Nikola Mirotic Rachael Niemiec flickr

SERBIA: Nikola Mirotić strappa la bandiera serba all’Europeo di basket

La frustrazione per la sconfitta, la rabbia da sfogare mentre si esce dal parquet per entrare nel tunnel. Dopo la sconfitta 105-98 della Spagna contro l’Italia agli Europei di basket, il montenegrino naturalizzato iberico Nikola Mirotić sfoga la sua contro una bandiera che pende proprio sopra all’imbocco del tunnel, la strappa. Scoppia il caso: la bandiera è quella della Serbia, il paese da cui il suo nativo Montenegro ha ottenuto l’indipendenza con un referendum nel 2006.

Mirotić è costretto a scusarsi, spiega di essersi sfogato sul primo oggetto che gli è passato per mano, senza guardare cosa fosse. Dal suo account di Twitter, il giocatore porge le proprie scuse in inglese, spagnolo e serbo: «Sono profondamente dispiaciuto per la mia reazione dopo la partita. Non mi ero accorto si trattasse di una bandiera, tantomeno di una bandiera serba. Stavo guardando il pavimento per via della tensione della gara e ho sentito qualcosa sul mio volto. Non offenderei mai nessun simbolo».

Anche la federbasket serba cerca di abbassare i toni: «Strappare una bandiera è un atto inaccettabile, quale che sia la situazione e chiunque lo faccia. Sulla base del filmato dell’evento riteniamo che Mirotić non abbia visto che si trattava di una bandiera serba e non si sia reso conto di quello che stava facendo. La sua spiegazione e le sue scuse su Twitter ci sembrano oneste». Qualche tifoso serbo però si risente e attacca il giocatore sulla sua pagina Facebook. La pagina viene riempita di insulti dai commentatori: «Che essere schifoso devi essere per fare quello che hai fatto? Strappare la bandiera di un paese il cui sangue scorre nelle tue sporche vene vendute!».

Mirotić è un montenegrino nato nel 1991 a Podgorica (all’epoca Titograd), ma naturalizzato spagnolo dopo cinque anni di permanenza nel paese. Trasferitosi quattordicenne alle giovanili del Real Madrid, ha ottenuto il 26 marzo 2010 la carta de naturaleza, documento concesso esclusivamente da un real decreto del Consiglio dei Ministri spagnolo e non sottostante alle normali procedure burocratiche. Il talento offensivo e le ottime prestazioni tra club e nazionali giovanili lo mettono in luce oltreoceano: nel Draft NBA 2011 viene selezionato dai Chicago Bulls, rimanendo però ancora alcune stagioni in Spagna e spadroneggiando in Eurolega con il Real. L’anno da rookie ai Bulls è molto positivo e gli vale la selezione nel primo quintetto dei giocatori all’esordio nel campionato NBA, oltre al soprannome Threekola per la particolare padronanza del tiro dalla lunga distanza.

Prima di EuroBasket 2015 si trova di fronte alla scelta della casacca della nazionale maggiore: Montenegro o Spagna? È un vero e proprio affaire che instilla negli spagnoli il dubbio sulle reali intenzioni del giocatore, alimentate dalla bandiera montenegrina orgogliosamente cucita sulla sua maglia in occasione della Rising Star Challenge, l’All Star Game dei debuttanti in NBA. Dubbi alimentati anche da una dichiarazione del giocatore nel pre-partita quando, interrogato su quale fosse il suo paese, aveva risposto: «Jugoslavia».

Le bandiere sono simboli potenti e sensibili: non è la prima volta che in campo sportivo il drappello nazionale fa scoppiare una bagarre. Il caso più recente è stato quello del drone albanese durante la partita di qualificazione agli Europei di calcio 2016 tra Serbia e Albania. Il drone recava una bandiera con i simboli della Grande Albania, bandiera che venne afferrata e portata a terra dal difensore serbo Stefan Mitrović. I giocatori albanesi lo circondarono per riprendere la bandiera, ma la situazione degenerò velocemente in un parapiglia che obbligò l’arbitro Martin Atkinson a sospendere la partita: la Serbia venne poi penalizzata per i seguenti attacchi dei tifosi serbi ai giocatori albanesi.

Alle Olimpiadi del 2012 fu la confusione di una bandiera a causare un piccolo caso diplomatico: all’inizio di una partita di calcio femminile tra le nazionali di Colombia e Corea del Nord venne erroneamente mostrata sullo schermo la bandiera della Corea del Sud. Le giocatrici della Repubblica Democratica Popolare si rifiutarono di scendere in campo e la partita venne rinviata per un’ora. Nel 1980 il rugbista nordirlandese (quindi cittadino del Regno Unito) Willie Anderson, in tour in Argentina, fu arrestato per aver rubato una bandiera argentina fuori da un albergo. L’Argentina dei colonnelli, che pochi mesi dopo si sarebbe imbarcata nella guerra delle Falkland/Malvine, non perdonò a un britannico tale affronto: Anderson passò quattro mesi in galera per aver vituperato il vessillo, subì interrogatori e punizioni degradanti e divenne un caso mediatico nel paese sudamericano.

Il caso più vicino a quello di Mirotić è però datato 1990 e, sempre nel basket, vede protagonista un’altra bandiera di una repubblica ex jugoslava. Ai tempi la federazione sta vivendo i suoi ultimi mesi, la propaganda nazionalista nelle varie repubbliche si è già acuita e sta preparando la strada al conflitto che verrà. Proprio mentre l’incendio si prepara a divampare, però, la nazionale di pallacanestro jugoslava ottiene il suo più grande trionfo vincendo il Mondiale in Argentina.

La squadra allenata dal serbo Dušan Ivković è la più fulgida generazione di talenti ad aver mai vestito la maglia jugoslava: ci sono i croati Dražen Petrovićil “Mozart” della pallacanestro – e Toni Kukoč, i serbi Vlade Divac e Žarko Paspalj. Jure Zdovc rappresenta la Slovenia, Zoran Savić è un serbo di Bosnia esploso con la maglia della Jugoplastika di Spalato. La Jugoslavia batte gli Stati Uniti in semifinale 99-91, poi trionfa 92-75 in finale contro l’Unione Sovietica. Sul parquet di Buenos Aires, nel mezzo delle celebrazioni, spunta una bandiera croata. Il serbo Divac la strappa dalle mani del tifoso croato e la butta a terra: si giustificherà dicendo di aver voluto difendere l’unità della squadra strappando un simbolo divisivo, ma i croati non gliela perdoneranno mai, a partire dall’amico e compagno di squadra Petrović e dagli altri compagni di nazionalità croata.

Articolo co-redatto con Mattia Moretti. Photo: Rachael Niemiec

Chi è Damiano Benzoni

Giornalista pubblicista, è caporedattore della pagina sportiva di East Journal. Gestisce Dinamo Babel, blog su temi di sport e politica, e partecipa al progetto di informazione sportiva Collettivo Zaire74. Ha collaborato con Il Giorno, Avvenire, Kosovo 2.0, When Saturday Comes, Radio 24, Radio Flash Torino e Futbolgrad. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla democratizzazione romena, ha studiato tra Milano, Roma e Bucarest. Nato nel 1985 in provincia di Como, dove risiede, parla inglese e romeno. Ex rugbista.

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