Mancano ormai pochi mesi all’inaugurazione della prima edizione dei Giochi Europei, un nuovo evento sportivo, versione continentale dei Giochi Olimpici organizzata dall’International Olympic Committee, che vedrà svolgersi la sua prima edizione a Baku, capitale dell’Azerbaigian. Negli ultimi tempi, a far discutere non è però l’imminente manifestazione sportiva, quanto invece un tema ormai diventato ricorrente quando si parla del paese caucasico, ovvero la problematica situazione dei diritti umani, che nell’ultimo anno sembra essere nettamente peggiorata.
Così, lo scorso 4 marzo, a 100 giorni esatti dall’inizio dei Giochi, Amnesty International, famosa associazione impegnata nella difesa dei diritti umani, ha voluto pubblicare un report, intitolato “Guilty of defending rights: Azerbaijan’s human rights defenders and activists behind bars“, dove vengono elencati tutti gli ultimi abusi subiti dai numerosi sostenitori dei diritti umani messi alle strette dal regime di Aliyev. Il documento di Amnesty International evidenzia come negli ultimi mesi le persecuzioni, le aggressioni e le minacce nei confronti degli attivisti politici anti-governativi siano aumentate, così come sono aumentati gli arresti e le detenzioni, solitamente sotto falsi capi d’accusa. Inoltre, secondo quanto affermato dallo stesso direttore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia Centrale, John Dalhuisen, il governo dell’Azerbaigian sarebbe attualmente il più repressivo d’Europa, a tal punto da aver completamente paralizzato l’intera società civile.
Il report si apre con un emblematico estratto del discorso pronunciato dal presidente Aliyev lo scorso giugno all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa a Strasburgo, quando l’Azerbaigian deteneva ancora la presidenza del Comitato dei Ministri dello stesso Consiglio d’Europa:
Tutte le libertà fondamentali sono rispettate in Azerbaigian […] Ci sono libere attività politiche, libertà politiche […] Centinaia di istituzioni politiche e partiti politici operano nel nostro paese. I media sono completamente liberi […] la libertà di stampa è pienamente assicurata […] Così come è assicurata anche la libertà di assemblea.”
Ma subito dopo gli autori del report incalzano: “Le assicurazioni date dal Presidente Ilham Aliyev riguardo alla libertà d’espressione, di associazione e di assemblea, contraddicono quello che è stato uno degli anni più disastrosi per i diritti umani in Azerbaigian fin dall’indipendenza del 1991.”
Infatti, secondo un documento pubblicato in estate dall’ESI (European Stability Initiative) e ripreso da un’inchiesta del quotidiano The Guardian lo scorso dicembre, fino allo scorso agosto in Azerbaigian erano ben 98 gli attivisti dei diritti umani, giornalisti e rappresentanti di ONG incarcerati per aver mosso critiche al regime di Aliyev. Negli ultimi sei mesi il numero è però aumentato: se recentemente quattro attivisti erano infatti stati rilasciati (dopo però essere stati forzati a sottoscrivere una richiesta di grazia e a recarsi presso la tomba di Heydar Aliyev a prestare giuramento), allo stesso tempo molti di più ne sono stati arrestati, così che il numero complessivo di detenuti politici nel paese è incrementato.
Negli ultimi mesi non sono mancati arresti eccellenti, come quello dell’attivista per i diritti umani Leyla Yunus, direttrice dell’Istituto per la Pace e la Democrazia, imprigionata la scorsa estate con l’accusa di tradimento, per aver sostenuto il dialogo tra Armenia e Azerbaigian e per aver incitato gli azeri a boicottare i Giochi. Con lei è stato arrestato anche il marito Arif. Più recente è invece l’arresto di Khadija Ismaylova, giornalista investigativa e collaboratrice di RFE/RL, incarcerata lo scorso dicembre in seguito a continue intimidazioni con l’accusa di “incitamento al suicidio”, e in un secondo momento accusata anche di diffamazione, appropriazione indebita, imprenditorialità illegale, evasione fiscale e abuso di potere. La Ismaylova, che attualmente rischia fino a 12 anni di carcere, era diventata famosa per la serie di inchieste riguardanti la famiglia del presidente Aliyev.
Ai Giochi Europei, si stima, parteciperanno più di 6.000 atleti, rappresentanti di 50 diverse nazioni (a cui il governo di Baku pagherà per intero i costi del viaggio e dell’alloggio). In vista dei Giochi, i governi di questi paesi non hanno ritenuto di doversi pronunciare in merito alla questione dei diritti umani in Azerbaigian, preferendo non politicizzare l’evento, sottolineandone solo l’importanza dal punto di vista sportivo. Questa posizione rispecchia più in generale quella della comunità internazionale, che non sembra essere infatti preoccupata più di tanto per la situazione dei diritti umani nel paese caucasico; mentre dal canto suo la stessa Unione Europea non ha mai affrontato in modo deciso la questione. La stessa popolazione azera percepisce questa indifferenza, che sembra suonare come un preoccupante silenzio-assenso che finisce per lasciare impunite le azioni di Aliyev, che in questo modo può continuare imperterrito ad attuare le sue politiche di repressione.
Foto: English PEN
Una domanda sullla foto: perché gli slogan sono in inglese e non nella lingua del Paese (turco-azerbaigiano)? L’obiettivo è puntare su una reazione dei Paesi occidentali? E quale?
I Paesi europei politicizzano giochi olimpici ed eventi sportivi quando i loro governi sono concorrenti. In caso contrario si preferisce sottolinearne l’importanza dal punto di vista sportivo. È una condotta fondamentalmente ipocrita, ma propria di tutti gli Stati.