a quelle del leader turco.

L’unione Europea intanto sta a guardare. In nome della realpolitik ha chiuso un occhio sui metodi sempre più dittatoriali e meno democratici del Sultano, “appoggiandolo” velatamente nelle ultime elezioni. Anche qui a giocare un ruolo determinante è stato il fattore della paura. Angela Merkel e i leader europei si guardano bene dal criticare apertamente, in questa difficile fase storica, la deriva dispotica di Erdogan e ragionano, così come hanno fatto molti elettori turchi, in termini di “stabilità e sicurezza”. Per i leader europei ha poca importanza che le mani di Erdogan siano pulite o sporche, democratiche o dispotiche. L’importante è che quelle mani non decidano di aprire il “rubinetto”di milioni di profughi siriani, le cui ondate potrebbero travolgere come uno tsunami le nostre già labili frontiere. Non è conveniente, in questo momento storico, inimicarsi il Sultano.

Dall’immensa babele di Istanbul, con la sua storia millenaria, i suoi meravigliosi monumenti, gli incomparabili scorci sul Bosforo, i contrasti tra i ricchi quartieri alla moda e i quartieri poveri e conservatori, feudo dei voti di Erdogan, fino alla capitale Ankara. Dalle selvagge e desolate coste del Mar Nero a quelle più calde e turistiche affacciate sull’Egeo. Dalla splendida Pamukkale, Patrimonio Mondiale dell’Umanità, agli stupefacenti paesaggi della Cappadocia. Dalla millenaria Sanliurfa, storica città di profeti, fino alle città a maggioranza curda di Mardin e Diyarbakir, nel profondo sud-est del paese, dove oggi pulsa il cuore della protesta curda. Dalla città di Van, contornata dal suo splendido lago, fino al confine iraniano, dove è viva e palpabile la presenza del sacro monte Ararat, che dall’alto dei suoi 5137 metri tutto osserva, mentre ci si lascia alle spalle il paese della mezzaluna per avventurarsi nel mondo persiano…

Benvenuti in Turchia, per un affascinante viaggio nel paese-regno del Sultano Erdogan… Qui il reportage fotografico

Chi è Luca Vasconi

Nato a Torino il 24 marzo 1973, fotografo freelance dal 2012. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Torino, dopo alcuni anni di vita d’ufficio piuttosto deprimenti decide di mettersi in gioco e abbandonare lavoro. Negli anni successivi viaggerà per il mondo alla ricerca dell'umanità variopinta che lo compone.

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Un commento

  1. Gaetano Giovanni Castello

    Fino a quando l’EUROPA non si sveglia dal torpore in cui è caduta causa la nullità dei suoi rappresentanti,tutto il mondo occidentale è in pericolo.Bisogna fare nascere la NUOVA GRANDE EUROPA i cui confini allargati dovrebbero andare dagli Urali fino alla fascia Sub Sahariana,lasciando nella specificità di ogni paese/popolo le loro tradizioni,lingua,costumi ecc…mettendo da parte la stupida velleità di fare dell’EU un solo popolo.
    La nuova grande Europa dovrebbe servire soltanto per un immenso travaso di cultura civile ed etico, fare una unica moneta,una unica politica estera,una unica potenza militare,la salvaguardia dei confini con il travaso da una nazione all’altra sopperendo mutuamente ai fabbisogni,alla eliminazione(non fisica ma politica dentro ai confini della NUOVA GRANDE EUROPA) di tutti quei capi di stato che hanno preso il potere con la forza e che lo esercitano con altrettanta forza,fare un unico continente civile moderno , stabile e sicuro.
    Con rispetto dei grandi soloni pensatori dell’attuale UE.
    Gaetano Giovanni Castello
    e mail :[email protected]

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