SLAVIA: Un unico popolo e un'unica lingua, alle origini degli slavi

Da dove vengono gli slavi? Quale fu il loro spazio originario? Sono interrogativi senza risposta. Sappiamo che appartengono al grande ceppo indoeuropeo, e sappiamo che giunsero alle porte d’Europa tra il secondo e il terzo secolo dopo Cristo. Cosa fu di loro prima di allora lo si può a malapena dedurre dai ritrovamenti archeologici che ne mostrano la progressiva “iranizzazione” (non pensate all’odierno Iran, che pure non sarebbe così sbagliato, ma a sarmati, sciti, alani, popolazioni indoeuropee – come gli iraniani di oggi – che occuparono l’area della moderna Persia). Dalle popolazioni iraniche apprenderanno anzitutto la coltivazione della terra e la cremazione dei morti, tratti salienti della cultura slava fino alla conversione al Cristianesimo avvenuta, più o meno, intorno all’anno Mille.

Quando arrivano alle porte d’Europa gli slavi hanno una cultura definita, una propria produzione artigianale e una forte connotazione agricola. Non hanno scrittura (non l’avranno fino al nono secolo dopo Cristo) ma parlano la stessa lingua, lo “slavo comune“. Si stanziano nel bacino del Pripjat, tra i fiume Dnestr e Dnepr, o almeno così si crede. A spingerli in quelle terre, a cavallo tra le moderne Ucraina e Bielorussia, è la spinta di altri popoli che premono verso ovest. E’ infatti quella l’età delle grandi migrazioni.

Lo “slavo comune”

La lingua originaria degli slavi è oggi deducibile grazie alla filologia, esistono infatti molte parole comuni nelle moderne lingue slave grazie a cui è stato possibile stabilire quale fosse il “proto-slavo”, detto anche “slavo comune”, da non confondersi con il “paleoslavo”, di cui parleremo in futuro, che è stata la prima lingua letteraria. Lo “slavo comune” andò differenziandosi via via che le tribù slave si allontanavano tra loro, nello spazio e nel tempo, dopo aver lasciato la “culla” originaria nel bacino del Pripjat. Cosa fu a dividerle? La spinta di altre popolazioni provenienti da oriente, come gli unni e gli avari, frantumarono l’unità slava costringendo le tribù a disperdersi. Queste, nella loro diaspora, arriveranno a occupare uno spazio immenso che va dal Baltico al Mar Nero. L’uniformità linguistica ha retto fino al nono secolo, pur deteriorandosi rapidamente dal sesto secolo in poi. Ne sono nate una dozzina di lingue tra loro collegate da molti dialetti. Oggi, da Mosca a Praga a Skopje, la differenza non è così grande come sembra e sono ancora circa millesettecento le parole comuni.

La differenziazione è stata progressiva, tuttavia è stata più marcata dove la continuità tra genti slave è stata spezzata. Ad esempio gli slavi che, dalla “culla” originaria, si diressero verso ovest, si trovarono a un certo punto separati dagli slavi del sud a causa della presenza germanica e magiara. Le lingue slave si dividono oggi in tre gruppi che raccolgono lingue tra loro simili:

– lingue slave occidentali: polacco, ceco, slovacco, sorabo e casciubo

– lingue slave orientali: russo, bielorusso, ucraino

– lingue slave meridionali: sloveno, macedone, serbocroato e bulgaro (sul serbocroato, che tante questioni ha sollevato dopo la fine delle guerre jugoslave, si legga qui)

Il vocabolario comune

Dal vocabolario comune possiamo comprendere quali fossero le conoscenze tecniche degli slavi e come fosse il loro ambiente originario: descrivevano l’ambiente circostante con termini specifici per l’elemento acquatico (fiume, torrente, lago, mare ma anche palude, fango, acquitrino, ghiaccio). Conoscevano le stagioni, segno che vivevano in una zona temperata, e sapevano definire il tempo. Fanno pare del vocabolario comune il miglio, l’orzo, l’avena, la canapa e il lino, e usavano l’aratro, la vanga, il rastrello, il falcetto e la zappa. Conoscevano l’albero del melo ma non il faggio, cui diedero nome solo dopo essere migrati verso le terre dei germani (lo chiameranno “buk”, dal tedesco “buche”). Il loro mondo spirituale era fatto di divinità legate alla terra, alla guerra, ma anche a virtù morali (come amore, odio, giustizia, vendetta, bene e male, saggezza e castigo) che avevano sviluppato ben prima dell’incontro con il Cristianesimo. Ma è nella definizione delle strutture famigliari che raggiungono livelli tali da superare i germani, segno dell’importanza e della complessità dei rapporti sociali. I termini per descrivere queste realtà restano ancora oggi comuni ai popoli slavi.

La radice indoeuropea

Anche se i nazisti sostenevano il contrario, gli slavi sono indoeuropei (indogermanici o indoariani, come dicevano a Berlino). Questo si riscontra proprio nel vocabolario famigliare: mat, in russo, e mati in ucraino, ceco, serbocroato, bulgaro e sloveno, sono l’equivalente del latino mater e del tedesco mutter. Nel russo e nel bulgaro il termine sestra corrisponde al latino soror, quindi sorella, soeur, sister. Lo stesso vale per il russo brat, che è brother in inglese e frater in latino. La casa è dom in molte lingue slave, come in latino è domus, ed evidente è la comune origine del latino mare e dello slavo more. Interessante, in ambito tecnico, la parola kamen, che in slavo vuol dire pietra ma la cui radice “kam” è da accomunare alla radice germanica “ham“, che in inglese dà “hammer” (martello, che è fatto di pietra) e l’islandese hamarr conserva il significato originario di “roccia”.

Lo spazio slavo originario resta tuttavia difficile da definire e proprio per questo si è spesso prestato ad essere immaginato. E’ anzitutto uno spazio psicologico, un luogo vasto e perduto cui riandare nei momenti di difficoltà, quando l’identità delle nazioni slave è oppressa. Un’identità tuttavia forte, la cui specificità si è mantenuta grazie al relativo isolamento in cui gli slavi si sono trovati tra il 1000 a.C. e il 500 d.C.. Da quel momento in poi inizierà la storia degli slavi per come oggi la conosciamo. Una storia europea che vi racconteremo nelle prossime puntate.

(immagine Wikipedia: le lingue slave oggi)

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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6 commenti

  1. Quando sono arrivati in europa?!? È uno scherzo? Niente occhi a mandorla, pelle bianca, indistinguibili da italiani/francesi/austriaci…che origini dovrebbero avere??

    • secondo il pensiero scientifico tedesco dell’Ottocento e del Novecento, gli slavi non sarebbero indoeuropei. Tale chiave di lettura è stata fatta propria dal nazismo. Malgrado sia stata sconfessata nel secondo dopoguerra, il mito della “alterità slava” sussiste. Il loro arrivo in Europa è databile, come spiegato nel pezzo, ma poco o nulla si conosce della loro storia precedente. Giocando sulla loro origine oscura (nemmeno gli antichi greci ne hanno mai parlato, limitandosi ad accennare l’esistenza di “sciti coltivatori” che forse erano gli antichi slavi) i tedeschi hanno potuto affermare la non-indoeuropeicità degli slavi. Un’analisi comparato della lingua, come è stato esemplificato nell’articolo, dimostra il contrario. Tuttavia il paragone con “italiani, francesi, austriaci” non è calzante, questi sono gruppi nazionali moderni. Più corretto sarebbe parlare di germani (i franchi erano germani) o, nel caso dell’Italia, di latini, sanniti, etruschi, sabini, sicani, etc… ovvero di popolazioni italiche che nulla c’entrano con i moderni italiani. Quello che è interessante degli slavi è che quelli antichi c’entrano ancora molto con quelli moderni.

      m.

  2. Bel pezzo su un popolo che mi ha sempre incuriosito. Prima o poi….

  3. Si puo discutere delle origini. Ma penso che la storia che conosiamo non e quella vera o e cambiata per motivi politici. I proto-slavi non vivevano solo nel bacino del Pripjat, ma anche in Centro europa e anche in Italia.Oggi si parla dei celti ma in verita queste tribu erano protoslave o di cultura simile con la lingua simile. Gli Etrusci, Veneti, Carni, Tavrisci, Iapodi, Liburni… la La Via dell’Ambra era una importante strada economica, prima del Impero Romano e la via anche delle migrazoni. Le migrazini sono state, ma non solo dala Ucraina in Italia ma anche dal Italia alla Ucraina. Il primo raconto usando il nome dei Slavi ha scrito Paolo Diacono:
    che dice nel suo 4. libro:

    7. His diebus Tassilo a Childeperto rege Francorum aput Baioariam rex ordinatus est. Qui mox cum exercitu in Sclavorum provinciam introiens, patrata victoria, ad solum proprium cum maxima praeda remeavit.

    English: (Translated by William Dudley Foulke, LL.D.
    Published 1907 by the University of Pennsylvania):
    Chapter VII.
    In these days Tassilo was ordained king [1] among the Bavarians by Childepert, king of the Franks. And
    he presently entered with his army into the province of the Sclabi (Slavs), and when he had obtained the
    victory, he returned to his own land with very great booty.
    [1] A.D. 595 (Giansevero).

    La battaglia si sugerische che e avenuta vicino a Brennero.

    A base di questo si e formulata la tesi delle emigrazioni slave. databile?? Ma Paolo Diacono dice solo che Tassilo ha fato guerra nella terra dei SKLAVORUM e che hanno preso un grande bottino.

    Prima non si parla di nesuna guerra, e dove finivano le popolazioni, che visero su questo teritorio? Gli Agricoltori? I pastori? Come sopravivesero le tribu che pasavano? Per fare guerra bisognia avere anche da mangiare e la popolazione dei agricoltori era santa e se davano i tributi hai guerrieri i guerrieri li lasciavano stare. Ma il mito della Roma era forte e le popolazioni come i Longobardi e altri volevano andare a Roma. Gli agricoltori rimasero la. Per motivi geografici alcune tribu si romanizo, altre invece prende l tedesco come lingua parlata. DATABILE e solo il arrivo dei Croati, Serbi e Bulgari nel Balkan come guerrieri. Il Danubio era unaltra autostrada a quel perodo. I Sloveni, Croati del dialetto caucavo, Macedoni, Sorbi (Serbi Tedeschi di Braniborsko (Brandenburg), Slovachi, i Slavi del Lagho Balaton (Ungeria) non hanno nessuna datazione, che puo significare che le tribu proto-slave vivevano nel teritorio gia prima del Imero Romano e per via della somiglianca culturale ai etruisci e veneti non erano perchepiti hai Romani come popolazioni estere e per questo non parlavano di loro.

    I Longobardi erano di provenienza Germanica, ma oggi parlano e si identificano come Italiani. i lngobardi non sono scomparsi, e scomparso solo il nome della popolazine.. E importante sapere la storia, Cosi posa la gente capire che l Europa e un “Melting pot” di popolazioni e tribu.

    • in una successiva puntata di Slavia parliamo della presenza slava nell’attuale Germania. A quell’epoca risalgono gli incontri-scontri con le popolazioni germaniche, tra cui i franchi. Le migrazioni slave verso l’attuale Germania è databile, esistono reperti archeologici e linguistici. Ma prima di andar verso l’attuale Germania, gli slavi – a quel che se ne sa oggi – erano stanziati nel bacino del Pripjat. Il testo di Paolo Diacono non smentisce le ricostruzioni degli storici, anzi le avvalora.

      • Il bacino del Pripjat e una zona di paludi. Cosa puoi coltivare nele paludi? Quanta gente puo sopravivere in una zona umida? Come lavoravano la terra nelle paludi? Che animali avevano che vivevano la? Come hano potuto prendere cosi tanto teritorio e sconfigere cosi tante tribu nel suo camino? Domande importanti che la teoria panslovana non regege. E stata formata per via della politica. Paolod Diacono dice le terre di… non dice le terre ocupate, non dice terre di Carni. E Paolo Diacono scriveva quasi 150 anni dopo il acaduto. E il acaduto doveva esere importante per scriverlo. E scriveva per conto del Longobardi. E Via del Ambra era una importante strada. I comercianti dovevano mangiare qualcosa, prendere dei cavali. Tra Trieste e Kaliningrad e oggi 1500 km. (Dico oggi per via delle strade, tunnel…) Se uno camina/transporta a 4 km/ora e camina per 12 ore fa 48 km al giorno. 1500km/ 50km/giorno (arotondiamo 48) = 30 giorni = un messe. Per fare tutto il giro bisognia fare 2 messi di minimo. Anche se si tratase di comerchi locale dovrebe essere una cultura svilupata. Una cultura che vendeva e comprava. E non si comprava quello che e di regione, ma cose che non chi sono. Come le armi. Se le popolazioni comerchianti non erano proto-slavi poi non potrebero i proto-slavi conquistarli. Invece se i comercianti erano proto-slavi dopo non cera il problema di conquistare cosi grandi tereni perche gia erano la e cosi neanche non potevano tutti vivere in paludi.

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