UNIONE EUROPEA: Assalto alla BCE, scontri a Francoforte

Circa diecimila persone hanno manifestato a Francoforte, nella giornata del 18 marzo, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede della Banca centrale europea (Bce). Una torre da circa un miliardo di euro, soldi che secondo i dimostranti potevano essere spesi per misure di supporto al reddito e lotta alla disoccupazione. La torre, chiamata Eurotower, è il nuovo simbolo del potere finanziario europeo e la sua inaugurazione, che doveva essere un giorno di festa, è diventata l’occasione per mettere in scena la rabbia. “Non c’è nulla da festeggiare – dicono gli organizzatori – perché quella torre è il simbolo delle misure di austerità che l’Unione Europea e la Bce stanno portando avanti”.

La manifestazione è stata organizzata dal Blockupy, sigla sotto la quale si raccolgono diversi movimenti, tra cui Attac (che propone una tassa sulle transazioni finanziarie), la Linke (partito di estrema sinistra tedesco) ma anche la Fiom e alcuni parlamentari di Sinistra ecologia e libertà, che rappresentavano il grosso della delegazione italiana. La protesta doveva essere pacifica, ma fin dalle prime ore ha preso un’altra piega. Gli scontri hanno registrato l’abituale danneggiamento di negozi, l’incendio di sette auto della polizia tedesca, il lancio di sassi e molotov da parte dei dimostranti e la reazione decisa, ma composta, della polizia tedesca che nel pomeriggio – una volta respinti gli assalti più accesi – ha isolato alcuni di coloro che riteneva responsabili, arrestandoli: tra di loro anche alcuni italiani. Secondo alcuni testimoni, le azioni di teppismo sarebbero da ascriversi a un “blocco nero” infiltratosi nel corteo.

Così, quella che doveva essere una “manifestazione pacifica, colorata e transnazionale” è diventata occasione di violenza, simbolo dell’esasperazione di molti europei di fronte alle misure di austerità ma anche sintomo della deriva che la frustrazione e l’opportunismo organizzato possono provocare. Quelli di Francoforte, seppur limitati, sono scontri che si prestano facilmente ad essere interpretati come metafora e come monito per l’intero continente e che mettono il dito nella piaga del deficit democratico delle istituzioni europee che, come ha ricordato Werner Renz del gruppo Attac, “non sono state elette da nessuno eppure decidono misure economiche che si rovesciano sulla testa dei cittadini di tutta Europa”. E se i cittadini non possono scegliere, votando, è frequente che si arrabbino.

L’inaugurazione dell’Eurotower è comunque avvenuta, nel pomeriggio, e Mario Draghi ha fatto gli onori di casa. Draghi, che della Bce è il presidente, si è messo in posizione di ascolto verso la “piazza” dicendo che le ragioni della protesta erano comprensibili e che occorre “capire cosa motiva questi punti di vista, perché la gente vuole un cambiamento“. “I manifestanti che sono qua fuori oggi”, ha affermato il numero uno della banca, “credono che l’Europa stia facendo troppo poco” e la vogliono “più integrata e con più solidarietà tra le nazioni”. Tuttavia Draghi ha difeso il proprio operato sostenendo che la Bce sta “cercando di attutire i colpi” della crisi, ad esempio mantenendo invariati i tassi di interesse. Una crisi che, per altre vie, gli Stati Uniti hanno già risolto. Ma quella via non sembra percorribile a chi tiene le briglie del continente, Germania in testa.

Se ridurre il problema della crisi europea alla presunta volontà tedesca di dominare il continente è sbagliato, è pur vero che l’incaponirsi della Merkel e del suo ministro dell’economia Schauble non stanno aiutando alcun cambiamento. E il protagonismo tedesco in sede europea (ma anche mondiale, si pensi al ruolo giocato nella crisi ucraina) fa storcere il naso a molti. Non a caso il corteo ha scandito slogan anti-Merkel accusando la Bce di “fascismo monetario”. La scorsa settimana la Bce ha lanciato un piano da 60 miliardi di euro al mese da realizzarsi tramite l’acquisto di titoli di stato dei paesi europei, e specialmente di quelli in crisi, per supportare la riduzione del debito pubblico. Basterà?

foto KAI PFAFFENBACH/REUTERS

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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