SERBIA: Riabilitato Draža Mihailović, adesso è anche lui antifascista?

Il 14 maggio 2015, l’alto tribunale di Belgrado ha emesso una sentenza che riabilita Dragoljub “Draža” Mihailović, il leader del movimento cetnico, restituendogli tutti i diritti civili che gli erano stati revocati nel 1946, quando venne processato e condannato a morte per aver collaborato con nazisti e occupatori durante la Seconda Guerra Mondiale, tra il ’41 e il ’45.

Il giudice Aleksandar Trešnjev ha quindi annullato la sentenza del processo tenutosi tra il giugno e luglio del 1946, sostenendo che quel processo venne determinato “da ragioni politiche ed ideologiche” e che a Mihailović non vennero garantiti il diritto alla difesa, ad un avvocato e all’appello contro la sentenza.

Storia o revisionismo storico?

La sentenza, contro la quale non è previsto il diritto all’appello, ha un valore altamente simbolico, riferendosi infatti ad un processo di quasi 70 anni fa, ma rischia di avere ricadute politiche ed ideologiche per la società serba di oggi. Si tratta infatti di un processo di revisionismo storico.

Nel periodo della Jugoslavia socialista, infatti, la figura dei cetnici e di Draža Mihailović era associata a quella dei più comuni traditori della nazione, anche in virtù dell’uniformazione storica attuata dal regime. Ciononostante, il crollo della federazione jugoslava negli anni ’90 ha comportato un diffuso revisionismo storico al servizio del nazionalismo che dominava la scena politica di quegli anni. Molti politici hanno quindi tentato di riabilitare il ruolo storico di Draža Mihailović, tra cui il partito radicale serbo di Vojislav Šešelj, di cui faceva parte l’attuale presidente della repubblica Tomislav Nikolić, noto estimatore del movimento cetnico.

Tuttavia, quella dei cetnici non è mai stata una figura largamente accettata dalla popolazione, che in essi non vede altro che un esercito disorganizzato a servizio di un re che ha preferito l’esilio alla patria e che, pur avocando a sé la difesa dall’invasione nazi-fascista, ha preferito combattere i partigiani di Tito, macchiandosi delle più efferate atrocità, come il massacro di Vranić del 1943, nel quale vennero brutalmente uccisi 67 civili, in maggioranza donne e bambini.

Il movimento cetnico nacque a Ravna Gora, nella Serbia centrale, il 13 maggio del 1941, dopo l’occupazione e lo smembramento del Regno di Jugoslavia. In questo piccolo villaggio, Dragoljub Mihailović – che ricopriva un alto grado dell’esercito del regno e che era un veterano sia delle due guerre balcaniche che della Prima Guerra Mondiale – radunò gli ufficiali e sottoufficiali dell’ormai dissolto esercito jugoslavo e formò l’Esercito Reale in Patria (Kraljevska Vojska u Otadžbini), giurando fedeltà a re Pietro II Karađorđević, in esilio a Londra.

In realtà, la disorganizzazione delle forze cetniche fu tale per cui il loro contributo alla lotta antifascista fu del tutto nullo. Non solo. Il loro principale nemico furono infatti i partigiani di Tito, il ché significa che non si può parlare di una lotta antifascista congiunta, nonostante già nel settembre del 1941 Tito in persona si fosse recato a colloquio nel loro quartier generale, ottenendo però il rifiuto di Mihailović. Questi si schiererà dunque al fianco della Wehrmacht, dell’Italia fascista, nonché dello Stato Indipendente di Croazia (NDH) in ben cinque delle sette complessive “offensive nemiche” che caratterizzeranno la guerra di liberazione in Jugoslavia. Inoltre, come riportano alcuni veterani, i cetnici combatterono in ben altre 88 offensive, tutte contro i partigiani.

Non solo dunque i cetnici non contribuirono alla liberazione della Jugoslavia, ma si schierarono al fianco di coloro che inizialmente avevano definito “nemici”, tra cui gli ustaša dell’NDH, noti per aver escogitato e compiuto un piano di sterminio nei confronti dei serbi di Croazia e Bosnia-Erzegovina.

Četnici e ustaša, immortalati durante un brindisi

Riabilitazione storica e politica

La sentenza di riabilitazione, dunque, non cambierà la storia, ma solo la sua interpretazione. E’ un processo che va avanti da molto tempo, come quando nel 2004 il parlamento di Belgrado adottò, con procedimento d’urgenza, una legge che equiparava il ruolo del Movimento di Ravna Gora e quello dei Partigiani nella lotta di liberazione antifascista.

Questa sentenza è il risultato dell’azione intrapresa da Vojislav Mihailović, nipote di Draža, che chiese la riabilitazione del proprio avo già nel 2006. La sua iniziativa ha trovato l’appoggio di diverse organizzazioni e partiti, tra i quali il Partito Radicale Serbo di Vojislav Šešelj. Šešelj era anche tra i presenti all’interno del tribunale al momento della sentenza. Insieme a lui c’erano anche il pretendente al trono Aleksandar Karađorđević e Oliver Antić, consigliere del presidente della repubblica Tomislav Nikolić, che ha dichiarato di “essere felice per questa sentenza storica per tutta la Serbia”.

Secondo lo storico Milivoj Bešlin, che sostiene che la sentenza sia espressione di una direttiva del gabinetto di Nikolić, la decisione di riabilitare Draža Mihailović è motivata politicamente ed ideologicamente e non si fonda né sulla verità storica né tanto meno su un senso di giustizia. Piuttosto va intesa come la riabilitazione dell’ideologia alla base del movimento cetnico, ovvero il nazionalismo, e dei crimini commessi in virtù di esso.

Con questa sentenza, dunque, il nazionalismo gran-serbo si libererebbe dallo stigma dei crimini commessi durante la Seconda Guerra Mondiale, nonché dall’onta del collaborazionismo con le forze nazi-fasciste. Tuttavia, la storia vera, quella che documenta tale collaborazionismo e i crimini dei cetnici, non si cancella con una sentenza. Essa non riscriverà la storia di settanta anni fa, ma piuttosto aiuterà in futuro a capire quale fosse l’interpretazione dei contemporanei degli eventi della Seconda Guerra Mondiale.

Ancora una volta, è tanto scontato quanto idoneo rifarsi a Winston Churchill – che a sua volta giocò un ruolo fondamentale sia nei confronti della nascente Jugoslavia socialista che nell’esautorare i cetnici di Mihailović – quando affermò che “i Balcani producono più storia di quanta ne possano digerire”. E infatti questa sentenza è destinata ad aggiungere una pagina di storia che fino a pochi anni fa sembrava un tabù e che sicuramente in molti faranno fatica a digerire.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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4 commenti

  1. Forse il giudice che ha emesso questa sentenza di annullamento del processo avvenuto nel 1946 e -conseguentemente- riabilitato un criminale di guerra, ha bevuto qualche bicchierino di troppo!

  2. Sig Fruscione, il titolo dell’ articolo e’ fuorviante. La trovo pure una domanda poco intelligente!
    Sia cetnizi sia ustascia erano anti comunisti, anti jugoslavi! Infatti erano “compagni di merende”.
    Soltanto che il capo cetnico e’ stato fucilato mentre il famigerato Ante Pavelic il duce croato e’ riuscito scappare all’ estero con l’ aiuto del Vaticano (Bello il suo soggiorno nella villa dei Papi a Castelgandolfo).

    • Caro Istriano,

      trovo il suo commento un poco fazioso e Le spiego anche il perché:
      L’articolo è ben scritto, parla della riabilitazione politica e storica di un criminale; Ante Pavelić fu un criminale tale e quale Draža Mihajlović (anzi, fu molto peggio) ma purtroppo Lei scrive:
      “Soltanto che il capo cetnico e’ stato fucilato mentre il famigerato Ante Pavelic il duce croato e’ riuscito scappare all’ estero con l’ aiuto del Vaticano (Bello il suo soggiorno nella villa dei Papi a Castelgandolfo).” [sic!]
      Non riesco a comprendere il perché di questa comparazione e poi cosa intende dire con “soltanto”? Sarei molto curioso di saperlo…
      Le faccio inoltre notare che Pavelić non è mai stato riabilitato in Croazia (parlo a livello istituzionale) e se non fosse fuggito, avrebbe fatto la stessa fine di Mihajlović (anche Pavelić verrà ucciso in seguito quindi mi sento di dire che ognuno ha avuto il proprio “benservito”).

      Attendo una sua cortese risposta.

      Cordiali saluti

      Mišo

      • “Soltanto” non appriopriato,usato per non approfondimento momentaneo della lingua italiana. Inteso giusta condanna come doveva esser giustiziato anche Pavelić.
        Ma gia’ che ci siamo, il Pavelić, ufficiosamente e’ stato riabilitato. Mentgre quello con la benedizione di cui operava, l’ arcivescovo Stepinac,divenuto poi cardinale e’ stato beatificato da Papa Vojtyla! Eppure nel dopoguerra Tito aveva invitato il Vaticano di prendersi il Stepinac. Ci potra’ essere un’ avvicinamento delle due Chiese, quella cattolica e quella ortodossa percio’?

  3. Istriano, temo che purtroppo che Pavelic’ non sia stato ancora riabilitato in Croazia perché storicamente non è mai stato debilitato, come invece è accaduto a Mihajlovic’, ed ha invece sempre goduto di un largo favore.
    Questa notizia dalla Serbia è tanto più grave perché i Serbi ormai superano i Croati in conservatorismo, il che si credeva un’impresa impossibile!

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