Il presente articolo è apparso sul giornale russo Vedomosti il 24 novembre scorso. La firma è di Vasilij Kašin, esperto del Centro russo di analisi delle strategie e delle tecnologie per la difesa. La sua lettura del conflitto bellico in cui è sfociata la crisi ucraina parte da un punto di vista di politica ed economia interna. La crisi ucraina come punto di partenza per una sterzata in positivo della situazione stagnante e per una progressiva “orientalizzazione” di tutto il gigante russo. Traduzione a cura di Martina Napolitano.
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Da poco la crisi ucraina ha compiuto un anno. Il 21 novembre 2013 a Kiev iniziava “euromaidan”. Circa nove mesi fa la crisi è entrata in una fase di guerra irreversibile: la Russia ha annesso la Crimea al suo territorio. È comprensibile l’idea di chi ritiene che il governo russo, avendo scelto di inasprire le sue relazioni con l’Occidente, si sia posto in una posizione avventata e si sia condannato da sé in ultimo conto alla sconfitta. Secondo questo punto di vista, l’unica chance per la Russia di scappare alla catastrofe è quella di trovare un compromesso con l’Occidente nella questione ucraina, per salvare l’economia nazionale. La risoluta intenzione occidentale all’aumento delle sanzioni e l’isolamento ostentato della Russia – si intendono anche le limitate presenze, come da protocollo, di rappresentanti russi ai summit internazionali – sono un effettivo metodo di influenza su Mosca. Non la pensano così i “pikejnye žilety” (lett. i gilet di piquè; vale a dire i “politologi da bar”): su questa tesi si costruisce solo la politica di USA e UE. Ed anche se la situazione che risulterà da questa politica finirà per precipitare, ciò non sarà visibile subito nei prossimi anni; ma quando lo sarà, allora ci si domanderà su chi far ricadere la responsabilità politica. È il caso comunque di capire i reali meccanismi della crisi che si sta protraendo. La vita di troppe persone e aziende dipende ora dalla politica.
Immaginiamo, per assurdo, che la crisi ucraina non ci sia mai stata. La Russia si sarebbe comunque scontrata con un brusco rallentamento della crescita, un’impennata di inflazione e con la caduta di valore del rublo. Nella crisi il governo russo sarebbe entrato anche senza alcun investimento politico. Inoltre, sebbene le manifestazioni di opposizione del 2011 non abbiano portato a nulla, il potere ha continuato a sentirsi poco tranquillo. I leader della protesta liberale del 2011 pur non avendo saputo ottenere niente, sono sintomo comunque del mutamento della vita della società russa degli ultimi anni. La pesante recessione economica degli ultimi due-tre anni, che, come è evidente, non è superata, poteva aver luogo anche a partire da queste imprevedibili conseguenze politiche.
La riuscita annessione di un territorio e il sostegno bellico ai compatrioti all’estero hanno un importante significato per il futuro dell’odierno governo russo. L’estremamente debole identità russa postsovietica ha ricevuto nuova forza; il pericoloso nazionalismo etnico è stato discriminato, mentre ha visto uno sviluppo il “nazionalismo statale” (ovvero di chi appartiene a uno stesso stato, al di là dell’etnia). Le persone hanno iniziato a sentirsi coinvolte negli affari di stato e nella politica. In una prospettiva a lungo termine, il popolo, risvegliato dalla guerra, non si tranquillizzerà facilmente, e molto sarà da modificare. Ma in una prospettiva a termine più breve, il governo otterrà una solida base di sostegno. Se si parla di un ritorno della politica mondiale dell’Ottocento, allora probabilmente, l’analogia più vicina è quella con la guerra del 1864 tra Prussia e Danimarca per lo Schleswig, occupato da popolazione di etnia tedesca: fu una delle tappe di formazione della nuova nazione tedesca.
La crisi ha regalato alla Russia la Crimea. Se il presidente Obama al posto di introdurre sanzioni, disporre carri armati nei paesi baltici e comparare la Russia con l’epidemia di ebola, si fosse limitato ad ornare il muro della Casa Bianca con i colori della bandiera ucraina e ad organizzare a Washington un concorso per caricature di Putin, allora avrebbe fatto al leader russo un danno maggiore. Per questo, ovviamente, quando USA e UE si dicono pronti a ritirare le sanzioni in risposta a un buon comportamento della Russia in Ucraina e propongono analisi delle condizioni per farlo – proposte ridicole agli occhi russi – dimostrano solo un’incomprensione della situazione. Mosca chiaramente ha dichiarato di non avere intenzione di portare avanti tali trattative. D’altro canto, però, a questo punto la Russia non è interessata ad un peggioramento della crisi. Ha già eseguito il suo utile ruolo. Una nuova acutizzazione delle azioni militari nell’est dell’Ucraina e una nuova ondata di sanzioni non risulterebbero pericolose per la Russia, ma nemmeno desiderabili.
Ora la Russia è interessata al congelamento del conflitto e a questo fine tenta di creare sui territori ucraini orientali secessionisti un sistema di guerra centralizzata e di amministrazione civile. Senza di esso le “repubbliche popolari” si trasformerebbero in fonte di enormi problemi. Allo stesso tempo la Russia non si sta muovendo verso alcun serio compromesso nella questione del futuro di queste repubbliche: qualsiasi manifestazione di debolezza, qualsiasi attuale scesa a patti toglie ai leader russi il capitale politico che hanno ad oggi accumulato. Se le trattative portate avanti recentemente tra Russia e Occidente riguardo la questione ucraina precipitassero, si potrebbero facilmente verificare una ripresa delle azioni militari ed una offensiva delle forze filorusse.
Tuttavia il significato dell’Ucraina e dell’Europa Orientale in generale per la Russia nel futuro prossimo gradualmente ma costantemente diminuirà. La crisi ha minato i rapporti con la UE e ha fatto sterzare gli interessi della Russia verso l’Asia, verso una graduale intesa con la Cina e un crescente coinvolgimento generale nella politica asiatica. Ora la questione fondamentale per la Russia è come sfuggire ad una possibile futura dipendenza eccessiva dalla Cina e come conservare la propria libertà di manovra politica nella politica asiatica. Questo è ormai più importante rispetto all’influenza in Ucraina e alla situazione politico-militare in Europa Orientale. Per questo il governo russo a questo punto è interessato alla stabilizzazione dei rapporti con gli USA e alla conclusione dell’epopea ucraina.
potresti postare il link dell articolo originale? vedo che e una traduzione
molti degli interessanti articoli che pubblicate sulla questione russa/ucraina partono quasi sempre da un presupposto tipico più di commentatori filo occidentali che di commentatori realmente super partes: e cioè dal presupposto che la Russia abbia torto.
” …il governo russo, avendo scelto di inasprire le sue relazioni con l’Occidente…”
Ma chi è che che ha veramente scelto di inasprire le relazioni? dalla frase suddetta si da per scontato che sia la Russia. Ma è realamente così?
Credo che le ragioni e le origini delle tensioni siano molto piu complesse per liquidare e bollare sempre e comunque la Russia come attore negativo e come attore positivo il cosiddetto occidente (vedasi USA, l’EU è vassalla dell’USA dal 1945…).
Saluti
Giuseppe
Esistono alcuni dati di fatto. La Russia di Putin si è resa responsabile, nel 2014, di diverse violazioni del diritto internazionale riconosciute da tutta l’ONU (non solo da USA e UE), in primis l’annessione della Crimea ucraina. E queste sono scelte politiche che portano a conseguenze concrete. Delle proprie scelte, poi, ciascuno stato resta responsabile.
per la Crimea è stato fatto un referendum.
Esiste il principio di autodeterminazine dei popoli riconosciuto come norma dal diritto internazionale.
I cittadini della Crimea sono di maggioranza russa (ben oltre al 50%, correggetemi se sbaglio), e questo potrebbe certamente aver influito sul risultato del referendum a favore della Russia.
Inoltre non mi risultano ne proteste ne violenze ne tantomeno vittime in Crimea a seguito del referendum e conseguente annessione.
La mie potrebbero sembrare, e forse lo sono, osservazioni superficiali, ma credo che anche questi siano dati di fatto.
Sentire gli USA ergersi a paladini contro le violazioni del diritto internazionale poi mi fa sorridere: una nazione che possiede una macchina bellica talmente potente da non poter permettersi di tenerla inattiva, e che, unica nella storia, ha sganciato due bombe atomiche su popolazioni civili.
buongiorno Giuseppe
solo una precisazione. Come spiegato altrove su questo sito (https://www.eastjournal.net/la-crimea-ha-diritto-allautodeterminazione-ecco-perche-il-referendum-non-vale-niente/40619) il diritto all’autodeterminazione non si può applicare al caso della Crimea. Cordiali saluti
Matteo
Non ho letto l’articolo a suo tempo.
Lo leggerò con attenzione
grazie saluti