Nel 1997, in Russia, si pubblica un libro intitolato Osnovy Geopolitiki (Fondamenti di Geopolitica) in cui, oltre a recensire le principali teorie in materia degli ultimi due secoli, l’autore illustra le sue idee sul futuro geopolitico della Russia post-sovietica. Il manuale porta la firma di Aleksandr Dugin, all’epoca un esponente di spicco della destra radicale. Attinge a pensatori come Schmitt e Haushofer e alla lunga tradizione del pensiero eurasiatista russo e il risultato è una sorta di neo-imperialismo marcatamente anti-occidentale, che riconosce alla Russia un ruolo messianico nella costruzione di un blocco continentale eurasiatico. “Da Lisbona a Vladivostok”, l’Unione Eurasiatica permetterà, secondo Dugin, di sancire la fine del monopolio ideologico e militare del binomio Stati Uniti-NATO e, di conseguenza, l’avvento di un mondo multipolare.
Il nome di Aleksandr Dugin gode oggi di una particolare considerazione, soprattutto dopo lo scoppio della crisi di Crimea e i successivi sviluppi, più recenti, nel Donbass. I media occidentali hanno incominciato a interessarsi alla figura e al pensiero del padre del neo-eurasiatismo, da molti considerato l’eminenza grigia della politica estera di Vladimir Putin. Il giudizio sembra unanime: Dugin è un nazifascista, un guerrafondaio, è il “Rasputin di Putin”, come titola un articolo de Le Nouvel Observateur. Tutto ciò è vero, o potrebbe esserlo, ma è un’approssimazione che non rende giustizia a una figura ben più complessa.
L’immagine di Dugin come l’equivalente contemporaneo del consigliere dei Romanov è certamente affascinante e ciò, in larga misura, deriva dalla peculiarità delle sue idee. In fondo, come egli stesso affermò in occasione dell’assemblea costituente del Movimento Eurasia (successivamente divenuto un partito politico e un’ONG):
Il nostro obiettivo non è raggiungere il potere e nemmeno lottare per il potere, ma lottare per influenzarlo.
È riuscito nel suo intento? Il neo-eurasiatismo, con la sua retorica antiliberalista e antioccidentale, può davvero affermarsi come la nuova ideologia nazionale russa? È difficile immaginare che il presidente della Federazione Russa sia un proselito della dottrina formulata da Dugin. È più probabile, invece, che le sue idee siano semplicemente funzionali – per dei fattori contingenti – al regime di Vladimir Putin.
Diversi elementi, in effetti, potrebbero spingere a pensare all’esistenza di una relazione diretta tra l’ideologo del movimento eurasiatista e Putin. Già nel 1997, l’Ucraina rappresenta – agli occhi di Dugin – un problema cruciale per il futuro geopolitico della Russia. Ne parla così:
Uno stato ucraino non ha alcun significato geopolitico. Non ha alcuna rilevanza culturale, specificità etnica o peculiarità geografica.
L’esistenza dell’Ucraina sarebbe spiegabile, dice, solo come parte di un cordon sanitaire, strumento storicamente in mano all’Occidente per impedire la nascita di un’alleanza eurasiatica, e dunque inaccettabile. Vale la pena ricordare che, sin dall’inizio della crisi nel Donbass, Dugin ha pubblicamente appoggiato le forze filorusse guidate – almeno sino ad agosto – dal colonnello russo Igor Strelkov. Nel corso degli ultimi anni, inoltre, Dugin è stato vicino a diversi esponenti del partito di Putin, Russia Unita, come Ivan Demidov (nel 2008 a capo della sezione ideologica del partito), o il presidente della Duma di Stato Sergey Naryshkin, di cui è consigliere. Ha anche ricoperto alcuni incarichi di prestigio, come quello di direttore del dipartimento di Sociologia dell’Università Statale di Mosca, salvo abbandonarlo, non senza polemiche, di recente.
Le coincidenze non mancano, ma ciò che emerge da questi elementi è che Dugin, oggi, sia un personaggio che gode della stima e dell’ascolto di una cerchia di politici vicini al presidente russo. Questo, però, non equivale a riconoscergli il ruolo di nuovo ideologo del Cremlino. In primo luogo, Putin ha sempre enfatizzato il suo approccio pragmatista – scevro da qualsiasi ideologia – alla politica estera. Il modo in cui ha gestito la crisi di Crimea gli ha permesso, come dimostrano i sondaggi, di aumentare il consenso dell’opinione pubblica all’operato del governo. Concetti come l’antioccidentalismo e l’ostilità alla democrazia liberale, inoltre, non sono esclusivi della retorica di Dugin. Come nota Anton Shekhovtsov, autore di diversi articoli sull’argomento, certi elementi ideologici esistono in Russia da oltre un secolo.
Dugin, dunque, apparterrebbe a quella schiera d’intellettuali d’estrema destra che Putin foraggia per legittimare il proprio regime. Ciò non significa ridurre la figura di Dugin a semplice comparsa sullo scenario politico della Russia contemporanea. Lo abbiamo visto: si tratta di una personalità di spicco, pericolosamente vicina alle alte cerchie politico-militari del paese. Sottovalutare l’influenza esercitata dalle frange più radicali del nazionalismo russo sarebbe un errore. Ma sarebbe un errore, d’altro canto, ingigantirla.
18 ottobre – I servizi segreti russi immettono i loro agenti nei ranghi della Guardia Nazionale dell’Ucraina, – ha detto il leader dell’associazione nazionalista “Russkie” Dmitrii Diomushkin (Russia). L’obiettivo di questa operazione speciale è quello di provocare rivolte dei soldati contro il governo. Secondo le parole di Diomushkin, a lui “sono stati proposti diversi progetti in Ucraina, ai quali non potevamo dare una risposta affermativa – si trattava di formare battaglioni e di inviarli in Ucraina”.
18 ottobre – Nel corso della scorsa giornata, nella zona dei combattimenti nel Donbas sono morti due soldati ucraini; altri tre sono feriti, – ha detto il vice portavoce del Consiglio di Sicurezza e di Difesa Nazionale Volodymyr Poliovyi. Durante il giorno le azioni principali dei militanti sono localizzate intorno a Donets’k e nei pressi di Debaltseve.
18 ottobre – Il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina ha fermato un gruppo sovversivo di terroristi russi che stava pianificando una serie di attentati contro obiettivi strategici ed edifici amministrativi della regione di Zaporizhzhia, – comunica il centro stampa del Servizio di Sicurezza dell’Ucraina. Il gruppo riceveva compiti ed istruzioni dettagliate dai leader terroristi della DNR (Repubblica Popolare di Donets’k).
18 ottobre – Secondo le stime del governo, per ricostruire le infrastrutture e per garantire o bisogni primari degli abitanti del Donbas c’è bisogno di almeno 11 miliardi di hrivne (circa 1 miliardo di USD), – ha detto il vice Primo Ministro dell’Ucraina Volodymyr Groisman.
18 ottobre – I gruppi armati terroristici incontrollati continuano a sparare contro le posizioni delle forze dell’ATO nelle zone di Debaltseve, Nekishene, di Mohyla Hostra, – comunica il centro stampa dell’ATO. Nella zona di Smile i combattimenti sono durati per alcune ore. I militanti hanno cercato di prendere d’assalto le posizioni delle truppe ucraine, ma il fuoco di risposta ha frenato questi tentativi.
Quando nel 1938 la Gran Bretagna e la Francia hanno ceduto la Cecoslovacchia a Hitler, hanno trovato la guerra, non la pace. Quando nel 1941 gli Stati Uniti credevano che la guerra fosse lontano, da qualche parte in Europa, Pearl Harbor ha ricordato loro che la guerra era in casa loro. Quando nel 2008 l’Europa e l’America non hanno sostenuto la Georgia, la guerra si è avvicinata più di prima a Parigi e Berlino – in Ucraina. Nel 2014 l’Europa e l’America non osano sostenere l’Ucraina e la guerra sta coinvolgendo le loro famiglie – olandesi, inglesi, belga, tedesche, australiane. Non si può fuggire da una guerra, da un’aggressione sfrenata; questa avanzerà ancora se non ci si oppone con la massima determinazione.
19 ottobre – La catastrofe dell’aereo malese Boeing-777 del volo MH17 è stata causata in ucraina orientale dai separatisti filorussi. Questa è la conclusione a cui, secondo Der Spiegel, sono giunti i servizi segreti tedeschi. Il presidente del Servizio federale di Intelligence della Germania Gerhard Schindler lo ha riferito ai membri dell’organizzazione di controllo parlamentare del Bundestag della Germania già l’8 ottobre, presentando prove concrete. Tuttavia, per i russi quelle non sono prove.
19 ottobre – Nel corso della notte i reparti delle Forze Armate dell’Ucraina che effettuano operazioni di combattimento nella zona dell’ATO hanno effettuato dei raid nella zona del punto di controllo N32 (Smile, regione di Luhans’k), a seguito dei quali è stato distrutto un carro armato e un certo numero di terroristi. Il carro armato, naturalmente, è stato acquistato dai terroristi in un supermercato russo.
19 ottobre – Secondo le parole del portavoce del Consiglio di Sicurezza e di Difesa Nazionale Andrii Lysenko, nella zona di Mykolaivka, Novobahmutivka, Tonen’ke della regione di Donets’k le posizioni ucraine sono state bombardate dai militanti russi dai loro sistemi “Grad”. Inoltre, i terroristi hanno colpito Avdiivka dai mortai.
19 ottobre – Il film ucraino “Plèm’ya” di Myroslav Slaboshpytskyi per la prima volta nella storia dell’Ucraina ha vinto il premio “Sutherland Trophy” del BFI London Film Festival come film più originale e come più forte debutto della regia First Feature Competition.
19 ottobre il Der Spiegel…….
Vero ho letto anche io la notizia del Der Spiegel sul volo della Malaysia A. ma ho trovato anche queste notizie la prima citata da U.P. quindi sicuramente vera ….
“Il procuratore generale ucraino, Vitaly Yarema, in un’intervista con il giornale on-line Ukraïns’ka pravda, ha affermato che i militari ucraini avrebbero informato il governo che le milizie delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk non avrebbero missili Buk o S-300 a propria disposizione e che tali missili non sarebbero mai stati catturati all’esercito ucraino.
Ed inoltre ….dal News Straits Times
“Il 6 agosto 2014, il News Straits Times, il primo giornale in lingua inglese della Malesia e il più importante del sud-est asiatico pubblica in prima pagina il titolo “Was MH17 finished off with a guns kill?” (“L’MH17 fu finito a colpi di cannone?”) relativo a un articolo pubblicato nelle pagine interne in cui sostiene che, secondo fonti militari locali, l’attenzione degli investigatori è rivolta all’emergente teoria secondo la quale l’MH17 sarebbe stato abbattuto da un aereo da combattimento che lo avrebbe dapprima danneggiato con un missile aria-aria e poi finito col fuoco delle armi automatiche di bordo. Le fonti militari citate si riferiscono in particolare alle fotografie dei fori presenti sulla fusoliera dell’aereo e che mostrano due distinte forme: lacerazioni irregolari compatibili con i danni provocati dalla testa di un missile riempita di flechettes; perforazioni pressoché circolari, uniformi e regolari compatibili invece con i fori provocati da proiettili di cannoncino.Riferendosi all’ipotesi sostenuta dal Ministro della Difesa russo, riguardo al possibile coinvolgimento di un Su-25 ucraino, le stesse fonti militari citate dal quotidiano malese sostengono che, se anche il Su-25 stesse volando alla quota di tangenza pratica di 7 620 m, e quindi circa 2 400 m più in basso del Boeing malese, avrebbe potuto comunque colpire l’aereo di linea, poiché i missili aria-aria Vympel R-60 a guida termica con cui è equipaggiato hanno una portata effettiva di circa 8 000 metri, quindi ben oltre la distanza fra i due aerei. Il Su-25 avrebbe dovuto operare al limite delle proprie capacità, ma la cosa è sicuramente possibile, anche perché la traccia termica dei due motori Rolls-Royce Trent, che equipaggiavano il Boeing 777, è circa 4 o 5 volte quella del motore di un jet da combattimento.[63] Lo stesso argomento è ripreso il giorno successivo anche dalla versione online dello stesso giornale in un articolo intitolato “US analysts conclude MH17 downed by aircraft” (“Gli esperti statunitensi concludono che l’MH17 è stato abbattuto da un aereo”). Secondo il giornale malese, gli analisti USA sarebbero già arrivati alla conclusione che l’aereo malese fu abbattuto da un missile aria-aria e che il governo ucraino “ha a che fare con la faccenda”; ciò rafforzerebbe la versione dei fatti appresa dalle fonti militari anonime malesi. Il giornale porta a supporto di questa versione sull’abbattimento un articolo di Robert Parry, famoso giornalista investigativo statunitense, che avrebbe appreso da fonti anonime dell’intelligence USA che “i ribelli e la Russia non possono verosimilmente essere incolpati, e che la colpa sia invece da attribuire a forze del governo ucraino”. L’articolo cita anche l’intervista resa alla TV canadese CBC da Michael Bociurkiw, uno dei primi osservatori dell’OSCE ad arrivare sulla scena del disastro, secondo il quale «C’erano due o tre pezzi di fusoliera che erano letteralmente crivellati con ciò che sembrava essere stato il fuoco di una mitragliatrice; una mitragliatrice molto, molto grossa»Anche secondo Peter Haisenko(ucraino), pilota della Lufthansa in pensione, le foto dei rottami, in particolare quelle relative alla cabina di pilotaggio, mostrano fori attribuibili a proiettili di cannone da 30 mm. Siccome gli stessi fori sono su ambo i lati della struttura e sulle stesse lamiere sia in entrata che in uscita, secondo Haisenko ciò è incompatibile con i fori provocati dai frammenti proiettati dall’esplosione della testa di un missile terra-aria.”
E proprio a settembre gli avvocati delle vittime tedesche hanno accusato il governo ucraino per non aver chiuso lo spazie aereo e ritenuto quindi responsabile è chiesto i danni allo stesso stato.
Quindi ritengo che siamo ancora lontani dalla verità , viste le continue smentite e contro smentite.
Senza alcun spirito polemico, ma mi sembra che si sopravvaluti parecchio lo spessore culturale di questo chiacchieratissimo personaggio, (come sottolinea anche il vostro riferimento, molti avrebbero da ridire sul suo “abbandono”…).
Il profeta della nuova ideologia nazionale russa e del ruolo messianico nella costruzione di un blocco continentale eurasiatico “Da Lisbona a Vladivostok”, non solo non è un novello de Maistre in salsa moscovita, ma ha poco a che vedere con gli emigrati bianchi Nikolaj Trubeckoj, Pëtr Savickij, Georgij Vernadskij e Georgij Florovskij e le loro riflessioni dall’esilio negli anni venti del secolo scorso. Forse Dugin ( visto la sua fotografia più diffusa) ama più imbracciare il lanciamissili che la penna.
Che Putin, sicuramente più a suo agio con i manuali del KGB che con gli scritti di un Lev Gumilëv, abbia letto quello zibaldone dello Osnovy Geopolitiki, dubito parecchio e ancora di più che ci faccia qualcosa.
Per trovare dei precedenti significativi alla praxi politica di Putin, non scomoderei fantomatiche ricadute “pratico-politiche” di sedicenti (o autoproclamati) eminenze grigie quanto il buon vecchio Stalin degli anni dal 1938 al secondo dopoguerra.
Dopo la liquidazione di ogni possibile voce “dissonante” interna tramite le purghe degli anni venti, nell’affrontare la minaccia hitleriana Stalin “arruolò” chiunque e qualsia ideologia, dal Patriarcato di Mosca al nazionalismo russo più smaccato, dal tradizionalismo più melenso all’esaltazione dell’homo novus sovieticus, dalla difesa del paese del socialismo al richiamo agli intellettuali in difesa della democrazia, insomma un pot purri discutibile ideologicamente, ma pragmaticamente vincente.
Una volta ogni tanto diamo merito al compagno Stalin e lasciamo tranquillamente nel suo (polveroso) angolino l’intellettuale di risulta.
Ciao Gian Angelo, scusami per il ritardo.
Sono perfettamente d’accordo con ciò che hai scritto e, in fin dei conti, il messaggio dell’articolo è esattamente questo: è difficile, molto difficile che Putin stia seguendo le idee di Dugin. Pensi ci siano dei passaggi che ne ingigantiscono l’effettivo peso intellettuale?
Emmanuele
Tutti siamo d’accordo che il pragmatista Putin non ricerchi ne abbia bisogno di alcun paludamento ideologico. Anzi la sola idea di un Putin che legga il libercolo di Dugin prima che inverosimile, mi sembrerebbe bizzarra.
Quello che mi infastidisce è il dare credito al tentativo di Dugin di appropriarsi delle idee e dei temi cari a un Trubeckoj, a un Savickij e a un Vernadskij. Uno che si balocca con i lanciamissili cosa può avere in comune con Florovskij o Gumilëv? Siamo seri, non si può confondere la teoria dello Stato hegeliana con il Mein Kampf! In verità non si dovrebbe nemmeno confondere Pietro il Grande con un colonello del KGB (o quel che diavolo era Putin) : già un grande ed educato popolo confuse un caporale austriaco con Bismark, con risultati disastrosi.
Lo capisco, sì, ma a dargli credito sono altri. Noi, qui, ci limitiamo a riportarlo e, per quanto possibile, andare un po’ più in profondità. Mi hai dato un’idea, però: scrivere un pezzo su Gumilev.
Ottima scelta! Certo che Gumilëv risulta un personaggio spinosissimo e l’odio/amore dei neo eurasisti, Dugin in testa, lo rende ancora più scomodo. Inoltre il suo pensiero è quello cronologicamente più vicino a noi, e quindi gli esiti dello stesso sulla riflessione contemporanea sono i più facilmente “adattabili”.
Aspetto con interesse.