Le elezioni europee del 2014 e le tornate elettorali nazionali che si sono susseguite fino ad oggi hanno mostrato, quale carattere distintivo, lo sviluppo tanto dei partiti nazionali euroscettici quanti di quelli eurocritici. Con quest’ultimo termine si intende generalmente quell’ideologia politica conservatrice che, pur riconoscendo la necessità dello sviluppo di legami politici ed economici tra gli Stati europei, prende le distanze dal progetto europeo per come si è sviluppato negli ultimi anni, è spesso contraria alla linea economica neoliberista assunta dall’Unione, e si oppone nettamente ad una maggiore integrazione politica tra i Paesi membri. Ciò che forse non è sempre stato considerato dalla stampa e televisione nazionale è che tale fenomeno non si è sviluppato solamente nei grandi Stati dell’Europa occidentale, ma si è esteso alla quasi totalità dei Paesi che sono entrati nell’Unione a seguito del cosiddetto Big Bang del 2004. I partiti nazionali che si rispecchiano in tale ideologia e che sono riusciti ad entrare al Parlamento europeo ora sono riuniti nel gruppo parlamentare dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), distaccatosi nel 2009 dal PPE, tanto a livello parlamentare quanto partitico, terza forza parlamentare dopo popolari e socialisti e (per la prima volta) prima dei liberali.
Se lo storico azionista di maggioranza del gruppo era il partito Conservatore britannico, dopo le ultime elezioni questo gode solo della maggioranza semplice dei parlamentari, seguito a breve distanza dal polacco Legge e Giustizia (PiS) che gode di due deputati in meno rispetto ai Tories. Questa situazione ha fatto sì che i parlamentari dell’Europa centro-orientale si siano opposti alla storica gestione britanno-centrica del gruppo, riuscendo ad imporsi sui Tories: l’esempio più eclatante di ciò è stata l’ammissione di Alternativa per la Germania, nonostante la forte opposizione del premier britannico Cameron, che non intendeva intaccare i rapporti con la cancelliera Merkel accogliendo nel gruppo, fino ad ora identificato come longa manus di Londra a Strasburgo, un partito ostile al governo di Berlino.
Legge e Giustizia, gli euroscettici polacchi
PiS risulta essere quindi il principale soggetto politico proveniente dall’Europa centro-orientale. La scena politica polacca ha assunto, nell’ultimo decennio, una caratterizzazione propria e totalmente distaccata dal sistema partitico del resto dell’Unione. A seguito degli scandali che coinvolsero nella seconda metà degli anni duemila i principali esponenti politici del partito di centrosinistra SLD, questo ha rapidamente perso la quasi totalità del proprio consenso elettorale, senza però essere sostituito da alcun nuovo soggetto appartenente all’area politica afferente al Partito dei Socialisti Europei. La scena politica polacca è oggi quindi caratterizzata dalla presenza di due grandi partiti che non seguono la tradizionale contrapposizione centrodestra-centrosinistra ma centrodestra e destra: il principale partito afferente al primo gruppo è Piattaforma Civica (PO, affiliato al PPE) mentre PiS risulta essere l’altro soggetto politico rappresentante l’alternanza politica di governo.
Legge e Giustizia propone una linea economica basata sull’economia sociale di mercato come alternativa al liberismo economico, ritiene necessario un generale inasprimento delle pene, sostiene pienamente la partecipazione della Polonia nella NATO e nelle sue missioni così come nell’Unione europea nell’ambito dell’integrazione economica, di sicurezza e militare, ma propone una linea fortemente scettica riguardo l’integrazione politica e le idee federaliste, criticando spesso il deficit democratico delle istituzioni comunitarie. Il bacino del consenso elettorale di PiS si colloca nella Polonia orientale, sud-orientale e centrale, nei territori che furono sempre sotto dominazione russa e mai tedesca; sintomo di ciò è la volontà di estendere la legge che proibisce l’accesso a ex dirigenti comunisti non solo alle principali cariche pubbliche e di governo ma anche a professioni di ambito giuridico, universitario e giornalistico.
Gli euroscettici ceci e slovacchi, orfani di Václav Klaus
Nella scorsa legislatura europea a dominare l’area dell’Europa centro-orientale nel gruppo ECR vi era il ceco Partito Civico Democratico (ODS), ora ridotto a due soli deputati. Fondato negli anni ’90 da Václav Klaus come un partito a sostegno del liberismo economico esso è stato fino al 2013 il principale partito di centro-destra, alternativo ai socialdemocratici. Dopo l’elezione di Klaus alla presidenza della repubblica, il leader del partito è diventato Topolanek. Sebbene di stampo parlamentare la coincidenza delle cariche assegnate all’ODS ha portato ad un forte rafforzamento della figura del Presidente delle Repubblica, diventato noto a livello europeo per aver bloccato la ratifica ceca del Trattato di Lisbona facendo leva sul fallimento del referendum irlandese e su presunte incompatibilità dell’accordo con la costituzione ceca. Con l’approvazione irlandese e il verdetto di conformità costituzionale Klaus è stato costretto a firmare la ratifica del trattato, dopo che il governo Topolanek era stato sostituito da un gabinetto tecnico di unità nazionale a seguito dei numerosi scandali. In seguito alla vittoria elettorale del 2010 l’ODS ha formato un governo di centrodestra che ha preso le distanze dal Presidente Klaus. Nel 2013 un nuovo scandalo, relativo all’uso dei servizi segreti di spionaggio, ha coinvolto il governo guidato dall’ODS ed ha segnato il definitivo affossamento del partito a favore di altre forze di centro-destra europeiste.
I tre eurodeputati slovacchi appartenenti al gruppo ECR si presentano oggigiorno divisi, appartenendo a differenti partiti. Ad aver richiamato l’attenzione durante l’inizio della legislatura è stato il partito Libertà e Solidarietà (SaS), affiliato nella scorsa legislatura ai liberali, nonostante il proprio scetticismo verso il Trattato di Lisbona, la mancanza di trasparenze nell’Ue e l’eccessiva burocrazia, che è passato al gruppo conservatore favorendo per la prima volta l’ascesa dell’ECR a terzo nel Parlamento europeo per numero di deputati. La linea politica portata avanti dal leader Sulík si oppone all’armonizzazione fiscale a livello europeo, all’aumento del budget a disposizione dell’Ue e al piano di salvataggio delle Grecia, proponendo progetti per la fuoriuscita della Slovacchia dall’euro. Un altro deputato appartiene al partito OL’aNo (Gente comune e Personalità Indipendenti) originatosi da una scissione interna a SaS, ma che a livello di politiche europee non presenta differenze di vedute. Infine l’ultimo deputato appartiene al partito Nuova Maggioranza, costituito dai frangenti euroscettici del principale partito cristiano-democratico e da personalità espulse da SaS.
L’euroscetticismo nel Baltico, all’ombra della Russia di Putin
Anche dai Paesi baltici provengono due deputati affiliati all’ECR, uno lituano e l’altro lettone. Valdemar Tomaševski è il leader dell’Azione elettorale dei polacchi di Lituania, partito che difende la minoranza polacca (ma anche russa) presente nei territori meridionali della Lituania. Spesso tale partito si propone distante da ogni ideologia politica, concentrandosi sulla semplice difesa delle minoranze; per tale motivo la scelta di un riferimento partitico a livello polacco per determinare le linee guida riguardo l’Europa è stato motivo di ampio scontro tra Piattaforma Civica e Legge e Giustizia che alla fine ha prevalso, riuscendo a imporre la propria influenza in ambito di politica estera e europea del piccolo partito lituano.
Dalla Lettonia proviene invece Alleanza Nazionale, partito politico conservatore e nazionalista che fa riferimento ai movimenti di resistenza al potere sovietico sviluppatisi nel corso del ‘900. Nonostante l’appartenenza all’ECR Alleanza Nazionale ha sostenuto l’introduzione dell’euro nel 2014; l’Ue è vista in maniera positiva poichè vi è un’interpretazione di essa in chiave geopolitica, come unica alternativa all’influenza della Russia. Nonostante ciò viene spesso rimarcata la prevalenza degli interessi nazionali su quelli europei.