Un francese, una tedesca, un russo ed un ucraino a Minsk. Sembrerebbe l’inizio di una barzelletta se solo non si stesse parlando di guerra e morti. In Bielorussia è andato in scena un vertice d’altri tempi, alla fine del quale, dopo più di 16 ore no stop, sono stati partoriti una dichiarazione congiunta ed un accordo.
La dichiarazione, pur rimasta in bilico fino all’ultimo, appare molto fumo e poco arrosto, come è giusto che sia. Ben diverso l’accordo, ufficialmente redatto dal gruppo di contatto tripartito (Ucraina, separatisti, Russia e OSCE), che è il frutto principale di una notte convulsa, e che si pone l’obiettivo di risolvere una situazione al limite dell’irreparabile nel Donbass.
Minsk I, Minsk II: trova le differenze
L’accordo di Minsk del 5 settembre scorso, ed il successivo memorandum operativo del 19 dello stesso mese non sono stati in grado di risolvere la situazione nell’est dell’Ucraina e pare logico chiedersi se l’attuale accordo presenti aspetti nuovi e promettenti. Compariamo quindi i testi, nei punti salienti, e troviamo le differenze.
1) Il cessate il fuoco è chiaramente presente in entrambi i testi, con specificato nell’accordo Minsk-II che esso entrerà in vigore alle 00.00 del 15 febbraio: concedere più di due giorni di “limbo” appare un modo per risolvere, con le armi, le questioni particolarmente spinose in sospeso, un caso tra tutte la cittadina di Debaltseve, in mano ai governativi, ma accerchiata dai separatisti.
2) Gli armamenti pesanti devono essere ritirati entro 14 giorni. La zona demilitarizzata (anche se si parla solo di armamenti pesanti) dovrà essere di almeno 50 km, venti in più rispetto a quello di settembre: melius abundare quam deficere. Uno dei punti maggiormente discussi riguardava la posizione dalla quale iniziare a contare la distanza, con i separatisti che chiedevano a gran voce di misurare dalla linea di conflitto, ed i governativi che speravano fosse dalla linea di contatto considerata a settembre 2014. Pilatescamente si è quindi precisato che per l’esercito ucraino si contano i chilometri dalla linea di contatto, mentre per i separatisti dalle linee considerate nell’accordo di Minsk-I.
3) A partire dal primo giorno del ritiro delle armi pesanti viene concordato l’avvio del dialogo per l’organizzazione di elezioni locali secondo la legge ucraina “sul regime temporaneo di autogoverno locale in determinate zone delle regioni di Donetsk e Lugansk”, così come viene imposto al Parlamento ucraino di stabilire, entro 30 giorni, a quali zone ci si riferisca. Maggiore precisione rispetto al primo accordo, ma non sembra una grande novità.
4) Amnistia per tutti i responsabili di crimini commessi nelle zone di guerra. Copia ed incolla dal testo di settembre. Inoltre viene previsto lo scambio dei prigionieri. A settembre si diceva “immediatamente”, adesso si parla di “entro cinque giorni”. I risultati non furono proprio entusiasmanti allora, non si capisce quindi che cosa potrebbe cambiare ora.
5) Novità assoluta di Minsk-2 è il ripristino delle relazioni socio-economiche tra Ucraina e aree sottoposte ai separatisti. In pratica Kiev dovrà tornare a pagare pensioni e servizi socio-assistenziali: l’obiettivo è dar fiato alle popolazioni stremate, in concreto con tutta probabilità questi soldi andranno ai separatisti: Kiev lo sa, e di certo tergiverserà prima di agire.
6) Ritiro di tutti i mercenari e le forze straniere dal conflitto: anche qui si ripete pari pari quanto già previsto a settembre.
7) Entro la fine del 2015 dovrà essere approvata una nuova riforma costituzionale che preveda la decentralizzazione e che tenga conto delle esigenze espresse dai separatisti. Si dice quindi che Kiev ed i separatisti dovranno dialogare e trovare un accordo sulla struttura dell’Ucraina. Il dubbio quindi è: ma se a Kiev son già contrari ad una forma di autonomia forte per le regioni di Donetsk e Lugansk, mentre i separatisti si considerano indipendenti, come sarà mai possibile raggiungere un accordo circa una riforma costituzionale? Questo punto sembra – allo stato attuale – pura fantasia. E si prosegue di fantasia nelle note del Minsk-II dove si parla di possibilità di accordi in ambito economico, sociale e culturale tra governo centrale e organi locali di autogoverno, oppure dove si parla di cooperazione transfrontaliera tra le aree controllate dai separatisti e le regioni della Federazione Russa, con tanto di assistenza del Governo centrale o dove si menziona la possibilità di creazione di unità della milizia popolare.
Non funzionò allora, funzionerà adesso?
Non è un segreto per nessuno che l’accordo di Minsk di settembre 2014 non funzionò affatto, ed i numerosi morti degli ultimi giorni lo testimoniano. Sarà possibile che il nuovo accordo funzioni?
Ci sono alcune differenze fondamentali, e la prima è che sono scesi in campo i “pesi massimi” Merkel ed Hollande, che hanno addirittura accettato di stringere la mano a Lukashenko pur di trovare una soluzione. C’è quindi da considerare probabile che oltre a quanto scritto i due abbiano fatto capire che non accetteranno di buon grado scherzi dalle parti, ed in modo particolare dalla Russia e che in caso di violazioni palesi del testo concordato ci saranno ripercussioni importanti. Certo potrebbe trattarsi di un bluff, ma è meglio esser cauti in queste situazioni.
Altra differenza appare la maggiore precisione nei termini temporali entro i quali andranno allontanati i mezzi pesanti, liberati i prigionieri, organizzate le elezioni locali o elaborate riforme. Sembra quindi che – in caso di buona volontà – la strada sia segnata. Basta seguire la “lista della spesa” insomma.
Purtroppo le motivazioni che spingono a pensare che il nuovo accordo non funzionerà son molte. Innanzitutto le differenze dal primo accordo non sembrano così sostanziali da modificare l’esito, e molti punti sembrano il copia ed incolla del testo di settembre 2014. Inoltre alcune parti particolarmente astratte nel testo del Minsk-I sono state approfondite in maniera che allo stato attuale delle cose appaiono del tutto impossibili da accettare da entrambe le parti. Il caso della riforma costituzionale, e quindi dell’assetto generale dello Stato ucraino risulta il caso più assurdo: si dice tutto ed il contrario di tutto. Si parla addirittura di “nuova costituzione”, e appare chiaro che in materia di politica estera (limitatamente a quella con la Russia), in materia di sicurezza, attraverso la creazione di un’unità di milizia popolare, e nell’ambito giudiziario, con la partecipazione alla nomina dei procuratori, le competenze richieste dalle regioni autonome andrebbero ben oltre quanto Kiev è disposta a offrire.
Risulta chiaro inoltre l’obbligo per le parti di parlarsi direttamente, se non addirittura di cooperare; ma come ciò sarà possibile se sia Poroshenko, sia i leader dei separatisti hanno sempre enfatizzato il rifiuto della controparte?
E ancora: l’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, che è stata incaricata di verificare il rispetto degli accordi, non appare abbastanza forte per metterli in atto e per sanzionare chi li dovesse infrangere. Forse è proprio questo il motivo per il quale è stata scelta ormai da molti mesi, con l’approvazione della Russia.
Ed ora? I primi risultati dell’accordo
Nel mentre le trattative erano in corso, nel Donbass la situazione era particolarmente calda, ed anche in queste ore i morti non sono mancati. Purtroppo appare chiaro che le parti vogliano migliorare le posizioni prima dell’inizio del cessate il fuoco. Kiev accusa la Russia di aver inviato nelle ultime ore una cinquantina di carri armati e numerose armi pesanti. I separatisti accusano i governativi di bombardamenti in zone abitate da civili. Solita guerra mediatica.
Gli Stati Uniti sembrano intenzionati a vedere se l’accordo sarà rispettato prima di vagliare l’ipotesi di invio di armi all’Ucraina. L’Unione Europea ha annunciato che al momento non prevede nuove sanzioni per la Russia, almeno finché non veda violato l’accordo [l’entrata in vigore delle nuove sanzioni individuali decise dopo il bombardamento di Mariupol e sospese durante i negoziati di Minsk verrà discussa a Bruxelles lunedì, ndr]. Il Fondo Monetario Internazionale ha stanziato circa 17,5 miliardi di dollari di prestito per l’Ucraina. Tutti sono in attesa di vedere se la pace durerà; ma intanto non è ancora iniziata.
Direi che l’unico punto chiaro emerso da questa ribollita alla Minsk, è che la posta in gioco non è la Crimea o il Donbass, ma Kyiv e il tentativo da parte della Russia di Putin di riaffermare il suo controllo nella sfera exsovietica. Che le repubblichette servano a Putin solo come strumento per una bosnificazione dell’Ucraina lo dimostra il rumoreggiare degli ultranazionalisti russi che parlano di svendita della Novarossia.
L’azzardo putiniano sta mostrando le corde: le risate che hanno accolto le solite dichiarazioni di Lavrov a Monaco lasciano capire che la disinformazione montata da Mosca è sempre meno credibile e che ormai l’opzione militare rimane l’unica freccia nell’arco di Putin: in una trasmissione televisiva russa si pianificava in quanto tempo i carri armati sarebbero arrivati a Varsavia (1300 km, attraverso la Bielorussia…). Certo che passare da una guerra sporca ad una invasione in pieno stile sarebbe un salto di qualità che forse nemmeno Putin si potrebbe permettere.
Sicuramente le sorti di Kyiv e dell’Europa non passano per Minsk (1 o 2 a piacere).
Beh sicuramente la propaganda televisiva la fa da padrone, su Rai news 24 la giornalista Goracci ha fatto tutto un servizio da Donesk con le immagini marchiate in alto a destra col simbolo del battaglione Azov per tutto il tempo del servizio, si può immaginare l’imparzialità, su canale ucraini invece dicevano che sarebbero andati a festeggiare la vittoria sui separatisti del Donbass con una parata militare a Sebastopoli.
Quindi lasciamo stare la tv.
Siamo alla farsa, Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha pubblicato un decreto per nominare proprio consigliere fuori ruolo l’ex presidente georgiano filo-americano Mikheil Saakashvili. Lo fa sapere l’agenzia Interfax.
Saakashvili, nemico dichiarato della Russia, vive da tempo rifugiato negli Usa, che rifiutano di consegnarlo alla Georgia dove le attuali autorità di Tbilisi ( per altro nn filo-russe) lo ricercano per “abuso di potere” durante la sua presidenza e altri presunti reati.
Dopo i tre ministri “stranieri” o meglio americani, con legge ad Hoc per poterli inserire nel governo, continua la colonizzazione Usa dell’Ucraina o meglio l’occupazione giusto per usare le stesse parole di chi accusa di occupazione Russa.
Siamo alle solite: è inconcepibile ed inammissibile che la maggioranza del popolo ucraina abbia spontaneamente voltato le spalle alla Madre Patria Russa e non voglia sentir parlare di Putin e dei suoi tirapiedi. Devono esserci delle trame oscure, complotti internazionali e sordidi interessi. Sicuramento Poroshenko DOVEVA nominare suo consigliere Zakharchenko , patriota di sicura fede moscovita, allora tutti avrebbero applaudito al lungimirante uomo politico e illuminato pacifista.
Quanto all’intervento militare russo negli affari di uno stato vicino che, incredibilmente, osa pensarsi indipendente e sovrano, lo definiremo una scampagnata di allegri compagni di merenda, così da non urtare la sensibilità del Cremlino.
Circa i programmi televisivi, non mi sembra che si possa mettere sullo stesso piano un reportage televisivo “partigiano” con una trasmissione che suggerisce, con dovizia tecnica, i tempi e i modi di un “tour” in Europa da parte dei tanks russi di Putin.
Saakashvili a parte… da parte del popolo Ukraino fin dall’inzio di tutta questa situazione ho visto solo manifestazioni orientate più verso Occidente che verso Oriente magari mi sbaglio, magari la TV che vedo in Italia è faziosa e ha nascosto altre manifestazioni pro Russia… ditemi voi se ciò è vero. Se fosse così allora si può dire con certezza quale sia il vero indirizzo di volontà degli Ukraini (interferenze o no).
Ritornando a Saakashvili non sarà uno stinco di santo ma speriamo che almeno possa essere di buon consiglio a Poroshenko per evitare che anche l’Ukraina faccia la fine della Georgia che nell’arco degli ultimi decenni si è vista rapinata de facto dalla Russia di 1/3 del proprio territorio nazionale
Gentile autore Rizzi (come tanti giornalisti italiani, che portano le loro notizie ai propri concittadini, citando spesso volentieri Russia24 e altri media propagandisti russe come LifeNews o simile) sbaglia su alcuni punti importanti: non è circondata Debaltseve (lo dice la TV russa), l’Ucraina “torna a pagare” le pensioni etc, SOLO DOPO il ritorno dei territori sotto la legislazione ucraina e sotto il governo di Kiev e non prima – quindi Kiev non mantiene i separatisti, è ovvio. L’Ucraina non diventa una federazione! E’ tutto quello che voleva putin a Minsk e non ha ottenuto, non si è riuscito ad attaccare questa palla di piombo alla gamba dell’Ucraina, che vuole fare passo più lungo. La vittoria più grande di Minsk-2 (che non ha capito forse Rizzi) è quella di mettere all’evidenza e alla chiarezza davanti all’intero Mondo che proprio lo “zar” è quello responsabile delle guerriglie in Donbass – se riesce lui a stoppare – e zakharcenko con plotnitsky sono solamente i suoi burattini di turno. Solo che il suo teatrino, di questo nuovo Carabas-Barabas, costa caro al popolo ucraino, civile compreso.
Gentile Ganna, la ringrazio del suo commento, così come ringrazio gli altri commentatori. Non cito le fonti che riporta lei, perché – non me ne voglia – credo che fonti russe così come fonti ucraine in questo momento sia meglio evitarle, per il semplice fatto che il coinvolgimento (e la propaganda…) mi pare portatore di notizie spesso parziali e non sempre affidabili. Debaltseve è nei fatti accerchiati da quanto so da mie fonti sul posto. Esiste una via attraverso la quale è possibile raggiungerla che però è sotto il tiro frequente dei separatisti, rendendo di fatto la città accerchiata. Tuttavia non mi pare una questione così cruciale. La questione che pongo nell’articolo è un’altra: che prima dell’inizio della tregua entrambe le parti hanno cercato di guadagnare terreno in alcune zone particolari, prima fra tutte la cittadina di Debaltseve. Triste sentire che anche in seguito alla tregua questa martoriata città rimane ancora zona di scontro.
Per quanto riguarda i trasferimenti di denaro da Kiev al Donbass, così come la “decentralizzazione”, secondo gli articoli 8 e 11 dell’accordo che lei certo conosce bene, mi fa piacere che le sia chiara l’interpretazione vera del testo: spero sinceramente che tutte le parti in campo interpretino in un unico modo quanto sottoscritto. Purtroppo credo che non sarà così. Purtroppo, come dice lei, non credo di aver capito molte cose dell’accordo…e non credo per demerito mio, ma per la difficile interpretazione dell’accordo!
E’ scontro tra Tbilisi e Kiev sull’ ex presidente georgiano anti-russo Mikhail Saakashvili, ricercato in patria ma nominato dal presidente ucraino consigliere di un organismo per le riforme. All’indomani della convocazione dell’ambasciatore ucraino al ministero degli esteri georgiano, il procuratore generale di Tbilisi ha chiesto alle autorità di Kiev di estradare Saakashvili – riparato dapprima negli Usa e ora spostatosi in Ucraina – denunciando la mancata cooperazione ricevuta finora.
Se qualcosa possiamo imparare (ammesso che ce ne fosse bisogno…) dagli avvenimenti a Debaltseve è chi è l’AGGRESSORE e chi l’aggredito, chi ricerca la SOLUZIONE MILITARE e chi deve subirla, chi ignora gli accordi appena firmati e chi deve chiedere l’intervento internazionale.
Putin SUGGERISCE ai militari ucraini di arrendersi, se no faranno la fine di quelli nazisticamente liquidati a Ilovais’k, o sparati con la mani legate all’Aeroporto di Donetsk.
Chi sa cosa abbiano ancora da raccontarsi, a due o a tre, per telefono Merkel e compagni.