Un recente rapporto del Consiglio d’Europa accusa il governo ungherese di aver diminuito gli standard democratici del Paese; nell’occhio del ciclone la libertà di stampa e l’intolleranza verso gli immigrati.
L’Ungheria è di nuovo sotto ai riflettori del Consiglio d’Europa, in questo primo scorcio di 2015, tanto che lo stesso ha recentemente pubblicato un rapporto di 44 pagine sulla critica situazione dei diritti umani all’interno del paese. In questo documento, il Consiglio d’Europa pone l’attenzione su due ordini di problemi: le limitazioni alla libertà di stampa e la crescente diffusione dell’antisemitismo e dell’intolleranza verso gli immigrati.
Quale libertà di stampa?
La controversa posizione dell’amministrazione Orbán nei confronti dei media si è arricchita di un nuovo elemento con l’introduzione, lo scorso giugno, di una tassa sugli spazi pubblicitari in base al volume dei guadagni attraverso l’impiego di aliquote progressive fino a un massimo del 40% sulle inserzioni pubblicitarie effettuate sui mezzi televisivi, radiofonici e sulla carta stampata. Secondo gli osservatori, si tratta di un provvedimento punitivo volto esclusivamente a colpire il gruppo editoriale RTL, fra i principali canali televisivi magiari e principale “rivale” del canale TV2, recentemente acquisito da imprenditori vicini al partito Fidesz del Primo Ministro.
Nils Muiznieks, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha sottolineato la mancanza d’informazione libera nel Paese, affermando che esistono casi di «giornalisti fermati e rilasciati per aver scritto in modo critico del Partito al Governo» e «tantissimi casi di diffamazione ai danni di giornalisti autori d’inchieste». Sembra fondamentale, lascia intendere il Commissario Muiznieks, promuovere il pluralismo d’informazione al fine di risolvere problematiche tanto gravi.
Razzismo e xenofobia
Più inquietante è, invece, la questione legata all’intolleranza nei confronti delle minoranze rom e, più in generale, verso gli immigrati. A preoccupare, aldilà di un diffuso e mai sopito antisemitismo, è l’alleanza fra Jobbik, partito dell’estrema destra ungherese con ben 23 seggi in Assemblea Nazionale e il 20,22% delle preferenze elettorali, e alcuni movimenti paramilitari risultati responsabili di intimidazioni e aggressioni a esponenti delle comunità rom. Proprio Jobbik, tra l’altro, avallò, nel 2007, la nascita dell’ultra-nazionalista Magyar Gárda, la Guardia Ungherese, fra i cui molti compiti erano annoverati (il movimento venne sciolto nel 2009) il mantenimento dell’ordine pubblico, il rafforzamento della sicurezza nazionale e la difesa civile.
Muiznieks, inoltre, sostiene che ancor più preoccupante è «la detenzione spesso arbitraria dei richiedenti asilo» e la poca trasparenza nelle modalità tramite cui «alcuni [immigrati] vengono fermati e altri no». Così come a non convincere il Consiglio d’Europa sono stati anche alcuni limiti intrinsechi nel sistema di gestione dei flussi migratori ungherese. «Credo che l’Ungheria dovrebbe sviluppare meglio politiche di lungo termine per cercare una soluzione al problema dell’integrazione», continua Muiznieks, «altrimenti i migranti non si fermeranno, ma si sposteranno verso altri Paesi e questo perché non vedono opportunità in Ungheria».
La reazione a Budapest
Elementi di certo allarmanti, questi, ma resta anche il fatto che l’amministrazione Orbán ha segnato una netta inversione di tendenza rispetto ai governi passati, emanando addirittura una legge che rende illegale il negazionismo dell’Olocausto; il partito di Orbán, poi, vanta fra le propria fila anche la presenza di Lívia Járóka, unica politica europea d’origine rom eletta a Bruxelles, fra il 2009 e il 2014 membro del Parlamento Europeo e della sua Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.
Sempre in Ungheria, inoltre, è in vigore la legge 79/1993, più volte emendata nel corso degli anni, volta a garantire alle minoranze rom strumenti di auto-governo, oltre alla possibilità di fondare propri istituti educativi.
Molti, a Budapest, sostengono che il rapporto del Consiglio d’Europa sia vero a metà, specie in relazione alle problematiche razziali, affermando che il razzismo sia sì presente in Ungheria, ma non più di quanto lo sia in altri paesi dell’Unione, e soprattutto che fosse già presente anche durante l’amministrazione del socialista Gyurcsány.
La conclusione dei fedelissimi di Orbán, insomma, è che l’Europa non sia tanto infastidita dalle misure del Premier ungherese, quanto dalla sua indipendenza dall’economia di Bruxelles e che si tratti solo dell’ennesimo tentativo di attaccare l’attuale governo. [Va ricordato che il Consiglio d’Europa è l’organizzazione pan-europea per la tutela di democrazia e diritti umani di cui fanno parte 47 paesi inclusi Russia e Turchia, indipendente dall’UE, ndr]