Nuovo campanello di allarme per il calcio croato: a distanza di una settimana dal lancio di fumogeni di San Siro, una nuova protesta di ultrà ha messo in stallo il Vječni Derbi, ovvero lo scontro tra Dinamo Zagabria e Hajduk Spalato, il più importante appuntamento calcistico del paese. Una partita che però non si è disputata per il rifiuto dei giocatori dell’Hajduk di scendere in campo al Maksimir di Zagabria.
Tifosi bloccati
Pochi minuti prima dell’incontro, diversi tifosi del gruppo Torcida, il principale gruppo di ultrà dell’Hajduk, sono stati bloccati fuori dallo stadio dalle forze dell’ordine e si sono visti impedire l’accesso allo stadio in quanto i loro nomi erano presenti in una lista nera di nominativi interdetti. La decisione degli altri membri del gruppo Torcida è stata quella di lasciare lo stadio e restituire i propri biglietti: quando la notizia ha raggiunto gli spogliatoi, anche la squadra si è rifiutata di giocare. Il commento del presidente dell’Hajduk Marin Brbić è stato il seguente: “L’Hajduk è una squadra popolare. Siamo un club formato dai nostri membri, dai nostri tifosi, ed è nostro dovere sostenerli – come loro sostengono sempre la nostra squadra”.
All’interno del Maksimir la scena è stata irreale. Di fronte a un migliaio di tifosi (da diverso tempo la Dinamo ha un supporto piuttosto sparuto) solo gli undici giocatori di casa sono scesi in campo, onorando un minuto di silenzio per l’anniversario della caduta di Vukovar in uno stadio noto per essere stato teatro di una delle prime avvisaglie delle guerre jugoslave, quando un incontro tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa Belgrado degenerò in uno scontro generalizzato. Al ritorno a Spalato l’Hajduk sarebbe invece stato accolto e celebrato da ottomila tifosi allo stadio Poljud, come se avesse vinto un trofeo.
Spiegando la decisione della sua squadra, Brbić è stato categorico: “Quello che è avvenuto a Zagabria è l’ultima goccia e abbiamo dovuto dire che ne avevamo abbastanza. […] Siamo stati bersagliati sistematicamente per diverso tempo, perché il calcio croato è costruito per servire un club e un uomo solo – quel club è la Dinamo, e quell’uomo è Zdravko Mamić”.
Chi è Zdravko Mamić?
Zdravko Mamić è il direttore esecutivo della Dinamo Zagabria ed è, a detta di Brbić e molti altri, il membro più influente della federcalcio croata presieduta dal leggendario ex attaccante Davor Šuker. Proprio la grande influenza di Mamić nella federcalcio alimenta un complesso di persecuzione in casa Hajduk, visto che il club adriatico non gode di alcuna rappresentazione in nessuno dei principali poli di potere del calcio croato. A suffragare le accuse che vengono dal club croato e dai membri di Torcida ci sarebbero le pene più severe con cui vengono sanzionati i fan e il club di Spalato rispetto agli altri club.
I problemi del calcio croato non si fermano però solo al Vječni Derbi e sono molto più ampi, al punto di sfociare nella doppia interruzione di Italia–Croazia a San Siro per il lancio di fumogeni dalla curva croata. Un gesto non accettabile, ma nemmeno spinto da una violenza immotivata: come ha scritto Aleksandar Holiga sul Guardian, era una richiesta d’attenzione ben pianificata.
Ironicamente, le proteste contro Mamić arrivano anche da parte dei Bad Blue Boys, gli ultrà della Dinamo Zagabria. Mamić, personaggio noto per aver insultato e minacciato giornalisti, ha anche il potere di stilare liste nere, interdicendo l’accesso allo stadio a chi si rende colpevole anche solo di intonare cori contro la sua figura o di indossare magliette contro di lui. Un tifoso della Dinamo Zagabria, intervistato da Holiga, ha dichiarato: “Si sta scrivendo troppo dell’Hajduk ora, e troppo poco del fatto che Zagabria sta boicottando la Dinamo”. La figura di Mamić è così poco ben vista dalla tifoseria dinamovista che l’iniziativa Zajedno za Dinamo (“Insieme per la Dinamo”), che richiede un controllo democratico del club da parte della base di supporter, ha pubblicamente dichiarato il proprio sostegno ai rivali dell’Hajduk dopo l’abbandono del derby.
Un business di famiglia
L’accusa contro Mamić è quella di utilizzare la Dinamo e il calcio croato come proprio business privato, nascondendo le gravi storture (accuse di match-fixing e persino un assalto fisico a Brbić da parte di un membro della federcalcio) e sfruttando la nazionale come vetrina per mettere in mostra i giocatori della Dinamo nella speranza di lucrosi trasferimenti esteri. Trasferimenti su cui molto spesso, come sottolineato dal sito italiano Nogometni, Mamić ha un tornaconto personale attraverso l’agenzia di procuratori ASA International, di cui è titolare il figlio Mario Mamić.
La ASA, che rappresenta tra gli altri Luka Modrić e Ivan Kelava, avrebbe per esempio tentato di imporre al giovane talento Andrej Kramarić una clausola contrattuale per garantire che una percentuale dell’ingaggio del giocatore in caso di cessione all’estero finisca nelle tasche dei Mamić. Kramarić – che si è rifiutato ed è stato conseguentemente ceduto dalla Dinamo al Rijeka – non è l’unico caso di contratto poco limpido: il croato-brasiliano Eduardo alcuni mesi fa ha portato l’agenzia in tribunale, chiedendo l’annullamento del contratto stipulato con Mamić.
Il calcio croato, tra Mamić e simboli ustascia
L’abbandono del Vječni Derbi e i fumogeni di San Siro, insomma, sono parte di una resa dei conti tra i tifosi e l’eminenza grigia della federcalcio croata, in un campionato sempre più impoverito e sempre meno seguito. Ma se da una parte si potrebbe pensare che, in fondo, allora nella storia i buoni siano i Bad Blue Boys e Torcida, ribelli con una causa, val la pena ricordare che a San Siro diversi striscioni recavano la lettera U di Ustascia. I tifosi croati hanno infatti intonato cori come Ajmo Ustaše (“Andiamo, Ustascia”) e il famigerato Za dom – spremni che costò una squalifica di dieci partite e la partecipazione alla Coppa del Mondo a Josip Šimunić.