UCRAINA: I risultati di Parigi. Kiev costretta ad accettare il “Piano Morel”

Venerdì scorso si è tenuto a Parigi il vertice quadrangolare tra Hollande, Merkel, Putin e Poroshenko per discutere della crisi nel Donbass. Il fatto che in Ucraina si sia praticamente smesso di sparare non sembra più una novità. Come confermato anche dalla Missione Speciale OSCE, nonostante alcune sporadiche violazioni, il cessate il fuoco sembra reggere dal primo settembre, il periodo più lungo dall’inizio del conflitto. Mentre l’attenzione si sta rapidamente spostando verso il quadrante siriano, il conflitto ucraino si avvia così verso quello che era un ampiamente prevedibile congelamento, anche se lo status delle zone orientali del paese rimane tutto da definire.

Il “piano Morel” e l’impotenza di Kiev

Uno dei principali temi di discussione a Parigi sono state le elezioni amministrative a Donetsk e Lugansk. Anche se secondo gli accordi di Minsk tali elezioni dovrebbero essere svolte seguendo la legislazione ucraina, di recente a Donetsk è stato annunciata per il 18 ottobre una tornata elettorale indipendente. Secondo quanto riportato dal quotidiano tedesco Deutsche Welle, all’Eliseo i capi di stato avrebbero principalmente discusso proprio di questo. Sul tavolo c’è, infatti, il cosiddetto piano Morel, avanzato dal diplomatico francese Pierre Morel, membro del “gruppo di contatto” che si occupa degli aspetti politici della crisi. Secondo la proposta, già discussa a settembre dai ministri degli esteri di Francia, Germania, Russia e Ucraina, le elezioni nel Donbass si dovranno svolgere seguendo la legislazione ucraina, ma solo dopo l’approvazione di una legge speciale. Tale legge dovrà delineare con chiarezza il territorio e le circoscrizioni che non rientrano sotto il controllo del governo, stabilirne il sistema elettorale e garantire l’amnistia ai leader separatisti. Si tratta, è evidente, di un chiaro riconoscimento di quelli che Kiev continua a chiamare terroristi e della loro autonomia amministrativa. In cambio il governo sarà in grado di riacquistare, almeno formalmente, la sovranità sopra i territori attraverso un graduale processo politico.

Inizialmente respinto da Kiev e considerato in contrasto con i protocolli di Minsk, il piano sembra essere entrato prepotentemente nell’agenda dell’incontro, sponsorizzato dagli altri tre partecipanti. Le parole di Hollande alla fine del summit lasciano poco spazio all’immaginazione. Il presidente francese ha dichiarato che le elezioni a Donetsk e Lugansk saranno, con molta probabilità, rimandate in attesa di una legge speciale discussa ed elaborata all’interno del gruppo di contatto. Sempre secondo l’inquilino dell’Eliseo un’amnistia generale dovrà essere introdotta per permettere lo svolgimento delle elezioni.

Alle prese con la difficile situazione economica e con l’instabilità politica interna, con il parallelo slittamento delle priorità occidentali verso la Siria, Kiev sembra costretta ad ingoiare la pillola, accettando una proposta scomoda e in aperta contraddizione con la politica adottata finora. I margini di manovra per Poroshenko sono, ormai, quanto mai ridotti.

Ritiro delle armi e prolungamento del dialogo  

A Parigi si è discusso anche dei recenti risultati del “gruppo di contatto” che ha da poco elaborato un documento per il ritiro degli armamenti. L’accordo tra i rappresentanti di Mosca, Kiev, Osce e separatisti comporterà l’allontanamento di almeno 15 chilometri dalla zona di contatto anche del materiale bellico di calibro inferiore ai 100 mm. Secondo le parole di Poroshenko, riportate da Interfax, il ritiro dovrà avvenire nei 41 giorni seguenti all’incontro e sarà caratterizzato da verifiche su base regolare. La missione OSCE sarà potenziata e dovrà avere libero accesso su tutto il territorio sotto il controllo dei separatisti.

Il dialogo quadrilaterale sulla situazione nel Donbass continuerà nei prossimi mesi, anche se nessuna chiara scadenza è stata fissata dai leader. Secondo il cancelliere tedesco, nonostante la necessità di realizzare i punti cruciali degli accordi entro la fine dell’anno, il dialogo politico a vari livelli dovrà continuare anche nel 2016. I tempi fissati dal protocollo di Minsk scadono, infatti, il 31 dicembre, ma appare tecnicamente impossibile che essi vengano rispettati.

Dimenticare la Crimea

Nessuna parola è emersa, infine, in merito alla questione della Crimea. Nonostante il recente blocco dimostrativo della penisola, promosso da rappresentanti della comunità tatara ai quali si sono uniti anche numerosi membri di Praviy Sektor, la questione non è stata affrontata a Parigi. Kiev, alle prese con mille problemi, non sembra avere una chiara strategia in merito, mentre i suoi partner occidentali preferiscono più semplicemente evitare l’argomento.

Il focus degli accordi di Minsk, d’altronde, è un altro e, seguendo il ragionamento espresso dal cancelliere tedesco, il processo potrà ritenersi concluso “quando Kiev riconquisterà la sovranità sul Donbass” e non di certo anche sulla Crimea.

Chi è Oleksiy Bondarenko

Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Ucraina, Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico più in generale. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in politiche comparate presso la University of Kent (UK) dove svolge anche il ruolo di Assistant lecturer. Il focus della sua ricerca è l’interazione tra federalismo e regionalismo in Russia. Per East Journal si occupa di Ucraina e Russia. Collabora anche con Osservatorio Balcani e Caucaso.

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2 commenti

  1. In verità più che “piano Morel” mi sembra il “vecchio piano Putin”, quello di sempre insomma: utilizzare la “questione del Donbass” quale cavallo di troia per condizionare e riottenere il controllo di Kyiv.
    Il resto sono sole ipocrite chiacchere per nasconder il business as usual….

  2. Quello che è successo prima a New York e adesso a Parigi rende evidente il tentativo di Putin non di “abbandonare” la questione Ucraina ma semplicemente di spostare l’attenzione sia interna che internazionale su altri fronti nella speranza che l’Ucraina venga dimenticata o rubricata nella categoria “rottura di scatole fastidiose e secondarie”.
    Con l’attenzione di tutti concentrata sulla Siria e il tramonto dell’amministrazione Obama (sarà poi vero?), Putin ritiene di poter perseguire la politica di sempre, cioè ricostruire, pezzettino per pezzettino, l’influenza russa su Kyiv nel disinteresse generale, soprattutto se l’attore principale è un gangster amorale come il padrone del Cremlino (vedi la questione del “prestito” all’Ucraina, ultimo regalo di quel altro farabutto di Yanukovych).
    Certo che le bizze di Lukashenka potrebbero aprire nuove crepe nel sogno di restaurazione imperiale di Putin, ma purtroppo vedo tempi bui per il processo democratico a Kyiv.
    http://www.politico.eu/article/putin-change-the-subject-syria-russia-ukraine-aggression-terrorism-isil/

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